Con “Cristo si è fermato a Parioli” e “50 sfumature di burino”, uno dei più grandi successi editoriali romani.
Dopo varie segnalazioni la nostra rubrica letteraria è lieta di recensire uno dei libri più discussi e controversi della scorsa stagione. Dai sondaggi risulterebbe che ve ne sia una copia in ogni casa romana e di gran parte del Lazio (mentre inspiegabilmente nel resto d’Italia il successo è stato pressoché nullo).
“Pagine Bianche Roma 2012-2013” è un libro coraggioso, corale, forse un po’ compiaciuto nella sua attenzione ai dettagli. Rispetto all’edizione 2010-2011 vi è un netto miglioramento: abbandonando i due (seppur maestosi) ingombranti volumi della tiratura precedente, la scelta di stampare un solo volume è certamente segno dell’ampia revisione attuata dagli autori (e probabilmente dall’editore). In linea con i tempi, si cerca una confezione più sobria, legata comunque alla classicità moderna che ha sempre contraddistinto il look della saga.
Questa volta sono state più vive del solito le polemiche da parte dei “puristi”, delusi dal mancato ripristino della dicitura “Elenco telefonico” (utilizzata sino al 2003).
Come per Ulysses di Joyce o Canti Orfici di Campana, il layout delle pagine è basilare: sembra che tutti i difetti che i critici hanno sbandierato per anni (la scarsa qualità della carta, i colori sbiaditi, i caratteri microscopici…) siano diventati quasi un segno distintivo. Come nel caso dei rumori nella Musica noise o del fuori sincrono nel Cinema sperimentale, qui vediamo estendersi il concetto di Letteratura.
C’è chi accusa gli autori di aver compilato una “lista della spesa”, chi invece riduce tutto all’ennesima (e ormai inattuale) provocazionenaïf.
Daniel Pennac al contrario (sperando di vederlo presto tradotto in francese) scrive su Liberation: «il solo associare un numero a un nome comporta una lettura superficiale e fuorviante del testo. Sia il numero che il nome sono significanti di un qualcosa che prescinde l’utilità sociale […] Il numero di telefono assume ogni edizione un significato sempre più inquietante: è come un numero di matricola che cataloga milioni di individui non più parte di una popolazione… ma di un inventario! Non si può concludere la lettura senza chiederci: “e il referente?”»
Notiamo che l’ultima edizione concede ampio spazio a zone come Battistini, Batteria Nomentana, Laurentina, scavalcando quartieri storici come Testaccio o Garbatella (l’ampliamento della metro B c’entra qualcosa?)
Il giudizio complessivo è piuttosto positivo, ma non possiamo ignorare la pretestuosità di certe trovate (es.: al posto del numero del Ristorante **** – non vi spoileriamo il nome! – è scritto vedi l’inserzione, anticipando ingenuamente il quadro successivo).
È pur vero che l’abilità di gestire tanti personaggi suscita la nostra ammirazione, ma il lettore finisce per non affezionarsi a nessuno di questi.
Per confermare (o meno) gli entusiasmi attendiamo il “2014-2015”.
Francesco Andreini