Ieri, Re Salman, dell’Arabia Saudita ha sollevato il “ban” che vedeva l’Arabia Saudita come unico paese al mondo a proibire alle donne di poter conseguire la patente di guida. Non vi è alcun bisogno di dire quanto questa notizia abbia sollevato l’umore internazionale. Infatti, dopo notizie sempre meno incoraggianti che vedono la Corea del Nord come antagonista mondiale della democrazia, questa riforma si presenta non solo come un grande passo verso la parità dei generi anche nei paesi islamici, ma soprattutto come un incoraggiante passo verso la democratizzazione di quei paesi che fino a pochi anni fa sentivamo come culturalmente opposti, specialmente per il loro livello di disparità di genere. Nel caso specifico, l’Arabia Saudita ha iniziato soltanto 10 anni fa ad apportare delle riforme che precedentemente erano state ritenute impensabili, e la possibilità di avere la patente di guida è solo l’ultima di una lunga serie. Questo è ciò che oggi ci dicono i giornali, dalla BBC alla CNN, al New York Times; si parla di “positive step towards promoting women’s rights”, “great step in the right direction” e “right culmination after years of activism”, ma come ogni notizia, anche questa è “double-sided” e a noi viene data a vedere solo la sua parte migliore, la più rassicurante, nonché quella che meglio promuove l’immagine di questo paese che era rimasto l’ultimo al mondo a non permettere alle donne di guidare un mezzo autonomamente. Ma le testate giornalistiche, forse sottovalutando le parole di chi parla, forse coscienziosamente tentando di celare la verità più scoraggiante, riportano tra le righe una citazione proveniente direttamente dal testo redatto dal Re, che riferendosi alla nuova legge, sottolinea come essa dovrà “essere applicata aderendo agli standard specifici della Shariah”. Nessuno ci spiega cosa esattamente questa frase voglia significare, e anche ricercando più specificamente su internet, non viene reso chiaro come la Shariah possa limitare la nuova legge. Quindi, per valutare quali potrebbero essere le effettive conseguenze di questa improvvisa riforma che rappresenta un effettivo passo verso la parità di genere, ho deciso di analizzare l’impatto che le riforme precedenti, sempre di stampo democratico, hanno avuto sulla popolazione femminile nel corso degli anni. Un esempio piuttosto lampante viene dal diritto di voto concesso alle donne tramite decreto nel 2011 e venuto a compiersi con la prima effettiva consultazione a suffragio universale nel 2015. Secondo il decreto promulgato dal Re Abdullah bin-Abdelaziz, le donne non solo avrebbero potuto votare, ma anche essere elette nei Consigli Comunali. La verità dei fatti è però ben diversa da ciò che pensavamo quando abbiamo esultato alla notizia dell’estensione del diritto di voto e di elezione. Infatti, come ogni legge, anche questa ha dovuto “essere applicata aderendo agli standard specifici della Shariah”, il che vuol dire che non è stato possibile usare le foto delle donne per la campagna elettorale, che alle candidate è stato impedito di parlare ad un pubblico misto, che una separazione totale dei sessi è stata imposta durante la campagna elettorale e soprattutto, che molto donne hanno dovuto affrontare molteplici ostacoli connessi al “male guardianship system” quando sono andate a votare. Infatti, per poter votare bisogna avere la cittadinanza e una residenza, ed entrambi i requisiti sono contenuti in documenti che una donna non ha diritto di custodire per se stessa. Le case, come anche gli oggetti mobili e immobili non vengono intestate alle donne, e tutto ciò che le riguarda viene amministrato dall’uomo che ne detiene la custodia. Questo implica che se anche la donna volesse votare, dovrebbe richiedere i propri documenti al marito, al padre o al fratello, che spesso, avendone pieno diritto, deciderà di negarle di poterli portare con se in sede di votazione. Chi ha avuto il coraggio di esprimersi liberamente riguardo alle reali conseguenze di queste “riforme”, ha espresso sconforto nel riconoscere che il “male guardianship system” rimane una componente fondamentale nel sistema Saudita, e che questo spesso comporta l’annullamento delle riforme stesse, in quanto queste non possano essere applicate totalmente in conformità con le leggi della Shariah. Per accorgerci delle reali conseguenze di tali leggi in paesi cosi distanti culturalmente, bisogna “saper leggere tra le righe”, e verificare con un occhio esperto, il cambiamento, a distanza di anni, nelle vite delle persone che avrebbero dovuto accusarlo positivamente. Come già riportato, questi cambiamenti che vengono spacciati come radicali, stanno avvenendo in realtà in maniera molto lenta, rallentati particolarmente dagli estremisti e coloro che alla volta del secondo decennio del ventunesimo secolo, non vogliono dare spazio ad innovazione e progresso, preferendo arretratezza culturale e disparità dei sessi.
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