58 è il numero attuale dei giorni “decisivi” per formare un nuovo governo in Spagna. 14, quelli che avuto finora a disposizione il leader del partito socialista Pedro Sànchez, per volere del re Felipe VI, per essere il nuovo Primo Ministro. I negoziati vanno avanti ogni giorno, ma ogni notte le soluzioni per i problemi da risolvere sembrano sempre più lontane al tramonto di un’altra giornata vana. L’esito delle ultime elezioni si sa, è stato diabolico sotto molti punti di vista, in primis numericamente per impedire l’agevole costituzione di una maggioranza solida in un momento delicato del Paese. In secundis, perché non appare ancora chiaro chi abbia vinto alle urne in uno Stato dominato storicamente da un estinto bipartitismo. Mariano Rajoy ha rifiutato per ben due volte l’investitura del re e preferisce aspettare, a maggior ragione ora che il Partido Popular è investito da una nuova serie di scandali legati ai finanziamenti illeciti, soprattutto ora dove a Madrid le dimissioni di Esperanza Aguirre hanno portato all’elezione di Cristina Cifuentes. La neo-eletta si è subito lanciata in una campagna di sensibilizzazione per tutelare l’immagine del partito, ma con il suo annuncio di primarie per la scelta di nuovi giovani leader per i populares, si apre ora un varco che porta irrimediabilmente la vecchia classe dirigente alla rottamazione, se si vuole arginare l’inevitabile emorragia di voti che la cronaca rischia di portare. La partita però, come è prevedibile, si gioca a sinistra e a poco servono le esultanze per gli scandali dai quali è sommerso il PP, quanto la Galizia e la Cantabria per la neve e il maltempo in questi giorni. A dispetto di ogni nuovo caso di corruzione, si veda per esempio il processo senza fine che vede coinvolta la sorella del re, Doña Cristina de Borbòn, meglio conosciuta come “la Infanta” e moglie del accusato e indagato Iñaki Urdangarin sulle questioni fiscali, è la nuova classe dirigente a dover dettare il passo, quella dei coetanei Pedro Sànchez e Pablo Iglesias. Questi ultimi purtroppo stanno alimentando molte voci su un possibile loro rapporto negativo, elemento che spiegherebbe tante difficoltà nella ricerca di un accordo efficace nella formazione di un nuovo governo. Se infatti Sànchez, dopo le prime titubanze da parte dei presidenti socialisti delle regioni autonome, è ora l’indiscusso leader del PSOE, tanto che a tutt’oggi sarebbe l’unico candidato alle primarie del partito, dall’altra parte il suo dinamismo non trova un patto con quello che sarebbe numericamente il più solido alleato, ovvero il partito emergente Podemos. Iglesias sta facendo di tutto per complicargli le cose, chiedendo con forza un referendum per la Catalogna, proposta che i socialisti non possono accettare, e presentando documenti per riforme economiche che i ministri dell’attuale governo a matrice PP giudicano fantasiose e causa potenziale di nuove crisi, con l’innalzamento delle imposte e un nuovo indebitamento pubblico. Di fronte a questo Sànchez non cede un millimetro e la sua resistenza è perfino ben vista e lo tutela dal fuoco amico socialista. In tal maniera è facile capire che l’accordo non possa essere trovato. A destra invece, mentre Ciudadanos prova a mettere fretta e pressione, il PP rimane in silenzio schiacciato dai suoi problemi. Nel continuo chiacchiericcio e attraverso il botta e risposta dei diversi partiti, si distingue con veemenza Adriana Lastra, braccio destro di Sànchez all’interno del Congresso, appena prima che scadano i quattro giorni rimasti per trovare un accordo di governo a sinistra. “La linea rossa che stiamo perseguendo è l’unica via per un governo onesto. I fatti di Madrid che travolgono il PP parlano da soli e se la Aguirre rappresentava la corruzione della Capitale, Rajoy rappresenta ancora oggi quella di tutta la Spagna. Inutile aggiungere che Iglesias veda ancora la politica come un film, nel quale non riesce ancora a comprendere il disperato bisogno del Paese di avere un nuovo governo.” Dalla parte di Podemos il deputato Erregòn difende i suoi dicendo che basterebbe una nuova riunione tra i leader Sànchez e Igleasias per dirimere la questione, ma il primo si è già espresso sulla non necessità di un ulteriore incontro dopo quella che sembra essere stata un’algida cena fra i due. Quattro giorni alla fine del tempo stabilito dal re e dalla Costituzione per un governo di sinistra con a capo Pedro Sànchez. Come già detto precedentemente, gli scandali, la cronaca e le incertezze sono propense a portare una soluzione neutrale, quella di nuove elezioni che potrebbero pure non essere una soluzione, bensì l’origine di nuovi problemi per un Paese ancora provato dalla crisi e nel quale, succubi dell’incertezza politica, anche le borse e gli investimenti finanziari cominciano a traballare con nuovi e ripetuti indici negativi.
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