“Con gli obiettivi ormai quasi raggiunti, ho ordinato al Ministro della Difesa di avviare il ritiro delle nostre forze in Siria, già a partire da domani”. Con queste parole il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato, durante un discorso televisivo alla nazione, l’ormai prossima conclusione della missione in Siria. Impegnate dall’Ottobre del 2015 a supportare le forze siriane fedeli al presidente Bashar al Assad , le truppe russe inizieranno da oggi un parziale ritiro dalla regione dopo quasi sei mesi durante i quali hanno contribuito a ridare forza alle truppe governative messe alle strette dalle varie fazioni ribelli e terroristiche in questo momento impegnate nel conflitto siriano. Dal 30 Settembre 2015, data del primo attacco aereo, le forze russe hanno impiegato nella loro campagna aerea circa un centinaio di velivoli delle varie specialità, supportati da circa 4mila uomini e diverse unità navali facenti parte della neonata squadra del Mediterraneo e un complesso apparato di difesa aerea e navale schierato a protezione delle basi operative. La campagna aerea ha contribuito a dare slancio all’offensiva delle truppe governative la quali hanno recuperato gran parte del terreno perduto dall’inizio del conflitto ponendo sotto assedio numerosi piazzeforti ribelli fino all’entrata in vigore del “cessate il fuoco” mediato durante i colloqui di Ginevra. Il tributo fin qui versato dalle truppe russe conta la morte di 5 membri della missione e la perdita di un elicottero e di un caccia-bombardiere Sukhoi-24, quest’ultimo abbattuto, in seguito ad una violazione dello spazio aereo turco, dall’aviazione di Ankara. Lo stesso presidente russo Vladimir Putin ha affermato che, sebbene la missione sia conclusa, le truppe russe manterranno una certa presenza nella regione al fine di vigilare sul rispetto della tregua operando con missioni aeree di “routine”. Il Cremlino ha specificato che la Russia continuerà a mantenere operative la base aerea di Hemeimeem, nella provincia di Latakia, e quella navale nel porto di Tartous. Non si tratterà quindi di un ritiro completo ma di una significativa riduzione della presenza russa nell’area con l’intento di favorire i colloqui in corso a Ginevra sperando che questi portino ad effetti concreti nel minor tempo possibile. “Per quanto ne so l’unico piano B è la guerra ad oltranza” questo il commento dell’inviato speciale dell’ONU, Staffan de Mistura “È necessario un cambiamento politico e nuove elezioni. Il vero problema è la diversa interpretazione della transazione politica” Informato telefonicamente dallo stesso premier russo, il presidente Bashar al Assad, si è detto pronto a ricercare una soluzione politica del conflitto annunciando che le elezioni parlamentari si terranno, come previsto dal calendario, il mese prossimo all’interno delle aree attualmente sotto il controllo governativo escludendo ancora una volta sia le ambasciate che i campi profughi. Le richieste delle fazioni di opposizione più moderate sono incentrate sulla necessità di una transazione politica tramite elezioni presidenziali da tenersi entro 18 mesi. A questa richiesta le parti fedeli ad Assad hanno replicato dichiarando di non poter “immaginare un futuro senza il Presidente”. Mediare tra le due parti non sarà facile ma i primi segnali da Ginevra sono risultati positivi e costruttivi. Fino ad ora le due parti non hanno ancora avuto un incontro diretto ma i mediatori dell’Onu si sono detti ottimisti riguardo alla possibilità di trovare una soluzione politica di compromesso.
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