È molto difficile per me trovare le parole per descrivere il mio stato d’animo, dopo ciò che è accaduto la scorsa notte a Parigi. Ogni volta che tento, mi sembra di esprimere concetti vuoti e privi di significato, che sembrano voler dire tutto e nulla allo stesso tempo: paura, rabbia, compassione… In compenso sembra esserci chi qualcosa da dire lo ha trovato e così si è avventurato in improbabili analisi politiche e socioculturali, postando un impressionante numero di citazioni della Fallaci e twittando frasi cariche d’odio nei confronti dell’Islam, che sembra apparire alla mente di qualcuno come un mostro mitologico metà divinità e metà tritolo, piuttosto che una religione. Ci sono giornalisti, della cui professionalità ed onestà intellettuale a volte è lecito dubitare, che hanno sparato a zero su un intero popolo di fedeli – circa un miliardo e mezzo di persone, tanto per dire – su quotidiani a tiratura nazionale. C’è chi (molti “chi”) ha sentito forte dentro di sé il bisogno di avvertirci del fatto che se davvero vogliamo proteggere l’Occidente, dobbiamo capire che non è possibile convivere con persone che vogliono imporre il velo alle nostre donne, togliere il crocifisso dalle aule delle nostre scuole, costringerci con la forza delle armi e della paura ad abbandonare la nostra tradizione. Ah, dimenticavo: «Dovremmo anche affondargli i barconi». Questi “chi” possono provare quanto vogliono a convincermi che «islam brutto», «barconi molto brutti» o, per essere meno aggressivi (dai!), che l’integrazione fra la nostra cultura e quella islamica è un miraggio. Che ci provino pure, ma me è stato sempre detto di non fare “di tutta l’erba un fascio” e non credo di essere un “buonista” se continuo a non vedere analogie tra islamismo e terrorismo. Me lo dimostrano le donne e gli uomini di religione islamica che hanno espresso il proprio dissenso contro l’abuso da parte dell’ISIS (più correttamente, dell’autoproclamato Califfato dello Stato Islamico) degli insegnamenti della loro religione, per seminare odio e terrore in Europa come in Medioriente. Lo dimostrano i comunicati stampa delle comunità islamiche italiane, il cui contenuto può ben essere riassunto prendendo in prestito le parole del presidente dell’Ucoii, Unione delle comunità islamiche d’Italia, Izzedin Elzir: «Vogliamo dimostrare la nostra solidarietà e l’abbraccio a tutto il popolo francese. Questi attentati terroristici non sono attacchi contro i francesi ma contro tutta l’umanità. È un momento di rabbia, dolore e condanna totale, senza se e senza ma». Lo dimostrano gli arresti del 12 novembre scorso a Merano (BZ), per i quali la collaborazione di immigrati musulmani con intelligence e forze di polizia è risultata fondamentale. Lo dimostra, per tornare ai social, la campagna #NotInMyName. I musulmani in Medioriente sono le prime vittime della follia omicida degli affiliati all’ISIS e sono le prime vittime della discriminazione in Europa attualmente. Dobbiamo aver rispetto per loro, per le loro vite e per i loro morti quanto per i nostri. La data del 13 novembre 2015, come quella del 7 gennaio 2015, non potremo mai dimenticarla, non dobbiamo dimenticarla: solo così riusciremo a non fare il gioco di chi vuole che viviamo nella paura, di chi vuole ridurci “ad uno”. Asteniamoci dall’avere pregiudizi immotivati e ricordiamo che è stato l’uomo a fare del male, non un Credo. E, soprattutto, restiamo umani.
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