Not in our name

Venerdì scorso si è tenuto l'incontro "No al terrorismo! L'islam è religione di pace" al Centro islamico culturale di Roma

moschea

Il giorno 17 ottobre si è tenuto presso il Centro islamico culturale d’Italia un incontro tra culture che oltrepassa l’ufficialità, in nome di una scelta di cooperare e interloquire nel rispetto delle istituzioni italiane contro il fenomeno dilagante del terrorismo.

Venerdì si è conosciuta “l’altra faccia” di una medaglia che, se lanciata, riproponeva sempre lo stesso volto: quello dell’ islam eguagliata al terrorismo, di una religione sconosciuta a molti e ritenuta interamente violenta.

Tutti i relatori presenti hanno gridato lo stesso messaggio: l’islam è religione di pace e il terrorismo non è parte di essa. Sin dalle prime battute, le parole di Allah riecheggiano nelle stanze del centro culturale: “ordinare il bene e proibire il male”; un comandamento ricordato dall’Imam come da altri rappresentanti del Centro e seguito dai 20 milioni di musulmani che hanno scelto di rimanere in Europa, la loro casa, anziché raggiungere i combattenti estremisti.

L’incontro non ha il fine di negare l’esistenza dei fanatici, ma quantomeno di ricordare che oltre ai combattenti, ai terroristi, ai violenti vi sono anche altri, quegli uomini vittime prime del fenomeno terroristico in termini di civili e di anima. E’ un appello, quello mandato dalle autorità islamiche, a doppio taglio; per i credenti a ricordare le parole del loro dio e all’Occidente, senz’altro l’Italia, di unire le forze per combattere una battaglia che adesso riguarda anche noi.

Non si nascondono le titubanze verso la religione, il dubbio che se molti agiscono violentemente in nome di Allah sia perché la religione spinge alla violenza è diffuso nella mente di chi non è islamico, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso ricorda che “è giusto che ognuno si assuma le sue responsabilità, che si capiscano le dinamiche e il backgroud di un’azione sdegnatamente violenta”, ma ciò non significa condannare l’islam in tronco.

Non si chiede di essere misericordiosi, ma –per radice morale- di valutare l’esistenza di musulmani che combattono come l’Occidente la battaglia contro l’Isis che utilizza la giustificazione religiosa per atti disumani.

“Condannare non è più sufficiente” dichiara Jean-Luois Tauran, adesso bisogna prendere una posizione netta contro il fenomeno e collaborare “per sradicare il fanatismo e l’estremismo”.

James Foley, Steven Sotloff, David Heaney, Delle Gorden, questi i nomi ricordati dalla Boldrini; ultime vittime nelle mani degli jihadisti, da ricordare allora le vittime musulmane colpite per numero di civili, quanto nell’anima.

“Ogni religione deve avere la stessa dignità” ribadisce la Boldrini. Le sue parole si intrecciano con quelle dell’Imam che ricorda un comandamento del Corano: “Aiutatevi l’un l’altro a praticare la pietà (birr) e il timore di Allàh (taqwa), e non appoggiatevi gli uni agli altri per commettere iniquità e prevaricazioni”.

Le parole conclusive del Presidente del Consiglio di amministrazione del Centro Culturale sono d’impatto: “la religione è stata trasformata in ideologia, la fede in fanatismo; l’islam però non ha spazio per questo. Si faccia spazio al dialogo inter-religioso ”.