Il 10 marzo 2016 un’aula T01 gremita ha accolto la senatrice Monica Cirinnà, che nell’incontro organizzato da Studenti Democratici e Luiss Arcobaleno e moderato dal professor Sebastiano Maffettone, si è confrontata con gli studenti Luiss in merito alla tanto discussa legge sulle unioni civili che porta il suo nome. Incalzata dagli interventi di apertura degli studenti delle due associazioni, i quali hanno espresso la loro delusione in particolare per la mancata introduzione della stepchild adoption, la senatrice democratica si è mostrata piuttosto consapevole delle mancanze della legge, ma comunque determinata a difenderne i pregi e la portata innovativa (la Cirinnà finirà sui libri di storia, ha affermato il professor Maffettone), specialmente alla luce delle enormi difficoltà politiche incontrate nella sua gestazione. Due anni di lavoro che la senatrice ha definito bellissimi e bruttissimi al contempo: tanti i messaggi di sostegno e speranza di chi ha riposto fiducia nel suo testo, ma tanti gli atteggiamenti discriminatori ed ostruzionistici di molteplici esponenti della politica italiana. Un percorso dunque complicatissimo e reso ancor più tortuoso dall’agire del Movimento Cinque Stelle, che nonostante il voto favorevole in commissione ha poi improvvisamente voltato le spalle, per ragioni che la Cirinnà ha imputato a preoccupazioni politiche piuttosto che di costituzionalità. L’annuncio pentastellato della mancata votazione dell’emendamento premissivo meglio noto come canguro, ha rappresentato dunque uno dei momenti più difficili; porre il voto di fiducia ha costituito l’unica strada per evitare la vittoria del “partito incolore dell’immobilismo” e salvare perlomeno il nocciolo della legge, l’istituto dell’unione civile. I numeri confermano la difficoltà della battaglia: il ddl ha richiesto 72 sedute in commissione giustizia, durante le quali ha subito 4 modifiche per far a fronte ai 4820 emendamenti presentati. Quelli reali, non ostruzionistici, sono stati recepiti dal testo, ma molti di essi, ha sottolineato la senatrice, non avevano altro scopo che osteggiare la legge stessa con modifiche prive di senso (ricordiamo l’unione renziana), se non offensive ed insultanti; chiaro e diretto, in questo senso, è stato il riferimento a Malan e Giovanardi. Dopo questo excursus, la senatrice ha approfondito il discorso rispondendo alle numerose domande degli studenti. Per quanto riguarda il tema caldo della stepchild adoption, la Cirinnà ha annunciato che è in campo una generale riforma in tema di adozione: la legge vigente la concede solo agli eterosessuali coniugati e che rientrino in determinati parametri di età. Alla Camera, ove la maggioranza è solida, è iniziata un’ indagine conoscitiva che prevede l’ascolto di associazioni, giuristi, psicologi; ad essa seguirà l’impianto di un testo di legge con diversi soggetti terminali dell’adozione: non solo omosessuali, ma anche etero e single, guardando a più progrediti paesi europei in cui quest’ultima risulta già ammessa. E a chi considera la stepchild adoption come un diritto superfluo, circoscritto a poche persone, la senatrice risponde che a prevalere su ogni considerazione dev’essere l’interesse del soggetto debole, il bambino: in Italia di fatto già esistono famiglie arcobaleno con figli, ed è dunque necessario tutelarle: anche se vi fosse un solo bambino, il diritto è diritto. Sarà poi sempre il tribunale dei minori a stabilire l’interesse superiore del bambino, e non la coscienza di un singolo parlamentare ( anche in assenza di una normativa sulla stepchild, i tribunali hanno la competenza di decidere caso per caso). I legislatori italiani devono dunque rendersi conto di stare svolgendo le proprie funzioni in una repubblica laica e democratica e proprio per questo di essere tenuti a fare in modo che ogni cittadino, nel rispetto della legge, possa fare ciò che ritiene giusto per la sua vita, a prescindere da considerazioni morali pertinenti al singolo legislatore. Per quel che concerne poi uno dei principali corollari della stepchild adoption, la GPA (Gestazione Per Altri), la senatrice ha denunciato la malizia e la malafede con la quale l’argomento è stato riportato in auge in Italia proprio in concomitanza con il tentativo di normare le unioni omosessuali, sottolineando che il 95% delle coppie che se ne avvalgono all’estero sono quelle eterosessuali sterili. Incalzata poi da alcune domande sull’attribuzione della responsabilità politica del parziale insuccesso della legge, la senatrice ha tenuto una vera e propria mini-lezione sul funzionamento del voto segreto, con tanto di disegni esplicativi alla lavagna. Il voto segreto, richiesto da un certo numero di parlamentari, da regolamento viene sempre concesso quando la votazione riguarda alcuni specifici articoli della Costituzione, in questo caso il 29,30,31 relativi a famiglia, matrimonio e figli. Ma, soprattutto alla luce dell’atteggiamento ondivago dei pentastellati, lasciare il cuore della legge in balia del voto segreto, voto di pancia, di malessere e spesso di vendetta, sarebbe stato troppo rischioso. Da qui la decisione di sacrificare tramite accordo di maggioranza l’art. 5 includente la stepchild adoption, in modo da non compromettere anche gli art. 2 (istituto di diritto pubblico dell’unione civile) e 3 (estensione di tutti i diritti e le leggi a chi ha contratto l’unione civile, fatte salve alcune disposizioni). Porre la fiducia su quel testo ha costituito dunque per la senatrice un atto di coraggio. E quali le prospettive future? Quali le sorti della stepchild, soprattutto in un Senato dalle maggioranze risicatissime? Innanzitutto, ha sottolineato la senatrice, occorre costruire una buona legge alla Camera, un testo condiviso; quando ciò avverrà, nella commissione giustizia del senato si utilizzerà il meccanismo della “bicameralina”, ovvero le commissioni giustizia delle due aule lavoreranno già insieme per evitare troppe modifiche nella seconda camera. La senatrice auspica che questo accada per l’autunno. Le conclusioni che si possono trarre da questo incontro sono improntate e al lucido realismo, e alla speranza. Da una parte, come ha sottolineato la senatrice, di fatto il parlamento agisce in base a ciò che i suoi numeri gli consentono di fare: per non vanificare in toto due anni di lavoro soccombendo alla matematica, la Cirinnà ha dovuto assistere al sacrificio di parte di questo lavoro, scendendo a compromessi sull’articolo 5. Dall’altra, la battaglia in nome dell’uguaglianza e dei diritti è nel vivo: essa ha condotto a delle conquiste, seppur con la lentezza tipicamente italiana, e non è destinata ad interrompersi fino alla ottenuta pienezza del risultato.