Cosa significa provare a diventare giornalisti spiegato dal giornalismo di ieri e di oggi.

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    Fortuna, perseveranza e passione queste alcune delle parole chiave della tavola rotonda del 24 novembre, organizzata da ASP, con tema centrale il “diventare giornalisti”. Parole quelle pronunciate dagli ospiti che hanno insegnato molto a tutti i ragazzi lì presenti, di cui molto probabilmente più della metà ha nel cuore il sogno di diventare giornalista. La tavola rotonda è incominciata con il racconto da parte dei presenti delle loro personali storie di formazione all’interno nel mondo del giornalismo.
    Così i presenti hanno potuto ascoltare le appassionanti e sicuramente affascinanti storie di un’Italia e di un tipo di mondo che ormai non c’è più quale quello di Corradino Mineo (ex direttore di Rai News 24) e di Bruno Manfellotto (ex direttore dell’Espresso) diventati giornalisti in un’epoca in cui vi era meno tecnologia e meno velocità di informazione che dunque rendeva i quotidiani più necessari per essere aggiornati e avere una finestra sul mondo. E allo stesso tempo hanno invece potuto conoscere, e molti probabilmente sperare in analoghe sorti, le storie di Giulia Innocenzi (conduttrice AnnoUno) e Tommaso Labate (giornalista del Corriere della Sera), storie in un mondo a noi più vicino e che forse da noi puà essere recepito e capito meglio.
    La fortuna, appunto, sembra essere stata protagonista di alcune delle storie di questi personaggi, spesso approdati al giornalismo per caso come Giulia Innocenzi o Corradino Mineo, ma sicuramente non è stata l’unica chiave del successo. La perseveranza, la passione il desiderio di avere un propria idea, una propria missione, di raccontare qualcosa e fare conoscere e allo stesso tempo il volere apprendere e scoprire ogni giorno del nuovo, queste le chiavi di lettura e i consigli che dobbiamo sicuramente accettare, non solo, ma soprattutto se vogliamo intraprendere un tipo di carriera del genere. E’ una carriera, come ci è stato spiegato, dove non esiste un percorso da seguire, esiste solo la creatività di chi si vuole mettere in gioco, il grande problema è infatti legato al periodo particolare in cui viviamo dove non soltanto la crisi economica fa sì che i giornali non possano assumere nuovi dipendenti, ma anche lo svilupparsi e la produzione continua di informazione caratterizzante l’era dei social rende più difficile l’iter, poiché non ci si può limitare a dare informazione. Eppure non soltanto questo, a chi ieri era presente alla conferenza, è stato spiegato, non ci è stato semplicemente detto “siate creativi e originali, dovete voi inventarvi il vostro futuro”, frase che sempre di più noi giovani siamo abituati a sentire e che forse sempre di più odiamo, ma ci sono stati fornite vere e proprie dritte o meglio ci è stato ricordato qualcosa che forse tendiamo a dimenticare o a sottovalutare. Siamo stati esortati a essere preparati su più argomenti, per essere persone con un background culturale a 360° gradi, proprio perché si tratta di un tipo di mestiere poliedrico dove diviene necessaria una grande competenza che spazia in molteplici ambiti. Ma sicuramente è degno di nota l’appello, per così dire, lanciato da Bruno Manfellotto a non dimenticare chi siamo, alla memoria, al conoscere a fondo la realtà del nostro paese, e dovrebbe essere tenuto a mente non solo da chi vuole fare il giornalista, ma in generale da chiunque voglia fare qualcosa di realmente utile all’interno di questo paese.
    Molto probabilmente, alcuni dei presenti ieri entrati con il desiderio di fare i giornalisti sono usciti abbastanza scoraggiati, sicuramente la strada non è semplice e nessuno lo ha negato o ha provato a “rendere meno amara” la realtà. Eppure per coloro i quali non si sono scoraggiati è stato abbastanza, se non rassicurante, illuminante ed utile. Serve ed aiuta sapere delle storie di chi è riuscito e dà anche la forza a portare avanti le proprie idee, a raccontarle e a migliorarsi. Come alla fine della conferenza ha detto, facendoci sicuramente sorridere, Tommaso Labate chi vuole fare questo mestiere deve avere una vocazione che ormai ha superato quella che deve avere chi vuole diventare un sacerdote. Ed è senza dubbio vero, e ce ne si convince sempre di più dopo incontri del genere, dunque non resta che rimboccarci le maniche per divenire strumenti di informazione, informazione valida, quella che potrebbe realmente aiutare l’Italia. In un mondo in cui, come abbiamo potuto apprendere, siamo noi i principali “pubblicitari” di noi stessi e sicuramente un modo per iniziare a farci pubblicità, per “autopromuoverci” è quello di dare il massimo ogni giorno, con umiltà, ma anche non dimenticandoci di gioire dei nostri piccoli-grandi successi. Proprio perché appunto si tratta di un percorso non facile, che con questa parola non ha veramente nulla in comune, dove se non ci sosteniamo, senza ovviamente strafare, potremmo rischiare di contribuire anche noi a buttarci giù e anche questo è da tenere a mente. Dunque non resta che farci un in bocca al lupo collettivo a tutti noi, gli “entusiasti di ieri” che abbiamo ascoltato senza scoraggiarci e ci siamo sempre convinti di più della nostra “vocazione”.
    Federica Fusco