Non è un semplice voto per governare quello che è stato dato a Cameron durante le ultime elezioni politiche 2015, quelle che si sono tenute il 7 maggio per tutto il Regno Unito. Date come le elezioni più imprevedibili dell’ultimo secolo, le #GE2015 hanno sorpreso tutti, con il loro risultato. Sia gli analisti, che come per le ultime elezioni politiche italiane, hanno completamente sbagliato le loro previsioni (dando un testa a testa fra Conservatori (Con) e partito Laburista (Lab), poi smentito dai fatti), sia i media, che non hanno perso l’occasione di mostrare sulle loro prime pagine il disappunto o l’apprezzamento rispetto ai risultati finali, non senza criticare i sondaggi pre elettorali. Curiosità. Alberto Nardelli, alumno LUISS e Data Editor al The Guardian, considerato – secondo un anonimo – “the best hair in journalism” (guardate il suo account Twitter), ha pubblicato un articolo proprio su questo tema, con il significativo titolo “How did the polls get it so wrong?”. Ma veniamo ai fatti. Cameron ha vinto E non ha vinto solo sulle elezioni, ma su tutto, perché chiaro è il suo programma di riforme e chiara è la sua visione di politica estera. Da un punto di vista di pure relazioni internazionali lo UK, votandolo, ha scelto una strada: quella dello scontro. Uno scontro inevitabile, sia con lo storico alleato statunitense, sia con l’Europa. BREXIT la parola chiave (Britain exit) che circola su Twitter da qualche giorno circa l’ipotesi di un imminente referendum sull’Unione Europea, già inserita come promessa elettorale nel programma del Partito Conservatore: una ipotesi da cui lo stesso Cameron, nel suo discorso di ri-insediamento, è voluto partire, pur ritenendo opportuno rimandare il voto decisivo alla fine del 2017, non prima. Proprio per questo atteggiamento del nuovo-ma-mai-uscito PM del Regno Unito noi, cittadini dell’Unione, dovremmo preoccuparci. Perché? Semplice. Perché per i prossimi due anni questo sarà il tema che detterà l’agenda degli affari esteri inglesi e la crisi economica che una ipotetica uscita dei britannici potrebbe causare non è nemmeno quantificabile, vista l’importanza di Londra come capitale finanziaria mondiale. “Se David Cameron ha l’illusione che lui da solo possa dettare i termini per un nuovo trattato dell’Unione, ritengo che stia sbagliando. Vorrà pure rinegoziare la membership dello UK ed indire un referendum, ma cosa esattamente rimane ancora da rinegoziare?” — Sophia in ’t Veld, capogruppo dei deputati Liberali al Parlamento Europeo E’ così chiaro il problema che si pone con questo risultato elettorale che non hanno tardato ad arrivare i primi commenti e prese di posizione, fra cui quella della triade formata dalla Cancelliera tedesca, Angela Merkel, dal Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, e dal Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, Secondo questi ultimi, la possibilità che venga rinegoziata la libertà di circolazione è una “no-go area”, seppur Tusk rimanga aperto a nuovi sviluppi, non si sa mai. “Sono profondamente convinto che non ci sia una vita migliore fuori dall’Unione Europa, per nessun paese. Una UE migliore è nell’interesse non solo del Regno Unito ma anche di tutti gli altri Stati Membri.” — Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo
Attualità and Italia17 giugno 2015 Ballottaggi, Immigrazione e Riforme in bilico, fine del ciclo renziano?