Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili de li popoli civili Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che commanna; che se scanna e che s’ammazza a vantaggio de la razza o a vantaggio d’una fede per un Dio che nun se vede, (da “Ninna Nanna de la Guerra”, Trilussa, 1914) Si è spenta la luce nella città delle luci: le luci della modernità e della festa parigina non potevano riuscire a brillare sul disastro di una notte che ha visto spegnersi, in un clima barbaro, caotico, le vite di una vasta moltitudine di persone. Persone che mentre facevano quello che facciamo sempre tutti noi studenti, ovvero un’uscita il venerdì sera, sono state ammazzate in nome “di un dio che nun se vede” come diceva Trilussa 100 anni fa. Non riporterò il numero dei morti, uno degli insegnamenti che ho fatto mio della cultura francese è quello scritto nel capitolo quarto del Piccolo Principe “noi che comprendiamo la vita, noi ce ne infischiamo dei numeri”.Perché il numero di vittime ci allontana dalle sofferenze che quel numero tenta malamente di descrivere. I numeri non descrivono la confusione, la concitazione, la paura che ieri si è provata a Parigi, e, per quello che conta, nelle nostre stanze con la televisione accesa. Il Trocadero, la terrazza da cui si vede la Tour in tutta la sua bellezza, ha visto le luci spegnersi di fronte a se a l’una come tutte le sere ma che questa volta sono sembrate spegnersi perché la reazione più eloquente era probabilmente il silenzio, un silenzio, che per la torre muta sta nel non brillare, che ci ricorda che è in queste occasioni che dobbiamo fermarci e pensare. Tollerare gli intolleranti o no? la scelta che dobbiamo affrontare ancora una volta: la sicurezza e la coerenza con noi stessi, due fattori, due condizioni che, a poche ore dai fatti che ci hanno stravolto, sembrano non potersi ottenere in contemporanea. Così gli attentati sembrano porci davanti ad uno specchio di fronte al quale non possiamo non interrogarci su cosa vogliamo essere, decidere di quale luce illuminare le nostre torri.
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