Ho passato gli ultimi due giorni a pensare che questo editoriale fosse inutile. I lettori di questo giornale erano ai seggi il giorno dello spoglio ed io non ho certo l’autorità per fare l’elenco dei vincitori. Alla fine ho deciso di scriverlo comunque perchè mi sono chiesta se esistesse quel “dio delle piccole cose” di cui una volta ha parlato Niccolò Fabi. Questo dio, se c’è, deve tenere tutto. Deve conservare le locandine dei candidati che hanno preso solo i voti dei loro amici più stretti, i segnalibri con le facce sorridenti di chi ha creduto di potercela fare fino alle 19.30 di giovedì. Dovrebbe tenere le cene elettorali, le strategie che non hanno portato a niente, i passi giusti e quelli falsi. Questo dio delle piccole cose dovrebbe avere un pensiero per i ragazzi delle varie associazioni che hanno mandato a monte i loro programmi di studio solo per fare i banchetti, lo sguardo che ha fatto il candidato quando ha firmato la chiusura delle liste, quello che ha riproposto quando il suo nome era sui manifesti affissi in facoltà. Si dovrebbe prendere i messaggi della notte prima, la difficoltà a dormire, il cibo improvvisato, i pensieri storti e quelli costruttivi. Occorre che conservi la conta ossessiva dei voti, i passi falsi, i commenti insulsi. Poi, se esiste, magari custodirà il mio fiato corto di quando sono arrivata all’università alle ore 19.30. E’ importante che lo faccia e che si ricordi anche della mia tensione mentre alle 18.00 discutevo col mio relatore di tesi senza la possibilità di guardare il cellulare. Non avevo solo il terrore che i candidati per cui avevo votato perdessero; io avevo il terrore di non essere lì quando ciò accadeva. Insomma, ho sperato solo che nessuno mi chiamasse per un’ora. Allora dovrebbe, questo dio, conservare quella piccola fitta di dolore che ho provato quando dalla faccia dei miei amici ho capito che era finita ed io ero arrivata troppo tardi per esserci. Tutto questo è importante per chi quel giorno ha urlato di gioia perchè ce l’aveva fatta. Quei vincitori con le facce stanche nelle foto su facebook iniziano da questo momento il percorso della rappresentanza, dal passo numero zero in poi. Sono gonfi di progetti e di incredulità; ognuno di loro scrive il numero di voti aggiudicatisi con accanto la parola “grazie”. Vivono in quell’istante che nel mio piccolo ho vissuto anch’io quando mi hanno detto che avrei diretto questo giornale: è l’istante in cui sembra tutto possibile, in cui ogni cosa si farà perchè è scritta da qualche parte la strategia giusta per realizzarla. Il mio augurio per tutti i vincitori è che, nell’eventualità in cui quel famoso dio non esista, siano loro a conservare le piccole cose che hanno portato al giorno della loro vittoria. Le piccole cose di tutti, anche le mie. Il piccolo dispiacere di tutti, anche il mio. E visto che da questo momento in poi parleranno di “comunità di studenti” e non più di “candidati di lista”, che portino con loro questi pensieri, solo col fine di dare ascolto, di dare valore a quello che li circonda. Il 360° si è tirato fuori dalla campagna elettorale prima ancora che iniziasse. Personalmente, non volevo che questo giornale diventasse un teatro di sostegno. Io però ho creduto in qualcuno e l’ho fatto con talmente tanta forza da sperare con tutto il cuore che il dio delle piccole cose sia il ragazzo che quel giorno esultava, conteggiava i suoi voti e ci scriveva accanto la parola “grazie”.