SCHEDA DI PRESENTAZIONE: Federico Cavadi Luogo di nascita: Palermo (PA) Studi: Scienze politiche (Relazioni Internazionali) Meta erasmus: Strasburgo, Francia – Institut d’Études Politiques (IEP) Personaggio di riferimento: Jean-Jacques Rousseau Una cosa che ami e una cosa che non sopporti di Strasburgo Amo la sua praticità. Detesto l’impossibilità di mangiare un boccone nel bel mezzo della notte. Era la tua prima scelta? La seconda. La prima scelta era stata Herzliya in Israele seguita da tutte le mete francofone che il bando e le mie competenze linguistiche mi permettevano di inserire. Non voglio nascondere un certo scetticismo iniziale nei confronti della mia scelta, sostenuto anche dal fatto che Strasburgo non mi era mai giunta all’orecchio come meta privilegiata per l’Erasmus. Il seguito prova che avevo torto. Come sappiamo si tratta della città che ospita il Parlamento europeo, scelta strategica per un futuro lavorativo in un ente dell’UE? È stato divertente scoprire che in Francia, così come accade spesso in Italia, lo studente di Scienze politiche in difficoltà rispetto alle sue future intenzioni lavorative, si tuffa in un quantomai generico: “Nelle istituzioni europee”. E’ tuttavia vero, che ammirandole dall’esterno come fossero semplici monumenti, o entrandovi ed osservare questo grande meccanismo in funzione, si viene inevitabilmente trascinati dalla voglia di farne parte. Allora, se non è nata come scelta strategica per il futuro, certamente lo è diventata. Come hai trovato casa? Il mio alloggio l’ho trovato tramite l’IEP che mi ha proposto una serie di alternative nei diversi studentati della città. Vivo in una residenza universitaria, in una piccola (ai limiti del claustrofobico) stanza di 9m2 con bagno. Potrebbe suonare strano ma le cucine in comune sono certamente l’aspetta migliore della mia sistemazione: all’inizio, giocando anche sugli stereotipi, evitare che si metta del Ketchup sulla pasta ti permette di fare amicizia, esercitarti con la lingua, rompere il ghiaccio ed ambientarti; alla fine ti ritrovi membro di una grande, multi-linguistica famiglia allargata. Gli “strasburghesi” sono francesi ma risentono di influenze germanofile: li definiresti socievoli? La fama francese viene confermata anche qui, ma mi sento tranquillo nel dire che è un fenomeno abbastanza ristretto. Può capitare di parlare con qualcuno che difficilmente riesce a nascondere il totale disinteresse verso la discussione che intrattiene con te; ma i più, al contrario, si impegnano per superare ostacoli linguistici pur di scambiare due semplici battute. Inoltre, il particolare piano di studi dell’IEP, che permette ad ogni suo singolo studente di trascorrere il terzo anno di studi all’estero (e certe mete rimangono anche senza candidati), ha certamente facilitato le relazioni con altri studenti della facoltà. In generale, che tu sia francese o meno in qualsiasi posto tu vada l’accoglienza è sempre molto calorosa e cortese: in questo senso, la socievolezza diventa parte stessa della loro dedizione al lavoro. Dal latino Strasburgo significa “la città delle strade”: ci si perde facilmente? Con grande divertimento degli altri compagni e studenti che ho incontrato qui, per il primo mese di soggiorno, il più delle volte, non ero proprio in grado di capire che strada dovessi prendere, allungando, talvolta, anche il più breve dei tragitti. Il problema, tuttavia, non era tanto rappresentato dalle strade, quanto dai numerosi canali che attraversano la città che fanno un po’ perdere il senso dell’orientamento. Fortunatamente, il campanile della cattedrale, che è praticamente visibile da ogni parte della città, mi ha spesso riportato sulla retta via. Superato questo ostacolo iniziale, sette linee tranviarie per una città di circa 80km2 ti permettono di raggiungere tutti i punti della città senza perdere troppo tempo (non spendo parole sulla qualità dei servizi pubblici di trasporto) e con grande facilità. Anche se, l’abitante di Strasburgo dirà sempre senza pensarci sopra, che è la bicicletta ad essere il vero mezzo ad hoc per questa città. Ritieni che meriti il titolo di “capitale politica d’Europa”? Quando sono sceso dall’aereo la prima cosa che mi ha fatto veramente sentire a mio agio sono stati degli adesivi sulle porte scorrevoli all’entrata dell’Hangar dell’aeroporto che riportavano la scritta: ”Benvenuti nell’eurottimismo” o “Benvenuti a Strasburgo, l’eurottimista”. Dalla culla alla tomba, dato che sono anche presenti delle pompe funebri europee, tutto nella città ti dice che sei nella capitale europea. Non solo la presenza del Parlamento Europeo, del Consiglio d’Europa e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma la storia stessa di questa città, di questa regione (l’Alsazia-Lorena) è, in realtà, storia dell’Europa. Tanto più che ci si ritrova nel suo centro, tanto più che camminando un po’, attraversando un ponte di un centinaio di metri, ci si lascia la Francia alle spalle e senza accorgersene si entra in Germania. Non credo sia corretto definirla “la” capitale politica d’Europa, ma per il semplice fatto che non credo, e forse non vorrei, che l’Europa abbia una e una sola capitale. Difficoltà burocratiche considerate, trovo più corretto, affascinante e coerente con lo spirito europeo l’idea e la presenza di più centri politici. In questo senso, Strasburgo è senz’altro “una delle” capitali politiche d’Europa. Certamente, la più bella. Tanto per orientarsi sui prezzi: quanto costa una birra? Strasburgo non è una città molto economica: se il carattere generale e architettonico della città può risentire di influenze germaniche, i prezzi sono indubbiamente francesi. Malauguratamente la birra non fa eccezione: il prezzo di una pinta difficilmente è inferiore ai 4€ o 5€; solo alcuni locali sono più economici ma sono rare eccezioni. Ciononostante, attenzione, quando qui si parla di birra, si ha a che fare con della grande birra.
Cinema e teatro19 dicembre 2014 Caffè doppio e scorpacciata di zuccheri con Edoardo Ferrario (versione integrale)
Editoriale7 novembre 2014 #obamastai (poco) sereno I Repubblicani hanno dimostrato martedì che l’establishment si ricorda ancora come si fa a vincere.