Roma, 8 Agosto Sveglia alle 6, sguardo fisso nel vuoto al pensiero che quella è stata l’ultima notte nel mio letto, abbracciata al mio cane. Mi alzo e vedo le valigie ancora aperte. Mi convinco di non essere l’unica in una situazione disperata a 5 ore dalla partenza e che qualche folle studioso americano avrà di certo fatto qualche esperimento sulle persone che riescono a organizzarsi, a seguire i programmi stabiliti e a chiudere le valigie senza dimenticare almeno qualcosa di fondamentale come i documenti, il biglietto aereo o la busta di cibo che tua madre ha preparato “giusto in caso di evenienza”. Arrivo in aeroporto, la partenza è prevista tra due ore e mezza e percepisco la tensione comune quando i miei genitori, mio fratello e io scendiamo dalla macchina. Il momento dei saluti è arrivato e negli occhi di mia madre riconosco lo sguardo concentrato di quando pensa intensamente a qualcosa. Si starà chiedendo se sia meglio fingersi distaccata e austera o se può lasciarsi andare e piangere a dirotto mentre mi stritola in un abbraccio che racchiude fiducia e paura. Come avevo immaginato, la seconda opzione ha la meglio e i saluti finiscono per essere un pianto generale da cui mi riprendo solo nel momento in cui salgo sull’aereo e mi addormento. Oslo, 8 Agosto Apro gli occhi quando l’aereo sta per atterrare. Mi guardo intorno. Credo di non aver mai visto così tante persone alte, bionde e belle in vita mia. Mi viene in mente mia cugina che mi chiede: “Ma perché hai scelto la Norvegia?” ed io che alla domanda divento pensierosa e riesco a dire solo “Non so, mi ispirava”. Ripenso a una mia amica, eccitata al pensiero che gli uomini norvegesi debbano sembrare vichinghi che indossano pelli di orso e suonano il corno e ripenso a quando l’ho abbracciata e lei mi ha salutata con un occhiolino, sicura del fatto che sarei tornata a Roma con uno di loro, probabilmente a cavallo di un alce. Si aprono le porte e finalmente scendiamo. Sono emozionata all’idea dell’esperienza che mi attende. Mi sento come una giovane marmotta che va per la prima volta in esplorazione di un posto nuovo, selvaggio. Cammino con fare sicuro verso il treno che mi porterà al centro di Oslo. Trascino le tre valigie in cui ho cercato di far entrare “solo il necessario”. Trovo finalmente l’uscita da cui si accede al treno, esco dalla porta e sorridente penso “questa è la mia prima boccata d’aria norvegese”. Varco le porte dell’uscita e uno sbalzo termico di venti gradi mi colpisce come un pugno in faccia. Guardo il meteo del telefono che dice “10 °C, pioggia e vento”. “Ottimo”, penso, “di certo non puoi dire di aver scelto questo paese per il clima”. Arrivo in stazione centrale con un’aria tra lo sconsolato e il melanconico, mentre mi chiedo se non sarebbe stato meglio vivere in una località come il Brasile, le Canarie o qualsiasi altro posto in cui le temperature non scendono sotto i dieci gradi e le persone sono sorridenti e cordiali. Affamata e nervosa raggiungo finalmente lo studentato che l’università mi ha assegnato. È quello più lontano rispetto al centro, ma ho letto che dovrebbe essere vicino a un lago. Ho cercato le foto e di giorno sembra un posto carino, nonostante la sera mi ricordi una scena di “Silent Hill”. Devo ammettere che i norvegesi non sono proprio i migliori per farsi pubblicità. Apro la porta dell’appartamento. È un posto familiare con scaffali al muro, tende colorate e frigoriferi pieni di cibo. Sorrido al pensiero di conoscere presto i sette coinquilini con cui condividerò tutto questo per i prossimi mesi. Mi appresto a cercare la mia camera, apro la porta ed entro. Quel senso di tristezza e solitudine che mi aveva accompagnata durante tutta la giornata, sparisce. “Questo è il motivo per cui ho scelto questo paese. Questo è il motivo per cui sapevo che qui sarei stata una persona nuova”, penso, mentre affascinata ammiro il tramonto, che con giochi di colori illumina la finestra di fronte la mia camera. di Valentina Corsi
Erasmus24 settembre 2016 No(r)way-La partenza La paura di partire, il coraggio di vivere una nuova esperienza. Un mondo nuovo fatto di "pioggia e vento", ma anche di paesaggi unici e persone speciali