La differenza tra outing e coming out

E l’incorreggibile confusione degli italiani

E l’incorreggibile confusione degli italiani

Per questa volta, possiamo fidarci ciecamente di Wikipedia quando, nella pagina dedicata al “coming out” si legge: “In Italia, l’espressione coming out, che indica una scelta deliberata, è molto spesso confusa con outing, che indica invece l’esposizione dell’omosessualità di qualcuno da parte di terze persone senza il consenso della persona interessata. Il refuso è tuttavia talmente imperante da essere ormai difficilmente correggibile.”

 

Allora ho pensato di provarci. Spieghiamo un po’ le cose.

 

Coming out

Fare “coming out” significa fare dichiarazione pubblica della propria sessualità. Come vedremo (impareremo) successivamente, sta proprio nell’aggettivo “propria” la grande differenza con l’outing.

Il primo coming out della storia fu di Karl Heinrich Ulrichs, un giurista tedesco, che durante il congresso dell’Associazione dei giuristi tedeschi denunciò apertamente le leggi “anti sodomia” di molti stati della Confederazione germanica. Secondo queste ultime, successivamente integrate nel paragrafo 175 del codice penale del neonato impero, “gli atti sessuali osceni e contronatura commessi fra due persone di sesso maschile o fra uomini e animali sono puniti con la detenzione; possono anche comportare la perdita dei diritti civili”.

Nonostante lo sforzo di Urlichs non ebbe alcun successo nella modifica delle leggi, che si inaspriranno sempre di più fino all’apice del periodo nazista, esso fu comunque di vitale importanza per stabilire l’identità politica degli omosessuali.

E l’incorreggibile confusione degli italiani

In Italia, il termine usato rimane quello inglese (che significa “venire fuori”, dall’espressione “coming out of the closet”). In altri paesi, come la Francia o la Spagna, l’espressione è stata tradotta in sortir du placard e salir del armario.

 

Outing

Come ho anticipato in precedenza, la differenza tra outing e coming out sta proprio nella persona che dichiara: nel caso del coming out, stiamo parlando del diretto interessat*; nel caso dell’outing, parliamo di una terza persona.

 

Spesso oggetto di outing sono persone famose, celebrità del mondo dello spettacolo ed in particolare della politica. Infatti, con questo termine, il movimento di liberazione omosessuale statunitense intendeva l’usanza di dichiarare l’omosessualità di alcuni personaggi, principalmente per scopi politici.

Questo fenomeno ebbe inizio negli Stati Uniti negli anni 90’, quando il giornalista Michelangelo Signorile iniziò a dichiarare l’omosessualità di alcuni personaggi noti del mondo della politica, per criticare la loro ipocrisia.

E l’incorreggibile confusione degli italiani

Questo approccio ha subito numerose critiche, soprattutto da chi pensa che tutti hanno diritto alla privacy sulla loro vita personale, anche coloro che sostengono idee contro la loro tendenza sessuale.

Caso eclatante negli USA fu l’outing del 2004 di Edward Schrock. L’attivista dei diritti gay Michael Rogers fece outing sul parlamentare repubblicano della Virginia proprio per denunciare la sua pura ipocrisia: pur essendo omosessuale, il trustee aveva votato in favore sia del Marriage Protection Act che del Federal Marriage Amendament.

Il Marriage Protection Act era stato designato (per poi non essere approvato al Senato) per proteggere il DOMA (Defense of Marriage Act): si voleva evitare che le corti federali avessero libertà di decidere sullo stato di una relazione tra persone dello stesso sesso, a prescindere da cosa fosse stato deciso negli altri stati.

Nel caso del Federal Marriage Amendment, ci troviamo di fronte ad una richiesta di modifica della costituzione statunitense: questa avrebbe definito il matrimonio, all’interno del testo, come unione tra un uomo ed una donna. Nel 2006, la mozione fallì nella House of Representatives per 236 a 187.

E l’incorreggibile confusione degli italiani

A noi italiani spesso piace fare confusione, perché così non resta mai il rischio di essere senza difese quando si arriva al momento delle giustificazioni. In questo caso, un’ottima motivazione sarebbe quella di “aver sempre pensato che è un po’ la stessa cosa… no?”. No. Ed ora di scuse per non sapere ne avete qualcuna in meno.