La vignetta umoristica o di satira politica ha ormai una storia ultra secolare. Alla ribalta dall’ottocento questa forma d’arte, che si serve della forza dell’immagine per veicolare contenuti satirici, non verrà più abbandonata. In Italia è a cavallo tra l’ottocento e il novecento che si assiste alla nascita dei famosi giornali satirici: “L’Asino”, “Il becco giallo”, “il Guerin meschino” sono solo alcuni dei tanti che vedono la luce in questo periodo. Per buona parte del novecento le vignette, e i giornali che le ospitano, riescono ad avere un impatto spaventoso sulla vita politica e sull’opinione pubblica. Nel 1950 il settimanale umoristico “Candido” pubblicava una vignetta in cui l’allora Presidente della Repubblica Einaudi era ritratto mentre passava in rassegna una fila di bottiglie di vino invece che di Corazzieri, scoppia così il “caso Einaudi”. Nel mirino del giornale era finito il fatto che tali bottiglie circolassero con la dicitura “Poderi del Senatore Luigi Einaudi” sull’etichetta, e che quindi il Presidente sfruttasse la sua carica a fini commerciali. Il direttore responsabile del “Candido”, il celebre scrittore Giovannino Guareschi, fu condannato per vilipendio al Capo dello Stato insieme a Carletto Manzoni, autore della vignetta, a otto mesi con la condizionale. E oggi? Il mondo della satira è in crisi da molti anni e lo stesso di conseguenza si può dire della vignetta satirica. Tutti gli storici giornali satirici sono scomparsi progressivamente con il passare degli anni. La vignetta sembra ormai relegata ad una funzione di sfondo, l’abitudine rassicurante sulla prima pagina del quotidiano che ti strappa un sorriso o una risatina amara ma il 7 gennaio 2015 torna prepotentemente protagonista. Due attentatori infatti entrano a Parigi nella sede del giornale satirico francese “Charlie Hebdo” e uccidono dodici persone tra le quali cinque vignettisti del periodico. I terroristi, collegati alla branca yemenita di Al-Qāʿida avevano deciso di colpire “Charlie Hebdo” proprio a causa di alcune vignette che come bersaglio avevano l’Islam. In seguito all’attentato si è aperto un nuovo dibattito sulla satira nei nostri giorni: da una parte i sostenitori della libertà di espressione sempre e comunque, dall’altra coloro che credono che nonostante tutto la satira debba porsi un problema morale. Anche di questo dilemma parleremo il 23 Marzo a Culturama in una conferenza che ospiterà Sergio Staino “imprevisto direttore”, per sua stessa definizione, de “l’Unità” e “storico vignettista”, vincitore del Premio Satira Politica Forte dei Marmi nel 1984 e fondatore del settimanale satirico “Tango”, inserto de “l’Unità”. E proprio di dilemma si tratta perché se è vero che nei giorni successivi all’attentato nella redazione di “Charlie Hebdo” la grande maggioranza dell’ opinione pubblica occidentale, e quindi anche italiana, si schierava senza dubbio con i vignettisti e la loro libertà di espressione con lo slogan “Je suis Charlie”, è altrettanto vero che le reazioni sono state decisamente diverse in due occasioni recenti che hanno visto nuovamente protagonista il settimanale francese. La prima è la pubblicazione di una vignetta in seguito al terremoto nell’Italia centrale dell’ estate 2016. Nell’immagine, intitolata “Séisme à l’italienne” (Terremoto all’italiana) le vittime del terremoto vengono paragonate a tre piatti tipici della nostra cultura: “Penne all’arrabbiata”, illustrato con un uomo sporco di sangue; “Penne gratinate”, e “Lasagne”, strati di macerie alternati ai corpi rimasti sotto. La seconda riguarda un’altra tragedia italiana: la recente valanga che ha travolto l’hotel a Rigopiano, in questa vignetta l’immagine della morte scende dalla montagna in mezzo ad una valanga. Le reazioni sdegnate, che in alcuni casi sono arrivate a invocare la censura, della maggioranza degli italiani, pur se possono essere comprensibili dal punto di vista emotivo, vanno quindi viste come un’incongruenza nei confronti della salvaguardia della libertà di espressione e della vocazione principale della satira, il cui scopo è far riflettere anche pungendo e facendo male, oppure c’è un limite alla satira?
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