La naturalezza va costruita Qualche tempo fa la blogger Marianna Hewitt ha rivelato in un video di YouTube tutto quello che fa prima di postare un selfie. Innanzitutto se ne scatta moltissimi, dopodiché li seleziona e poi usa l’app Facetune per eliminare capelli svolazzanti, dare luce al suo viso e cancellare le occhiaie. Con VSCO Cam migliora la qualità della foto e sceglie il filtro da aggiungere, confrontando l’immagine a quelle già postate, in modo da avere una coerenza perfetta su suo profilo. Se Marianna è una blogger professionista e soltanto il video dimostrativo dura dieci minuti, figuriamoci quanto ci metterebbe un instagrammer inesperto a provare tutta la trafila. Annoiarsi non è ammissibile Nel regno dell’immediatezza la monotonia è un vero scandalo. Un bravo instagrammer sa che per aumentare il numero di follower bisogna postare almeno due volte al giorno. Quando però si trascorrono le giornate in ufficio davanti al computer si ha a che fare solo con scartoffie poco fotogeniche o riunioni soporifere dove farsi un selfie garantirebbe solo il licenziamento. Meglio allora rifugiarsi nella malinco-chic e saccheggiare sul web immagini di Brigitte Bardot – che funziona quasi quanto “La vita è bella” a Natale – o recuperare vecchie foto in grado di dimostrare la nostra coolness anche a nove anni. Il tutto rigorosamente da sigillare con un #tbt venato di nostalgia, quanto basta per essere affascinanti. L’apparenza conta moltissimo L’hashtag #OOTD non indica un disordine cognitivo ma “l’outfit del giorno” che molto spesso è presentato con uno scatto dall’alto di abiti e accessori. Questo ready-made implica uno sbattimento bestiale per i non addetti ai lavori. Intanto lo sfondo deve essere studiatissimo; può essere un copriletto, un tappeto, un pavimento particolare; fondamentale è che sia coordinato con i colori dei vestiti e che non soffochi lo scatto. Al centro ci deve essere l’oggetto su cui ci si vuole concentrare e il resto deve essere presentato in un perfetto equilibrio dei pieni e dei vuoti. I vestiti non devono essere sgualciti ma ben piegati e, al tempo stesso, buttati lì come se fossero stati appena tirati fuori dall’armadio. Poi bisogna mettere il cellulare su un cavalletto e, finalmente, scattare. Bisogna sempre avere qualcosa da dire Ci sono due scuole di pensiero nell’utilizzo delle didascalie su Instagram. La prima accorcia le distanze con i follower, usando un tono amichevole, tanti cuoricini e lo stupore di chi non si abitua al privilegio. Un po’ come dire: “Ehi non è pazzesco essere ai Caraibi a Novembre?”; in questo modo gli sfigati bloccati in tangenziale si sentono fortunati ad avere amici tanto speciali. La seconda è un vero colpo da maestro e implica una certa abitudine alla bella vita, un understatement quasi sprezzante che tanto sarebbe piaciuto a Oscar Wilde. Un sospiro annoiato del tipo: “Sì io sono qui, ma non te lo consiglio: è una palla”. In entrambi i casi l’abilità sta nel vedersi da fuori e capire cosa funziona meglio. Ogni influencer è un brand con la sua immagine e il suo tono di voce che deve sorprendere senza deludere le aspettative. Prima si mangia con gli occhi, poi si vedrà Quando hai visto il cameriere attraversare la sala per arrivare verso il tuo tavolo ti sei finalmente tranquillizzata: il tuo appetito sta per essere placato. La delusione è cocente quando ti accorgi che la tua pasta allo scoglio è appena stata disposta al centro tavolo, tra la tartare e la centrifuga della tua amica che, noncurante degli sguardi sconcertati degli altri clienti, si è messa in piedi sulla sedia per riprendere il suo #foodporn d’autore. Il set è risistemato più volte con la cura di Luchino Visconti. La foto riceverà un centinaio di like, ma i tuoi spaghetti sono diventati freddi. Fai sport, ma non muoverti I runners sono una tribù particolarmente socievole: su Facebook e Twitter ci tengono aggiornati su dove vanno e quanto corrono. Probabilmente perché sperano che il loro esempio ci sproni ad abbandonare il divano e a raggiungerli di corsa verso il benessere. Su Instagram invece, dove i risultati sono chiaramente visibili, l’ammirazione per gli sportivi si tinge di invidia. Le foto di addominali in bella vista sono un vero schiaffo morale. Ma anche lì, a osservare bene, ci accorgiamo che la naturalezza è un artificio: niente capelli legati alla meglio e umidicci di sudore, niente visi arrossati, magliette chiazzate o espressioni che dicano “Ma chi me l’ha fatto fare?”. Le vere instagrammer esibiscono completini coordinati, capelli sciolti e un trucco che non cola. Sicuramente barano per lo scatto, ma non per il fisico. Trovati il fidanzato giusto Lo scatto rubato ormai è un classico, un po’ perché lo street stile ha moltiplicato i fotografi, un po’ perché ci sono moltissimi fidanzati obbligati a trasformarsi in paparazzi, irretiti dal miraggio del successo della coppia Riccardo Pozzoli – Chiara Ferragni. Ed ecco che il social network pullula di foto in cui giovani dagli abbinamenti azzardati esibiscono una falcata da generale fra le rotaie del tram in una Milano insolitamente deserta. La noncuranza è in realtà un’architettura studiatissima, in cui ogni ingrediente è pensato prima: abbigliamento, location, camminata e capelli scompigliati. Se il risultato non è soddisfacente bisogna rifare tutto da capo, aspettando il prossimo semaforo rosso. La finzione è meglio della realtà Un altro grande must di instagram è il bacio furtivo, in cui innamorati da cartolina ostentano un trasporto mozzafiato quanto la scena di una commedia romantica. E proprio come in un film bisogna chiedersi chi sia il regista e chi il direttore della fotografia. Se la foto è ravvicinata dovete immaginare acrobazie pazzesche per riprendere visi ed effusioni senza rivelare che a scattare sia uno dei due fidanzatini, più attento all’inquadratura che al sentimento. Se invece lo scatto riprende la coppia in una cornice così perfetta da rasentare la noia allora sappi che, magari, non sono così presi l’uno dall’altra ma che certamente hanno un amico molto, molto paziente.