La signora Montessori, per rinfrescarvi la memoria, è la donna sulla banconota da mille lire che nel 1907 fondò a Roma la prima ”Casa dei bambini” introducendo un nuovo metodo educativo basato sull’indipendenza del bambino e sulla sua libertà di poter maturare autonomamente il proprio percorso formativo. Quei bambini del quartiere San Lorenzo erano complici, probabilmente inconsapevoli, di un esperimento destinato a rivoluzionare il mondo della pedagogia. Esso ebbe fin dall’inizio un enorme successo a livello internazionale, tanto che pedagogisti da tutto il mondo raggiungevano l’Italia per osservare da vicino il metodo della scuola in Via dei Marsi, mentre a livello nazionale la diffusione del metodo si accompagnava all’apertura di numerose Case dei Bambini Montessori. Ma tornando ad oggi, e analizzando i dati, notiamo come in Italia siano solo 500 le scuole ad adottare questo metodo su 22.000 sparse in tutto il mondo (concentrate prevalentemente in America).Purtroppo nel 1934 la scienziata abbandonò la ”culla” del suo pensiero, l’Italia e proprio di questo ci parla l’ insegnante e formatrice Montessori presso il VII Circolo Montessori di Roma, Daniela Dabbene: ”Il problema nasce da un equivoco nei rapporti tra la Dott.ssa Montessori e il Duce ,infatti in un primo momento Mussolini aveva pensato di poter utilizzare la fama internazionale della scienziata a fini propagandistici , per dare lustro al regime fascista. Da subito però, si evidenziarono delle divergenze: un metodo basato sull’autonomia di pensiero e sulla libertà non poteva di certo collimare con le esigenze di un regime dittatoriale. Questo creò un attrito e poi un aperto confitto che si accentuò nel momento in cui Maria Montessori intervenne in difesa della pace in diverse conferenze internazionali. Ma la rottura sarà nel 1934, quando il Duce chiude improvvisamente tutte le scuole Montessori in Italia e la Dottoressa Montessori è costretta a lasciare l’Italia.” Le sue esperienze continuano e le sue scuole si diffondono i n tutto il mondo, fino ai nostri giorni. Tra gli alunni illustri di scuole montessoriane troviamo menti geniali come Bill Gates e Garcia Marquez. Si potrebbe quindi affermare che la scuola Montessori sia più qualificata di quella tradizionale? Non è così semplice, ci fa capire l’insegnante Dabbene: ”Ci sono molti studi su questa comparazione, ed effettivamente quello che si è riscontrato ,al di la delle acquisizioni in termini di contenuto, è che i bambini montessoriani hanno una notevole capacità di produrre un pensiero originale, di organizzare autonomamente il lavoro , di applicare la creatività nella ricerca di soluzioni.” Qual è dunque la differenza fondamentale? ”La nostra scuola mette il bambino al centro dei processi apprendimento, il bambino per noi montessoriani non è un vaso vuoto da riempire di contenuti, ma ne è il protagonista. L’ insegnante preparerà un ambiente adatto al bambino pieno di occasioni di lavoro e di apprendimento grazie al materiale scientifico ideato dalla Montessori, e si preoccuperà di rimuovere gli ostacoli all’esplorazione dell’ambiente e all’apprendimento.” E’ quindi un approccio alternativo alla didattica frontale che, fin dalle contestazioni del ’68, viene criticata dagli studenti italiani senza enormi risultati. Ma qualcosa, in questi anni, si sta muovendo infatti alla domanda ”Il metodo Montessori si è estinto con le mille lire?” la maestra Dabbene ci risponde: ”Assolutamente no, la sua validità e la sua attualità sono sotto gli occhi di tutti e molti genitori si costituiscono in associazioni che chiedono l’apertura di scuole Montessori: proprio lo scorso anno in molte città italiane abbiamo assistito all’apertura di nuove sezioni Montessori nella scuole pubbliche ,questa è anche la nostra esperienza, offrire il nostro metodo a tutti , anche a chi non può permettersi di pagare la retta di una scuola privata. Speriamo in una attenzione del Ministero nel sostenere e proteggere questo enorme patrimonio di lavoro teorico e di ricerca che la Dottoressa Montessori ci ha lasciato.” Forse, il metodo della nostra pedagogista sta tornando con forza nella sua ”culla”, lì dove era stato pensato, represso e censurato e che non era semplicemente finalizzato al bambino in sé e per sé ma al fanciullo inteso come padre dell’uomo: era destinato quindi alla costruzione di una società fondata sulla coesione e sulla pace e chissà se, senza impedimenti, avrebbe raggiunto l’obiettivo.