Viviamo in un mondo di ansie, in bilico fra ciò che dovremmo e non dovremmo essere, cercando di definire chi realmente siamo. Camminiamo su un filo e non siamo funamboli. Ci sbilanciamo, spesso perdiamo quasi l’equilibrio, tentenniamo sul nostro prossimo passo e solo allora ci focalizziamo sul momento. Solo quando sentiamo di stare per cadere giù, giù fino all’ignoto, allora sì: concentrazione per mantenere la posizione. Mento in avanti, sguardo fisso, non verso il basso, gambe flesse, braccia aperte, controlla il respiro. Controlla il respiro. Quando ci sembra di poter proseguire, avanziamo di un passo sofferto. Vorremmo correre incontro al nostro destino ed invece siamo lì, circondati da incertezza, bloccati dalla stessa nostra camminata lenta, molleggiata, flessuosa e al contempo agitata. Lo vediamo in lontanaza, questo destino di cui non riusciamo a definirne il contorno. Un futuro annebbiato, lontano, ma presente. Sappiamo che c’è, è lì dove il nostro filo si raggomitola su se stesso. Dev’essere per forza il nostro punto di arrivo. Ma quando ci arriveremo? E cosa troveremo? Questo senso d’inquietudine verso il domani, quando siamo così distratti da non vedere nemmeno l’oggi. Come se i giorni dovessero trascorrere, invece di viverli noi. Mai soddisfatti di chi siamo, di cosa abbiamo, di dove ci troviamo sul nostro percorso. Sempre impegnati a cercare risposte su chi saremo, cosa faremo e dove. È questo che ci frega. Siamo cresciuti con l’ambizione di sentirci completi solo dopo ‘esserci riusciti’. E ci dà fastidio quando non possiamo sapere esattamente in cosa dobbiamo riuscire, qual è il sentiero su cui possiamo rincorrere i nostri obiettivi. Ci sentiamo persi, frenati da noi stessi, dalle nostre domande e incertezze. Quale strada intraprendere? E a volte la pressione si fa più forte. Vedere gli altri impostare minuziosamente il loro futuro, vederli lanciati nelle loro decisioni e sicuri delle loro scelte. E noi ad un incrocio in cui non sappiamo dove girare, fermi, o così ci sembra, rispetto a tutto ciò che potremmo vivere. Come se sostassimo sornioni ad un verde appena scattato durante l’ora di punta, invece abbiamo solo il motore ingolfato, troppi giri, troppe ambizioni, troppe strade da intraprendere: tutte giuste o tutte sbagliate? Eppure, forse, l’unica cosa che stiamo sbagliando è il punto in cui posizioniamo lo zero. Il sistema di riferimento che adottiamo è troppo lontano da noi, dalla nostra realtà di tutti i giorni, dalle piccole scelte. Siamo troppo incentrati sul futuro che perdiamo la cognizione del presente. Ci spingiamo avanti, sperando di avvicinarci al gomitolo, oasi di tranquillità e completezza, ma così distratti non ascoltiamo le vibrazioni della fune. Perdiamo sensibilità e indeboliamo il nostro equilibrio. Sì, dobbiamo spostare lo zero, posizionarlo su di noi e seguire le x. E questa volta avanzare con calma non peserà come prima, diventerà un moto continuo, formato da passi tutti egualmente essenziali per la nostra riuscita. Ci sentiremo completi nell’atto e non in potenza. Le ambizioni ci completeranno durante il cammino, il gomitolo non distrarrà i nostri passi flessuosi, non perderemo l’equilibrio. Non scivoleremo giù, giù nell’incertezza e non avremo bisogno di ricordarci ‘mento in avanti, sguardo fisso, non verso il basso, gambe flesse, braccia aperte, controlla il respiro’. Controlla il respiro. Come se sostassimo col motore ingolfato, ad un verde, nell’ora di punta: troppi giri, troppe ambizioni, troppe strade e invece, sornioni, solo distratti dal paesaggio.
Accumulatori seriali di pensieri and Cogitanda25 ottobre 2017 Per cosa vuoi soffrire? Trova la tua strada, chiedendoti se ne vale la pena.