Ci sono casi, per la verità non troppo rari, in cui l’istinto e le sensazioni anticipano pensiero e ragionevolezza. E questo è uno di quei casi in cui io, ventiduenne iscritto, ma non militante del Partito Democratico, ho incominciato a detestare la politica del Movimento Cinque Stelle ben prima di capirne il motivo preciso. E cioè, che l’avvento dei pentastellati ha rappresentato, per la sinistra progressista, quello che Berlusconi aveva significato nel 1994: un’occasione perduta. L’occasione per la sinistra di vincere le elezioni e di governare l’Italia, e di attuare quelle riforme economiche, politiche, sociali e costituzionali che una larga maggioranza parlamentare le avrebbe permesso di approvare. Il partito di Berlusconi e quello di Grillo però non si somigliano affatto. Berlusconi è diventato quasi un moderato e Grillo ne ha ereditato la connotazione antipartitica tipica della metà degli anni novanta. L’ex Cavaliere ha abbandonato quella destra estrema che gli era servita, non troppo tempo fa e in una galassia vicina, a raggiungere Palazzo Chigi e, oggi che quella destra estrema germoglia e fiorisce sotto gli occhi di tutti all’interno del Movimento, un’alleanza tra questi ultimi e la Lega sembra persino più probabile di quanto non lo sia la prospettiva inverosimile, di mettere d’accordo Salvini e Berlusconi. Se nel 1994, il centrosinistra avrebbe forse potuto- con D’Alema al posto di un Occhetto che ne sapeva ancora e troppo di comunismo sovietico- evitare la sconfitta elettorale, nel 2013 la candidatura di Bersani appariva come naturale, inevitabile, e purtroppo, come la migliore tra le alternative possibili. Volgendo lo sguardo alla primavera del 2018, però, il problema è di diversa natura, se non altro perché duplice. Con quale sistema elettorale si andrà al voto? Quali sono le possibili alleanze? Ovviamente l’approccio con la seconda domanda dipende dalla risposta che verrà data alla prima, che è ancora incerta. Sembra comunque sempre più probabile che, anche per la presunta volontà del Presidente della Repubblica di ostacolare il partito di Grillo e Casaleggio, si andrà a votare con un sistema elettorale proporzionale puro, anzi purissimo, come non succedeva dal 1992. Ed in questo scenario, io, ventiduenne iscritto al Partito Democratico, credo che l’alternativa più auspicabile, nella speranza che i numeri lo consentano, sia quella di una alleanza post-voto del PD con la coalizione di centrodestra, al netto della Lega e di Fratelli d’Italia. Nel segno di un’esperienza di governo riformista e responsabilmente unitaria- anche se pur sempre guidata dal centrosinistra- e nella speranza che l’unico vero nemico potenzialmente mortale del Movimento Cinque Stelle, ossia il movimento stesso, possa porre fine, nei successivi cinque anni, all’esperienza grillina.