Quando gli venne detto che allenandosi costantemente sarebbe riuscito un giorno a qualificarsi alle olimpiadi, lui ci credette. Era ancora un bambino, ma decise di non saltare mai un allenamento per i successivi quattro anni. Aveva undici anni e realizzò il suo sogno. Alle Olimpiadi di Sidney 2000 divenne il più giovane atleta olimpico a battere un record mondiale. Quel giorno il mondo capì di avere di fronte a se un” bambino” prodigio. Quel bambino era Michael Phelps. Di lui sappiamo già molto. La sua incredibile dieta olimpica, le otto medaglie alle olimpiadi di Pechino 2008 che segnarono il record dell’atleta più medagliato in una sola sessione di Giochi, l’abbandono dell’agonismo, la guida in stato di ebrezza, le foto rubate mentre fuma uno spinello. Ma tre righe per descrivere una vita non sono sufficienti, soprattutto nel parlare del più grande nuotatore della storia. Michael Phelps è prima di tutto un uomo. Un uomo che in questi ultimi mesi ha costruito un nuovo se stesso, trovandosi faccia a faccia con una vita fatta non solo di cloro. La sua più grande forza è senza dubbio la volontà, che lo contraddistinse fin da piccolo.” If I want to do something, nothing will stand in my way” disse in un’intervista. Ryan Lochte lo definisce come il più grande “racer” del mondo del nuoto. Qualunque fosse la sua forma fisica, qualunque fosse lo status del suo allenamento, sul blocco di partenza Phelps gareggiava per vincere. Si allenava, macinava chilometri, ingeriva migliaia di calorie giornaliere e vinceva. Ma la storia non è così idilliaca. La passione per lo sport finì appena dopo Pechino. Portata a termine la missione impossibile Phelps perse gli stimoli. Iniziò a saltare gli allenamenti del venerdì fino a riprenderli solo il lunedì successivo. Tanti gli sforzi dei parenti, degli amici, dello stesso Bob Bowman, suo allenatore. Fu proprio Bob a creare la festa del venerdì, invitando gli amici di Michael in vasca per spingerlo ad allenarsi. Ma non è mai facile cambiare pelle, mai facile iniziare una nuova vita. Intanto i mesi passavano e le olimpiadi di Londra erano ormai alle porte. Poco prima dei trials olimpici, durante un allenamento, Bob e Michael litigarono. A poche settimane dai Giochi, Phelps non si allenó per dieci giorni. Eppure a Londra 2012 vinse ugualmente, pur con qualche delusione.Vero è che nei quattrocento metri misti arrivò solo quarto, il mancato allenamento si fece sentire nella gara di media distanza. Cento farfalla e duecento misti furono un successo, ma la più grande delusione per Michael furono i duecento farfalla, argento per soli cinque centesimi, secondo dopo Chad le Clos. E così Phelps decise di smettere, si guardò indietro e si disse soddisfatto dei suoi risultati. Iniziò una nuova vita, giocava a baseball e a poker, girava l’America, si riposava, si annoiava, vestiva i panni di un individuo normale. Ma Michael Phelps non sa essere un uomo normale. E quando promise ai suoi piccoli atleti di buttarsi in acqua per una prova tempi (aveva infatti iniziato ad allenare) Michael non ne volle più uscire. Una chiamata a Bob Bowman e tutto ricomincia. Solo che ricomincia nel modo sbagliato perché le sue abitudini di vita sono ormai sregolate. Beve, scommette, sperpera. Nell’aprile del 2014 viene fermato da un auto della polizia stradale. Il suo alcool test segna un livello di alcol 14 volte superiore al limite consentito. Phelps viene sospeso dalla federazione e impossibilitato a partecipare ai mondiali di Kazan. Mentre il mondo intero vocifera sulla cattiva pubblicità che il suo comportamento fa all’America, lui perde la voglia di vivere. Passa le giornate rannicchiato nel letto, timoroso di affrontare le conseguenze delle sue azioni. La famiglia, gli amici, la fidanzata, Bob si muovono per aiutarlo. Da qui nasce l’idea di una disintossicazione nel centro di recupero the Meadows. Quarantacinque giorni in cui Michael è cresciuto, ha imparato a controllare se stesso, a riconoscersi come uomo e non solo come l’atleta ultramedagliato più famoso del globo. L’ultima settimana viene permesso agli ospiti della struttura di invitare le famiglie. E Michael invita anche il padre, sempre assente e lontano. Un riavvicinamento commovente che svela il nuovo volto dell’atleta, pronto davvero a ricominciare. E oggi lo ritroviamo più in forma che mai. Consapevole di avere un’età che non gli permette di esagerare, controlla le ore di riposo, mangia correttamente, mantiene il suo equilibrio psicofisico. E pare che sia lì in agguato, come uno squalo dietro la preda, in attesa di mostrare al mondo un nuovo se stesso. Un Michael Phelps più maturo, più equilibrato e più forte. Sempre che sia possibile essere più forte di così.