“A qualcuno conviene togliere di mezzo un concorrente diretto e ad altri conviene danneggiare l’immagine del paese”: queste le parole del ministro dello Sport russo Vitali Mutko in merito alla possibile esclusione della Russia dalle Olimpiadi di Rio 2016 a seguito delle pesanti accuse mosse dalla WADA in merito a presunti doping di Stato. Il cerino gettato dalla WADA, l’Agenzia Mondiale Antidoping, rischia di far scoppiare un incendio gigantesco e già qualcuno parla di clima da “guerra fredda sportiva”, dopo che gli USA tramite il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, si sono ufficialmente schierati al fianco della WADA, non ritenendo che ci siano “motivi per mettere in dubbio i risultati dell’indagine della Wada”. Il Cremlino da parte sua si difende, definendo le accuse “infondate” e lo stesso Putin si è affrettato ad organizzare un incontro con i capi delle federazioni sportive russe, per fare il punto sullo stato di preparazione in vista dei prossimi giochi olimpici. Insomma la Russia, e il suo presidente, non hanno alcuna intenzione di farsi mettere alla porta, subendo così uno smacco che lederebbe non poco la figura vincente di un paese e del suo leader in questo momento, più che mai nell’ultimo decennio, al centro dell’attenzione mondiale per le recenti iniziative anti-terrorismo in Siria. Certo è che la fulminea caduta, figurativamente parlando, della testa di Grigory Rodchenkov, capo del laboratorio antidoping di Mosca, prontamente sostituito – come apprendiamo nelle ultime ore – da «uno specialista straniero» previa consultazione con la Wada, e l’immediata chiusura del laboratorio stesso, sembrano, se non un’ammissione di colpa, un tentativo di fare un po’ di pulizia in casa propria. Il dimissionario Grigory Rodchenkov sarebbe infatti accusato di aver occultato il doping, di estorcere soldi agli atleti e di aver distrutto 1417 campioni sospetti tramite agenti dell’ex KGB, ora FSB. La commissione della Wada aveva chiesto per lui il bando a vita. Il report accusa il direttore del laboratorio di Mosca di aver distrutto i test per evitare che l’inchiesta potesse scoprire la truffa. L’ordine sarebbe partito direttamente da Vitaly Mutko, ministro dello Sport. Non solo: alla periferia di Mosca è stato creato un laboratorio-ombra, dove i test venivano controllati prima che approdassero all’Antidoping ufficiale russo, cui ovviamente poi arrivavano solo gli esami che non presentavano anomalie, mentre nel frattempo gli atleti sospetti o positivi venivano avvertiti della loro situazione. Inoltre, durante l’Olimpiade di Sochi, membri dei Servizi Segreti russi si sono infiltrati nelle strutture antidoping per manipolare i risultati dei test degli atleti loro connazionali. Per questa ragione la Wada chiede la sospensione di 2 anni della Federazione russa di atletica da tutti i consessi mondiali e quindi di tutti gli atleti da ogni manifestazione, Olimpiade di Rio compresa. Chiesta anche la radiazione a vita di cinque atleti, tra cui i nomi più noti sono quelli dell’olimpionica degli 800 a Londra, Marya Savinova, e della terza di quella gara, Ekaterina Poistogova. Il terremoto però non dovrebbe fermarsi qui: infatti la WADA ha annunciato che entro un paio di mesi verrà pubblicato un altro rapporto che coinvolgerà questa volta l’Etiopia, patria di grandi maratoneti, Turchia e Kenya. Sono aperte le scommesse su quanti paesi arriveranno a Rio 2016.
Mondo Sport and Sport13 novembre 2015 WADA: tsunami sull’atletica russa La WADA minaccia la sospensione dell'atletica russa in seguito a presunti doping di Stato
Attualità and International27 settembre 2015 Caccia russi in Siria: lotta al terrorismo o Guerra fredda?
Attualità and International14 marzo 2015 Dadaev ritratta la confessione generando il caos degli 007 russi