Simone Di Blasio – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Thu, 15 Feb 2018 11:32:48 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png Simone Di Blasio – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Rem http://www.360giornaleluiss.it/rem/ Mon, 12 Feb 2018 09:30:49 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9183 Sono le due di notte. E per adesso, sono due solstizi interi che volgono al termine. Adagio come il mio solito fare notturno, metto giù la penna e chiudo gli occhiali, contestualmente al diario. Ancora ricordo il giorno in cui l’ho comprato. Un diario nero, con un ghoul disegnato sulla copertina e degli schizzi d’inchiostro

The post Rem appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Sono le due di notte. E per adesso, sono due solstizi interi che volgono al termine.
Adagio come il mio solito fare notturno, metto giù la penna e chiudo gli occhiali, contestualmente al diario. Ancora ricordo il giorno in cui l’ho comprato. Un diario nero, con un ghoul disegnato sulla copertina e degli schizzi d’inchiostro sul retro. Un po’ come fosse lo spirito dei miei sogni, la parte concreta delle immagini surreali che si costruiscono sotto le ciglia.

Alzandomi in piedi, mi accorgo di quanto freddo il mio corpo sia diventato stando a contatto col gelo secco della stanza. La stanchezza inizia a far tremare gli occhi che ruotando iniziano a chiamare il divano bianco latte. Mi siedo accanto ad una macchia nera della stessa penna con cui scrissi la sera prima, ed osservandola mi resi conto che anche stanotte le iridi dietro le palpebre mi avrebbero raccontato di nuovo.

Questa volta l’atmosfera è diversa. Tira vento, ma non sento freddo. Mi trovo sul marciapiede di una piazza raccogliendo un accendino giallo, giallo come un girasole. Mi tiro su per sciogliere il nesso tra i piedi e il marmo, e lentamente le mie dita iniziano a prendere fuoco. Lì il dubbio si fa più forte. Vorrei chiedere aiuto, ma non saprei da che lato girarmi. È dietro di me che ho lasciato il presente? O è proprio davanti a me che devo riprendere il mio passato?

Dietro le quinte del reale
Le colonne che reggono il palazzo alla mia sinistra iniziano a sfaldarsi. Macigni rossi iniziano a cadere sui miei piedi, e le dita cominciano a sentire l’aspro del calcestruzzo. Ansimo. Respiro talmente affannoso che qualcuno dietro di me riesce a sentirmi. Poggia le sue dita sulla mia spalla, ticchettandole ripetutamente sulla mia pelle. Sembra volermi dare una mano, ma quelle dita premono su di me più forte dell’acciaio, come se quella stessa mano si fosse poggiata sulla mia spalla non per aiutarmi, ma per spingermi più in fondo.

È ancora notte. I lampioni non cessano di lampeggiare, la luna non cessa di brillare, ed all’ultimo ticchettio di dita, i miei occhi si spalancano ad osservare una sagoma bianca a qualche metro da quella che potenzialmente potrebbe diventare la mia tomba. Ma è proprio quella luce che mi permette di definire questo “potenziale”. Rinvigorisco. Sono pronto a ribattere, e reagisco scuotendo il braccio dove si era posata la mano di ferro.

È in questo momento che mi risveglio.
Sono io. Padrone di me stesso e del mio corpo. Così padrone da riuscirlo ad osservare sdraiato sul divano, mentre sogna ed io, un’anima fantasma talmente leggera, fluttuo in un’aria color turchese.
Vorrei sorridere. Vorrei urlare al mondo la mia leggerezza. Vorrei gridare al mio cuore che la scelta è proprio davanti ai miei occhi, ma l’emozione inizia a crollare al rumore dei miei stessi denti che stridono.

La paura di fallire anche stavolta spegne le fiamme delle mie dita, toglie l’asfalto dai miei piedi, inizia a farmi sentire il morbido del cuscino dove mi ero addormentato.
Sono le due e cinque di notte. E per adesso, un altro sogno è giunto al termine, un altro solstizio sta iniziando.

The post Rem appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9183
Diario di un poeta http://www.360giornaleluiss.it/diario-un-poeta/ Tue, 28 Nov 2017 11:18:35 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9061 Lunedì, mattina. Torno a percorrere la più scoscesa delle strade. Quella ghiacciata di foglie ed arbusti, dove l’immobile si rende mutevole, in una brezza autunnale da star male. Uno scalino in più non farebbe la differenza, se non fosse per una fastidiosa claustrofobia di quei colori grigi e quadrati dell’ascensore. Mi tremano le dita al

The post Diario di un poeta appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>

Lunedì, mattina.
Torno a percorrere la più scoscesa delle strade. Quella ghiacciata di foglie ed arbusti, dove l’immobile si rende mutevole, in una brezza autunnale da star male. Uno scalino in più non farebbe la differenza, se non fosse per una fastidiosa claustrofobia di quei colori grigi e quadrati dell’ascensore.
Mi tremano le dita al solo pensiero che un altro passo potrebbe farmi battere il cuore più veloce, non tanto quanto la fatica, ma tanto quanto il sapere che, a breve, i suoi occhi si poseranno su di me. Un tremore che avrebbe potuto sentire rigido lungo la schiena solamente un qualcuno con i miei stessi passi, le mie stesse dita, le stesse speranze, quelle giovani, quella paura di potersi fidare della natura, quella voglia di mutare il sentimento, senza dover mai mutare il viso. Poiché, giorno dopo giorno, i piedi si fanno pesanti, gli occhi flebili, la voce lieve ed anche una stagione primaverile, una distanza di centinaia d’anni, saprebbe capire che non c’è differenza.
Le sedie in legno sembrano riscaldare il cuore, nell’attesa che quel profumo possa raggiungere le labbra del mio respiro.

 

Lunedì, sera.
Quella voce che mi chiama sembra risuonare più forte, ed ecco che riesco ad aprire gli occhi in una radura d’incertezze. Le immagini sono sempre le stesse. Un cappello di lana, una sciarpa, un paio di guanti, poggiati sulla scrivania nell’attesa che qualche fiocco di neve cada dai miei polsi.
I nervi si tengono sempre meno in piedi. Il freddo li rende immobili, quasi vogliosi di cadere giù per farmi gridare, tra una parola imprigionata in una lingua mortale, per mostrarmi che al di là del velo si nascondono delle piogge di un maggio ormai troppo lontano.
E proprio nel momento in cui non sono più in grado di pensare, tendo le mani al camino, vicino al tavolino, cercando di prendere carta e penna, ma le sue mani erano sempre lì pronte ad accarezzarmi. I suoi capelli, lunghi e ricci, sempre lì ad abbracciarmi, le sue ciglia sempre lì ad asciugare il mio sconforto, le sue labbra poggiarsi sulla mia fronte.
La frustrazione dilaga. Il mio tumore inizia a spandersi sul petto, e le lacrime si fermano ad osservare il cielo.
Mi chiedo se ormai scrivere quella lettera possa risolvere il mio enigma. Mi chiedo se quelle parole sappiano curare questo cambiamento. Mi chiedo se, adesso che la lettera è stata spedita, i miei occhi sapranno ritrovare quelle stelle.

 

Martedì, mattina.
Tra le domande che continuano a pungere la mia testa, ne rimane una che, toccando il fondo, mi spinge verso il basso.
Continuo a scrivere chilometri d’inchiostro tentando di trovare il significato più profondo di un’anima dubbiosa e graffiata, come se questo approccio biografico avesse smesso di esistere per un senso preciso. È stato il mio fare solitario a ridurmi così? Il mio atteggiamento distaccato?
Eppure, più quella domanda mi spinge verso il basso, più ricordo quanto il vento della domenica mattina avesse un sapore così pieno. Ricordo di come le certezze dipingevano questa voglia di felicità che ci spingeva a guardarci, senza pensieri, senza malintesi. Erano le sue risate, i suoi sorrisi, il suo fare disinvolto. Erano milioni e milioni di piccoli atti che mi hanno reso folle. Tanto folle, tanto frustrato, quanto gioioso di poter fiorire nella meno aspettata delle stagioni.
E continuo a chiedermi come faccia questa testa ad aver quasi raggiunto il pavimento, come facciano queste lacrime amare ad essersi trasformate in sorrisi.
Ma forse, pur consumando tutto l’inchiostro del mondo, non saprò mai rispondere a domande così complesse. Perché, tra domande così complicate, il mio cuore saprebbe solamente volere come risposta la sua voce.
La gioia nelle sue labbra.
La pace nei suoi occhi

The post Diario di un poeta appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
9061
Paralisi http://www.360giornaleluiss.it/paralisi/ Sun, 24 Sep 2017 15:55:30 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8867 La sensazione è la stessa di qualche giorno fa. La stessa di qualche settimana, forse mese, se non di qualche anno fa. Ma forse poco importa. Poco importa il tempo nel momento in cui ho solamente un paio d’occhi coperti di nebbia. Come se l’aria che in questo momento sto respirando, si fosse resa densa.

The post Paralisi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
La sensazione è la stessa di qualche giorno fa. La stessa di qualche settimana, forse mese, se non di qualche anno fa. Ma forse poco importa.

Poco importa il tempo nel momento in cui ho solamente un paio d’occhi coperti di nebbia. Come se l’aria che in questo momento sto respirando, si fosse resa densa. Posso toccare granelli di ossigeno con delle mani dissolte nei secondi che scorrono, posso afferrare manciate di sabbia trasportata dal vento, in questo deserto di sospiri.

La sensazione è la stessa dell’ultima volta in cui piansi, eccezion fatta per le lacrime, che non scendono più. È quella situazione in cui un nodo alla gola sembra carpire le vocali dalle frasi, le consonanti dalle parole, i polmoni dal mio petto. È quell’emozione che si prova nel momento in cui lo sguardo si fa meno nitido, e spostatosi dal paesaggio azzurro del cielo, cade in basso atterrito a fissare l’asfalto sotto i miei piedi, ad uno stato quasi liquido da poterci annegare.
Osservo a pochi centimetri, intorno al mio campo visivo e non vedo altro che radure spinose di edifici abbandonati. Una ringhiera divide la strada sotto la suola delle mie scarpe e un bosco verde, rigoglioso di dubbi e domande.

Io sono lì, lì nel mezzo ad attendere qualche caro amico che possa passarmi un testimone. Ma quanto tempo è passato? Sono io, sono proprio io ad essermi congelato in me stesso? Paralizzato, come in un sogno lucido, cerco di dimenarmi, per avvicinarmi alla ringhiera, ma il corpo non risponde. Ho perso ogni briciolo di mentalità, di capacità, ho perso la voglia di creare, di poter inventare una scorciatoia, fuggire.

Incomincio a gridare, ma la voce si fa fioca, le palpebre affievoliscono, ed una folata di vento spettina i miei capelli. Immagino me stesso in piedi, sotto un sole cocente, uno sfondo western, una sfida tra me e la vita. Gocce di sudore cocenti grondano dalla fronte, raggiungono labbra

Chiudo gli occhi. Muovo una gamba ed il piede avanza in queste sabbie mobili d’acciaio. L’aria è pesante come il cemento. Decido di non mollare, ma non riesco. Non riesco a reagire. Ed è lì che il piede affonda. Cado per terra, ed atterrito innalzo gli occhi al cielo, per una pietà irraggiungibile. Inizio a vedere le sagome di chi ho abbandonato, pensando di poter riuscire, con le mie forze, a raggiungere quel bosco di quesiti immobili.

Mentre annego sorrido, fingendo di poter piangere, guardando un’ultima volta quel manto reso nebbioso semplicemente da uno spiraglio di scelte sbagliate. Ma sorrido. Sorrido finché l’asfalto non abbia finito completamente di ingoiare le mie risate, perché la paralisi, ormai finita, porta via con sé la pesantezza di questi respiri.
E naufragando, inizio ad accettare questa voglia di poter ricominciare da capo. Di poter sbagliare di meno, di poter dire la cosa al momento giusto, per non masticare più amaro, ma dolce. La sensazione è diversa. Ho un corpo che cambia, una mente che cambia.

Getto fuori l’ultimo respiro chiudendo gli occhi, e riaprendoli intravedo la via giusta. Il sentimento è diverso, l’emozione è cambiata, e per quanto questo possa essere sempre l’io che conoscevo, sono pronto al cambiamento che ho voluto.
A ciò in cui mai ho creduto. A ciò in cui ho sempre sperato.
Perché è da zero. Perché è da qui che io ora voglio ricominciare.

The post Paralisi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
8867
Ciò che rimane http://www.360giornaleluiss.it/cio-che-rimane/ Thu, 20 Jul 2017 09:16:24 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8735 Ed è così che il nostro spirito torna indietro. Torna indietro a percorrere quelle distese che tanto amammo. Distese di verde, spighe di grano, grandi pini, arbusti, cespugli di more dolci, quelli di lamponi. Al cielo limpido, mentre passavamo dentro boschi, foreste, a rincorrere un obiettivo talmente infantile da riderci su. La terra dove siamo

The post Ciò che rimane appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Ed è così che il nostro spirito torna indietro. Torna indietro a percorrere quelle distese che tanto amammo. Distese di verde, spighe di grano, grandi pini, arbusti, cespugli di more dolci, quelli di lamponi. Al cielo limpido, mentre passavamo dentro boschi, foreste, a rincorrere un obiettivo talmente infantile da riderci su.

La terra dove siamo cresciuti, i prati dove ci siamo sdraiati. Le strade dove abbiamo corso, riso, giocato, pianto.
Ed ora? Cosa ne è di tutto questo?
Beh, troppi quesiti per troppe poche risposte. Cosa vedo ora? Cenere.

Distese di verde che han tramutato il loro colore in grigio. Alberi spogli, alberi spenti, alberi abbattuti da bagliori, fiamme.
Le grida, la paura della famiglia di quella tal specie ormai estinta. Un fuoco talmente imponente, la brace.
Come un cuor ardente, un ghigno si è acceso.

Per così tanto tempo ho amato, abbiamo amato la nostra terra. Quella terra dove fin da piccoli ritrovavamo il nostro piacere. Tra due sgambate, una bicicletta, un cappellino per coprirci dal sole. Quella piccola casina sempre pronta a fornirci dei gelati. I maratoneti in corsa, gli insetti, i gatti.
Tante di quelle cose che ormai non esistono più, sono morte in un pomeriggio.

Ed è proprio così che siamo tornati indietro. Troppo ingenui per lodare la nostra intelligenza superiore a qualunque altra su questo pianeta. Troppo furbi per poter dar a vedere quanto siam capaci di controllare i nostri pensieri per orribili scopi tramite il nostro corpo.

Uno spirito troppo omicida per poter pensare a cosa potremmo mai provare se fossimo noi quelle tartarughe delle quali rimane solamente il carapace.
Uno spirito logorato dalla trascuratezza, uno spirito logorato dall’ignoranza.

Eppure siamo noi ad esserci evoluti, da quando i fuochi venivano appiccati per sbaglio da qualche nostro avo, una o due torce spente su foglie incolte.
Eppure siamo noi a volerci bene. Siamo noi a voler del bene. È il nostro corpo che ci spinge ad evitare catastrofi.
Cosa ci è successo? Cos’è che non è andato? Cosa ci ha cambiati?

The post Ciò che rimane appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
8735
Si vince al cuore solo perdendo http://www.360giornaleluiss.it/si-vince-al-cuore-solo-perdendo/ Wed, 01 Mar 2017 15:29:01 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8209 Sapete, stavolta ho intenzione di ricominciare. Ho sempre con me lo stesso inchiostro, sempre la stessa punta bronzea della stessa penna. Il taccuino, la carta gialla come il grano misto ad una manciata di sole. Le righe che si perdono in uno spazio che termina su un punto macchiato d’amaro. Sembra quasi ambra il colore

The post Si vince al cuore solo perdendo appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Sapete, stavolta ho intenzione di ricominciare. Ho sempre con me lo stesso inchiostro, sempre la stessa punta bronzea della stessa penna. Il taccuino, la carta gialla come il grano misto ad una manciata di sole. Le righe che si perdono in uno spazio che termina su un punto macchiato d’amaro. Sembra quasi ambra il colore di queste lettere che, sganciandosi dalle parole, formano un campo semantico ricco d’ un’ispirazione così soffice, come cadere su petali di brina in una giornata bianca come la neve.

Ed è proprio il bianco il primo colore che ho trovato nel suo volto. Bianco. Bianco come il latte, bianco come la tovaglia di una tavola imbandita, come quegli spazi che dividevano il mio sentimento dai suoi occhi. Bianco come la purezza, la purezza di qualche sguardo rubato, qualche occhiata più rapida di un fascio di particelle.

Quel giorno, seppur freddo, la sua anima emanava di un blu così radioso, così elettrico da folgorare il ghiaccio sulle strade, portando la serenità del mare che bacia il cielo su quella fine linea d’orizzonte.

Sapete, stavolta ho intenzione di dirvi più di quanto voi già non sappiate. Vorrei trovar la combinazione giusta di termini per esprimere quella passione che scorre nella sua melodia. Un’armonia ludica che gioca sulle corde della sua voce. Quella voce. Quella voce, sapete, è ciò che da tempo ho aspettato, come fosse la mezzanotte del giorno di natale.

Ho in mente i suoi occhi lignei, come fosse una combinazione sublime tra la dolcezza di un pianoforte che accompagna quell’onda del violino. Non ho mai voluto nulla di più di quegli occhi. Forse, mai quanto adesso il ricordo di quel passo indeciso echeggia con quel ticchettio sul contorno del mio cuore.

Sapete, non è facile spiegarvi come uscirne, ma forse è proprio qui che il gioco prende il sopravvento sulle scelte rischiose. Scommettere sul gioco dei sentimenti, dare il tutto per tutto semplicemente per sentir il cuore battere un pizzico più rapidamente, per poter sentirsi cullare dalle sue braccia.
In questo momento, sono l’esempio del limbo delle emozioni, quel punto d’incontro tra passato e futuro, quel punto d’incontro tra il restare ed il fuggire, tra la speranza e lo scetticismo, tra il dovere ed il piacere.

Eppure, sapete, questa è la volontà, la volontà di ottenere un sentimento più forte. Non la volontà di averla vinta, ma la volontà di poter essere vinti dall’unica persona che vincendo, può non farci perdere.

Ed io sono qui, a guardarla da lontano, trovando il suo riflesso in qualche altra galassia, gridandole di aver perso al gioco, ma di aver vinto nel suo cuore.

The post Si vince al cuore solo perdendo appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
8209
Il quarto tempo http://www.360giornaleluiss.it/il-quarto-tempo/ Wed, 25 Jan 2017 08:30:38 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8014 Siamo tanto abituati a vivere il presente in modo frenetico che non ci accorgiamo di nulla. Ogni piccolo attimo prezioso riflette quello specchio che nasconde il velo fitto tra il “qui ed ora” ed il passato. Il nostro modo di comunicare, di pensare, è una conseguenza delle azioni che in passato ci hanno formato, sia

The post Il quarto tempo appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Siamo tanto abituati a vivere il presente in modo frenetico che non ci accorgiamo di nulla. Ogni piccolo attimo prezioso riflette quello specchio che nasconde il velo fitto tra il “qui ed ora” ed il passato.

Il nostro modo di comunicare, di pensare, è una conseguenza delle azioni che in passato ci hanno formato, sia nel bene che nel male.
Prendete ad esempio un inverno freddo di un’infanzia vissuta, dentro la casa, davanti ad un caminetto ad attendere il calore del fuoco con le mani che rapidamente si sfregano. E tra una zolletta di calore e l’altra, sentire le voci dei propri genitori in cucina mentre parlano, mentre chiacchierano con altri parenti, mentre ascoltano la radio.
Prendete ad esempio un’estate calda vissuta al mare durante un’infanzia passata, tra una manciata di onde e granelli di sabbia che s’infrangono nell’insieme sul petto. Un sole talmente cocente da poter fondere la sabbia in vetro, così impegnati, tra una risata e l’altra, da non potersi accorgere di quanto la nostra pelle cambi all’interno di quei raggi.

Sono formazioni che lentamente mutano nel corso della vita. Il nostro passato è il nostro presente. Il nostro futuro sarà solamente un altro passato ricco e colmo di tante di quei mattoni che costruiscono un muro, il nostro carattere, la nostra personalità.

Non c’è da stupirsi se il modo di pensare pessimista è presente in diversi individui più che in altri. È la ricorrenza degli eventi a renderci chiusi, a rendere quei pensieri una frequenza macabra in cui tutto il presente debba mostrarsi una coltre di nebbia fitta. Ciò che è passato è presente.
Prendete ad esempio l’inverno scorso, davanti ad un caminetto freddo, in cui quelle zollette di calore si tramutano in zolle di ghiaccio tra le dita. Una situazione in cui non riuscireste a sentire altro se non i toni freddi che compongono la parole dei propri genitori. Il silenzio. Il silenzio del tempo che ha logorato le chiacchiere di qualche anno prima, eppure, è passato così poco tempo.
Prendete ad esempio l’estate scorsa, tra un vento muto, un mare gelido, un sole infinitamente contorto e pallido. Talmente impegnati nella propria solitudine da contare ogni secondo passati ad osservare distese immerse nel vuoto, paesaggi pieni di caratteristiche così invisibili da non poter avere la forza di sorridere.

Tanto può fare una decina d’anni quanto può fare un singolo anno. Una decina d’anni forma il carattere, un anno forma il modo di pensare continuamente influenzato da ripercussioni. Che possa essere uno stato d’animo sbagliato, uno corretto, una semplice citazione, una legge (esempio di Murphy), una canzone, una persona.

Prendete ad esempio una persona. Inevitabilmente, quando leggerete le parole “una persona”, visualizzerete immediatamente quella persona che, in un modo o nell’altro, continua ad influenzare il perenne presente, perché è vissuta nel nostro passato, e sta vivendo nel nostro futuro. Che possa rappresentare gratitudine, beatitudine, frustrazione, dolore.
Il ciclo continuo dei tre tempi si basa su grafici con picchi, alti o bassi che siano, ma sappiamo bene che questi fantasmi sono proprio lì, sotto la nostra ombra.

Prendete ad esempio, ora come ora, il presente che passate a controllare il futuro, senza compiere gli stessi errori del passato. Sapreste mai definire lo stato d’animo della ricerca continua del benessere? Sapreste, nel “qui ed ora”, cercare la risposta giusta? La gomma per il passato? La matita per il futuro?

The post Il quarto tempo appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
8014
Ciò che inizia risiede in noi http://www.360giornaleluiss.it/cio-che-inizia-risiede-in-noi/ Thu, 05 Jan 2017 18:37:49 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7915 Ormai avevo da tempo dimenticato cosa volesse dire sentirsi felici. Sentirsi parte di un qualcosa di esistente, sentirsi vivo. Vivo. Ardere di vita, brulicare voglia, produrre passione. Vita. Vita. Vita. Un gioco di colori, ossessioni, verità nascoste e mai svelate. Un gioco di parole, un gioco di fuochi, d’acqua, di follie, di sorrisi, di lacrime,

The post Ciò che inizia risiede in noi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Ormai avevo da tempo dimenticato cosa volesse dire sentirsi felici. Sentirsi parte di un qualcosa di esistente, sentirsi vivo. Vivo.
Ardere di vita, brulicare voglia, produrre passione.
Vita. Vita. Vita.

Un gioco di colori, ossessioni, verità nascoste e mai svelate. Un gioco di parole, un gioco di fuochi, d’acqua, di follie, di sorrisi, di lacrime, di scie di stelle velate dalle nuvole bianche.
Avevo da tempo rimosso quella mia voglia di trarre a me ciò che longevo svaniva in un diaframmatico soffio intenso, ma allo stesso tempo debole e fiacco.

Ho trovato quella ragione, quella piccola ragione che è riuscita a trasformare quelle mie grigie lacrime inespressive in qualcosa di luminoso, in qualcosa di indissolubile, di eterno. Ho trovato quella ragione per cui i raggi di sole risvegliano le mie palpebre nella brina mattutina; la ragion per cui ogni notte osservo imperterrito le stelle, quel fascio di lumi, di intensità collocate in modo sparso nel cielo notturno.

Fortuito trovai la scia di lumi dei tuoi passi, quei passi che ancora descrivono il mio passaggio dal terreno al sublunare. Passi che con fatica seguo, con fatica, con voglia, con aggressività.
Una strada piacevolmente in salita, non scoscesa, in terriccio rosso, bruciante i miei piedi di sangue.

Ma stolto pensando al nulla, dinanzi a me ritrovai gli occhi di quell’essenza divinamente splendida e magicamente impossibile. Quegli occhi così espressivi, scrutatori, felici del poter essere vivi. Lacrimanti, sorridenti, spensierati, riflessivi. Gli occhi di cui mi sono innamorato. Il suo sguardo, il suo corpo, le sue labbra, il suo profumo, i suoi capelli.

Stolto ancora, pensai di poter richiamare quello che una volta andò inevitabilmente perduto. Pensai di poter ricreare la mia atmosfera, la nostra atmosfera che riuscimmo a creare tempo fa sulla collina di un parco, tra l’erba rigogliosa di un campo incolto, tra le chiacchiere, gli sguardi al velo nero, le occhiate imbarazzate, la voglia di baciarla, la voglia di poggiare le mie labbra sulle sue morbide, le sue labbra di velluto.

La voglia che dentro di me ardeva, la voglia che bruciava, la voglia di poter toccare e carezzare la sua pelle, la sua pelle così candida, così compatta e morbida. Quella voglia che ancor’oggi mi porta alla follia più pura. La voglia matta di poterla stringere al mio petto mentre chiude i suoi occhi, mentre sento sussurrare all’orecchio le parole più dolci che io abbia mai potuto udire.
Il suo sorriso, le sue risate, i suoi modi di dire. Quanto avrei voluto baciare fin da subito quelle ciliegie, appena colte, appena curate. Quanto vorrei aver concluso quell’insolito abbraccio mattutino, quell’abbraccio che ci teneva vicine le guance. Il suo abbraccio. Il mio raggio. La mia luce.

E forse questa è la realtà che da sempre ho sperato di poter vivere in prima persona. Una realtà innovata, rinnovata, con la voglia continua di stupire e di andare avanti. Una volontà che scorre con i flussi contemporanei, contemporaneamente.
Ormai da tempo avevo dimenticato cosa significasse voler sacrificare il proprio tempo per qualcuno. Di sentire di poter vendere la propria anima a chiunque pur di proteggere la vita di quel qualcuno. Di potersi sentire responsabile delle azioni commesse, delle azioni mai commesse. Delle frasi, bugie, promesse.

Avevo ormai da tempo rimosso il significato dei sorrisi. Sorrisi come avventure, come azioni. Sorrisi come esperienze, come continue esperienze. Sorrisi come vita. La vita come ciclo infinito di emozioni, dalle lacrime del lutto ai sorrisi di nascita. La vita come sapere personale di poter amare liberamente. Di poterla amare liberamente. Di poter amare lei, lei e solo lei senza alcun vincolo.

Lei. Solo lei. L’amore che mi ha permesso di non piangere per il negativo. L’amore che io amo. L’amore che mi cura, mi rifocilla. L’amore che chiunque conosce come protezione, come un susseguirsi continuo di emozioni. Solo lei, lei con me, nel suo, nel mio letto. Io e lei.
Io e lei.
Quello che siamo, che dall’inizio siamo sempre stati.

The post Ciò che inizia risiede in noi appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
7915
Una routine eccezionale http://www.360giornaleluiss.it/una-routine-eccezionale/ Wed, 21 Dec 2016 19:10:47 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7840 Entro, chiudo la porta da routine. Controllo le luci, è tutto spento. Nulla che si riaccenda, è un blackout continuo. Poso le chiavi sul comodino come se posassi la mia penna. Osservo intorno a me, buio. È una tra le camminate più lunghe, eppure sono solo pochi passi che mi dividono dalle scale. Pochi passi,

The post Una routine eccezionale appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Entro, chiudo la porta da routine. Controllo le luci, è tutto spento. Nulla che si riaccenda, è un blackout continuo. Poso le chiavi sul comodino come se posassi la mia penna. Osservo intorno a me, buio. È una tra le camminate più lunghe, eppure sono solo pochi passi che mi dividono dalle scale. Pochi passi, passi lenti e fervidi, come se ogni volta che toccassi il pavimento i miei piedi si incollassero al suolo. È una ruota continua, che gira nello stesso senso, cambiando sempre direzione. Le scale sono lì vicine, eppure riesco a sentire la pesantezza del granito sulle piante. Porto lo sguardo verso lo scalino successivo, poi quello dopo, e quello dopo ancora. Dieci gradini, che diventano diciassette senza che neanche io me ne accorga. Sono di sopra. Guardo giù un’ultima volta e sorrido. Sono a casa.

Cinque passi, levo la giacca talmente fredda che saprebbe congelare un’intera stagione. La mia stanza sembra ricoperta di foglie secche per quanto chiusa, e riesco a sentirne l’odore. Un odore di polvere che si mischia al terriccio sotto le scarpe. Le tolgo, non vorrei mai macchiare il tappeto. Nelle tasche ho l’essenziale, una penna, un telefono, un portafogli e tanta voglia di chiudere gli occhi. Tolgo la felpa, la maglietta, la cinta stringente, i pantaloni. Il pigiama sembra caldo solamente a guardarlo un secondo di più. Ma ciò che non manca mai, a quest’ora ormai passata, è la voglia di assopirmi.

I sogni danneggiano la mia realtà, perché dovrei dunque addormentarmi? È tutto così naturale, tutto così continuo, perpetuo, tutto così grigio, come una linea di una matita non temperata. Solo a parlarne, mi viene in mente l’acciaio del temperamatite.

È freddo. Quasi quanto la giacca.
Mi sdraio sul letto, ma il momento non arriva mai. Accanto a me, sul comodino, giace il mio orologio. No, stasera non l’ho messo. Non avrei mai voluto contare i secondi di ogni lacrima buttata, sarebbe stato solamente più scoraggiante. La sveglia è ferma. Il tempo si è ghiacciato.
È freddo, quasi quanto quel temperamatite.

Gli occhi parlano di niente, ma non si mischiano al grigio di quella polvere così inodore. I sogni bussano sulle tempie, sempre più forte, come un trapano.
Ma stanotte non entreranno, perché la mente oggi è di per sé l’organo grigio. Le labbra si seccano insieme al cartaceo della stanza.
Sono fredde.

Le orecchie sorde continuano a sentire uno spiffero d’aria che proviene da un nulla che mai ho scoperto.
Insensibile, quasi quanto le mie labbra.
La paralisi del mio corpo giace su un lenzuolo pulito, talmente pulito che ha perso ogni odore, ogni sapore. Sento la staticità scorrermi nelle vene al posto del sangue. È troppo rosso, definirebbe un lato di me che non esiste più. L’apatia continua a farsi sentire nel mio petto, ma è silente, quasi quanto la notte che cala sulle finestre. Gli occhi pesano, ma non riescono a staccare lo sguardo da quella penna. L’inchiostro è nero, nero quanto la pece, e richiama alla mente dei carboni bruciati.
Caldi, come quei passi. Caldi come il polso che afferra la penna.

Ma ormai non ha importanza, non ha importanza continuare a pensare, perché ogni pensiero mi porta a ricordare qualche sogno, qualche desiderio represso, qualche visione che non ha mai fatto parte veramente della mia testa.
Gli occhi sono macigni, si piegano alle macerie e ai resti di quel flusso rimbombante nella mia testa. Continuano a chiamare, ma con fatica riesco a rispondere.
Non voglio.

È un cammino troppo faticoso, un percorso troppo impetuoso. Troppo forte per descriverne la potenza, troppo taciturno per descriverne il silenzio.
Ma quella piccola parte di me continua a voler rispondere. E più vuol rispondere e più gli occhi piangono. Non riesco a volere. Non riesco a voler rispondere. Forse perché semplicemente non ho risposte. Forse sono talmente grigio che non sento le domande, qualche voce.
Eppure echeggia ancora dentro di me ancora quel suono che trapassa le onde sorde dei miei timpani.

Ci sono.
Chiudo gli occhi.
Tutto finisce.
Tutto comincia.

The post Una routine eccezionale appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
7840
Penna di carta http://www.360giornaleluiss.it/penna-di-carta/ Wed, 07 Dec 2016 19:28:19 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7783 Alla fine, il punto di ritrovo dei suoi così infantili ragionamenti è sempre lo stesso. Un taccuino giallo, un pezzo di carta di un valore commerciale superfluo ed iniquo, un pezzo di carta talmente vuoto da poterlo riempire con l’intero universo, rendendolo talmente pieno da potervi porre una mano e sentirne la completezza. Il poter

The post Penna di carta appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Alla fine, il punto di ritrovo dei suoi così infantili ragionamenti è sempre lo stesso. Un taccuino giallo, un pezzo di carta di un valore commerciale superfluo ed iniquo, un pezzo di carta talmente vuoto da poterlo riempire con l’intero universo, rendendolo talmente pieno da potervi porre una mano e sentirne la completezza.

Il poter toccare ed accarezzare tante righe lisce gli conferisce un senso di morbidezza rilassante. Talmente rilassante, quasi da poter assopire gli occhi sbarrati di vampiri, gufi; da poter spegnere la luminosità intensa delle lucciole in una distesa di campagna.
E tutto ciò parte da una semplice riga riempita e farcita con inchiostro che intona le nostre iniziali incise con una forza pungente, quasi debole, ma profonda, rapida, ma leggera.

Nel descrivere le sue stelle, egli rispecchia gli occhi di lei e non se ne dà spiegazione logica. Il reale ed il surreale: il fisico si incarna nel metafisico lasciando mortali tracce che incomparabilmente tentano di ascendere alle tracce celesti della realtà lunare.
Ma questo, tutto questo non ha bisogno di parole, non ha bisogno di concetti o di fisicità astratte. Tutto questo ha bisogno di gesti. Tutto questo ha bisogno di mani che lievemente si toccano tra di loro, di braccia che si stringono, di corpi che entrano in contatto.
Di labbra che si guardano.
Di occhi che si affascinano.
Di caratteri che si affezionano.

L’uno, in difesa dell’altro, tende un sorriso per trasmettere la realtà vera che si nasconde dietro un’ipotetica dimensione onirica, frutto del desiderio di entrambi.
Un sogno all’interno di un sogno, una realtà all’interno del reale, un vero all’interno della verità stessa.
E lei, con quegli occhi talmente profondi da non poterne immaginare minimamente il fondale. Quel sorriso così lucente. Quelle guance a mo’ di cuscino. Tutto ciò lo faceva impazzire, ma lui perseverava.
Continuava ogni sera a scrivere, con inchiostro che pian piano fluiva al posto del sangue. Andava avanti senza tradire mai le sue emozioni e con rispetto, fiducia, onore alle sue parole, riusciva a svuotare la sua voglia frustrata di poterla baciare su un letto rosso come le sue labbra.

Lei, il suo passo lento, il suo modo di passare indifferentemente indisturbata dinanzi gli occhi dei coetanei. Così incosciente di tutto. Della sua bellezza, della sua brillantezza.
Lui, con la sua penna in mano riempita col suo stesso sangue, con il suo solito zaino e la sua solita immaginazione, che lo portavano verso il suo obiettivo, quello di innamorarsi della ragazza di cui avrebbe potuto parlare solo tramite carta e penna.

The post Penna di carta appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
7783
Inchiostro d’autore http://www.360giornaleluiss.it/inchiostro-dautore/ Fri, 25 Nov 2016 11:16:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7615 Basilare che le parole, prima o poi, volgessero ad un termine. È un libro già sfogliato, un libro colmo di impronte e di sguardi fino all’orlo. I personaggi sono stanchi di dover rivivere sempre la stessa identica storia, talmente stanchi da viver la vita come un continuo stento, tra lo strenuo impegno del dover guardare,

The post Inchiostro d’autore appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
Basilare che le parole, prima o poi, volgessero ad un termine. È un libro già sfogliato, un libro colmo di impronte e di sguardi fino all’orlo. I personaggi sono stanchi di dover rivivere sempre la stessa identica storia, talmente stanchi da viver la vita come un continuo stento, tra lo strenuo impegno del dover guardare, pensare, giudicare, o del semplice dover vivere. Semplice eh? Già. Proprio come se vivere fosse un atto semplice.

Prevedibile che, prima o poi, le parole sarebbero state sostituite dalla mera sincerità dei pensieri. Perché? Ma ovvio, perché più densi, perché più istantanei e concisi. Non servono giri di parole per pensare, come non servono pensieri per dire un mucchio di parole, l’una dietro l’altra. Non è un racconto come gli altri, non lo è semplicemente perché l’autore ha deciso di sua spontanea volontà, come fosse partita in automatico, di voler omettere le parole dal racconto, per dar spazio a quello che veramente lo fonda e lo determina, ovvero i sentimenti, i pensieri, la vita che ogni giorno percepisce con ogni senso, senza dover scrivere per giudicare, senza dover riportare ogni tratto della giornata, semplicemente esprimendo i suoi pensieri tramite la compassione, l’affetto, l’amore, tramite la tristezza, l’indifferenza, il dolore; tramite un’innumerevole mole di altrettante astrattezze che non hanno bisogno della parola.

Scontato che il poeta si faccia travolgere dall’onda del sentimento, ma mai quanto che il sentimento diventi il nuovo poeta. Perché, non è scontato che il sentimento si trasformi in uomo mangiando lo stesso uomo dall’interno. Il poeta di cui si parla, è l’uomo che non ha mai saputo resistere agli affetti, è l’uomo che ha sempre voluto mentire per ottenere l’attenzione di poter essere giudicato talmente tanto in modo negativo da trarne il più grande beneficio. Il poeta di cui si parla è un poeta che ha dedicato la sua vita non completamente alla scrittura, ma alla sua vita stessa.
Egli è l’uomo che è stato in grado di controllare se stesso tanto quanto non è mai stato in grado di controllarsi. È la contraddizione che viene tramandata di scritto in scritto, l’utopia, la non concretezza che va a materializzarsi tra sangue ed inchiostro.

Non inaspettato il senso di melanconia che lascia tra le labbra delle persone che lo osservano estasiate. Inaspettato il senso di malinconia che una sola singola persona, in tutta la sua vita, abbia potuto influenzarlo a tal punto di dover impazzire per lei.
E ancora, incredulo, cerca inesorabilmente le parole perdute per descrivere i sentimenti, ma non le trova. Le scartoffie vecchie sono piene di muffa e di inutilità che sembrano addirittura inesistenti all’incontro degli occhi del poeta con la persona sognata.

Concepibile il modo in cui i suoi occhi pian piano diventino pesanti e scoraggiati dalle tante lacrime versate in un vaso sempre più vuoto. Talmente vuoto da poterci riempire l’immenso spazio con una sola dose, una singola e piccola dose di emozioni.
Ormai, il suo corpo è completamente preso e posseduto dall’ossessione che lo porta a volere sempre più, a voler di voler la persona che con tanta foga riempie d’enfasi il suo stesso cuore. Non è più lui, non è più il ragazzo fervido di passione verso il cielo, non è più il sognatore di una volta.

Inaspettato il fatto che lui diventasse l’uomo che mai sarebbe voluto divenire. È l’uomo che non sogna, che non vegeta, che non va più verso il cielo. È l’uomo che ha trovato il cielo sulla terra. È l’uomo che sta vivendo il sogno che realizzato. È l’uomo che ha smesso di errare e vegetare così inutilmente come le foglie d’autunno. È l’uomo che ha finalmente scoperto l’essenza delle parole che gli mancavano, è il poeta che ha trovato la soluzione dell’enigma che gli avrebbe permesso l’apertura completa all’Empireo terrestre.

Invisibile il legame che lega il poeta alla sua risposta, che lo lega a tutto ciò che di bello non è mai riuscito ad ottenere, che lo lega all’unica essenza terrena che possa renderlo felice, poiché si rese conto che, prima di allora, felice non era stato mai.

Il poeta che sogna è divenuto il poeta che ama. Il poeta che erra è divenuto il poeta che si è stabilito nel cuore della persona tanto ricercata. Il poeta che piangeva, ora piange di gioia, poiché, dopo passaggi a carponi, è finalmente riuscito a trovare la penna adatta a concludere il romanzo di un amore così inaspettato, così intenso, così interminabile.

Il suo stesso amore mai dichiarato, alla ragazza che gli aveva rubato il cuore, e non glielo avrebbe mai più restituito.

The post Inchiostro d’autore appeared first on 360°- il giornale con l'università intorno.

]]>
7615