Oltre360 – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png Oltre360 – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 L’Egitto di al-Sisi tra crisi interna e pressione internazionale http://www.360giornaleluiss.it/legitto-di-al-sisi-tra-crisi-interna-e-pressione-internazionale/ Wed, 20 Apr 2016 15:29:06 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6417 “Ciò che avviene in Egitto è un tentativo di spaccare le istituzioni dello Stato, istituzione dopo istituzione”, così il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi  ha commentato le manifestazioni contro il suo governo di venerdì 15 aprile 2016. Allo stesso tempo, sul piano  internazionale, il regime è sottoposto a una pressione politica e mediatica sulla tutela

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“Ciò che avviene in Egitto è un tentativo di spaccare le istituzioni dello Stato, istituzione dopo istituzione”, così il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi  ha commentato le manifestazioni contro il suo governo di venerdì 15 aprile 2016. Allo stesso tempo, sul piano  internazionale, il regime è sottoposto a una pressione politica e mediatica sulla tutela dei diritti umani, una sgradita visibilità  internazionale innescata dal caso Regeni.

A cinque anni dalla caduta di Hosni Mubarak, il regime militare di al-Sisi affronta la sua prima vera crisi, enfatizzata agli occhi italiani ed europei dal clamore seguito alla morte del giovane dottorando di Cambridge. La manifestazione di venerdì, infatti, è stata la prima non autorizzata dal governo dal gennaio 2011, e l’ampiezza del fronte sceso in piazza per la protesta evidenzia le crepe nel consenso popolare di al-Sisi: oltre all’opposizione liberale moderata, la cui voce è tanto gradita dagli occidentali che spesso ne fraintendono le dimensioni, oltre ai Fratelli Musulmani, il cui richiamo religioso è stato temuto da tutti i governi centrali egiziani, da quello fantoccio della Corona Inglese a Sadat, si aggiungono i nazionalisti, finora pilastro sociale del sostegno al regime militare.

La vendita  ai Sauditi  di Tiran e Sanafir, isole del Mar Rosso desertiche ma importanti dal punto di vista militare, è stato il casus belli che ha riportato in piazza gli egiziani, indignati per un gesto che ha il sapore della sconfitta e le sembianze di una resa  geo-strategica ai sauditi. Secondo gli egiziani, la famiglia Saud verrebbe così designata come nuovo leader dell’area del Mar Rosso e del Golfo di Aqaba. La cessione delle due isole è funzionale alla costruzione di un ponte tra Arabia Saudita ed Egitto, un collegamento che per  al-Sisi e re Salman unisce due potenze  dell’Africa e dell’Asia ma che per  Israele, che nel 1967 scatenò una guerra preventiva per la chiusura dello stretto di Tiran, potrebbe essere una violazione degli Accordi di Camp David.

Per gli egiziani quindi tale gesto rappresenta la dichiarazione di un’avvenuta abdicazione da parte del loro Paese dal ruolo di leader regionale, e la conferma della debolezza economica e finanziaria dello Stato, che si ritrova a dipendere da anni dalle donazioni di Stati Uniti e di Arabia Saudita. Alla primavera araba del 2011, infatti, è succeduto l’inverno della crisi economica, che ha creato scontento in ogni fascia sociale, ma soprattutto in quella più benestante, principale fiancheggiatrice del regime di al-Sisi.

L’incertezza del sostegno da parte della classe agiata al generale, fautore e custode di un sistema economico e sociale che finora l’ ha tutelata, è un sintomo evidente della difficoltà di gestione del fronte interno. Il potere di al-Sisi è stato finora legittimato dalla pretesa di fungere da garanzia di ordine e difesa contro i fondamentalisti islamici: a un Egitto che rischiava l’implosione, il generale si è presentato come una valida alternativa ai Fratelli Musulmani e al vuoto di potere, ipotesi che si è  invece concretizzata nella vicina Libia. Il timore del fascismo religioso e dell’anarchia, entrambi mali difficili da estirpare una volta insediati in un territorio, ha reso solido il regime, e il leader ha potuto presentarsi nella luce migliore come uomo forte in grado di assicurare stabilità interna all’Egitto e condizioni ottimali agli investitori stranieri.

Ora la posizione presa dall’Egitto al fianco della Arabia Saudita, in un mondo musulmano medio-orientale in preda alle convulsioni e rivalità interne, sembra la risposta del generale a una politica interna a rischio di delegittimazione, per proteste nazionaliste e crisi economica, e al prestigio internazionale del Paese messo sempre più in difficoltà.

La morte del giovane ricercatore Giulio Regeni, infatti, ha sortito l’effetto del lancio un sasso nell’acqua, i cui cerchi concentrici non accennano a smettere di moltiplicarsi. La goffa diplomazia di al-Sisi e la tenacia della famiglia Regeni, non solo hanno costretto un paese amico e partner economico come l’Italia a richiedere un’inchiesta trasparente e la collaborazione fra inquirenti egiziani e italiani, ma hanno anche acceso i riflettori mediatici sulla tutela dei diritti umani in Egitto, le cui sistematiche violazioni a danno dei propri cittadini godono ora di pubblicità internazionale. Da questi fatti è scaturita una visibilità negativa che potrebbe delegittimare la leadership di al-Sisi come uomo e capo di Stato.

La pressione politica italiana, per quanto finora unica in Europa per intensità e clamore, ha suscitato reazioni di rilievo: la Gran Bretagna ha formalmente richiesto all’Egitto un’inchiesta trasparente in seguito a una petizione di change.org; la Germania si è detta preoccupata per le violazioni dei diritti umani in Egitto; pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha approvato all’unanimità una mozione a favore della massima collaborazione  possibile da parte dell’Egitto con gli inquirenti italiani.

Al Sisi, tuttavia, non sembra temere le ire di un consesso internazionale, che sa essere più interessato alla prevenzione del terrorismo internazionale da parte egiziana che alla tutela dei diritti umani. Difatti, di fronte a un laconico Hollande, neofirmatario di un contratto da 1, 1 miliardi di dollari in armi, che gli chiedeva delucidazioni in merito alla tutela dei diritti umani, Al Sisi ha dichiarato “Non sapete  cosa accadrebbe al mondo intero, se questo paese crollasse “.

Barbara Polin

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Due anni di sanzioni per la Crimea, ma a farne le spese non è Putin http://www.360giornaleluiss.it/due-anni-di-sanzioni-per-la-crimea-ma-a-farne-le-spese-non-e-putin/ Wed, 23 Mar 2016 15:32:32 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6174 “A due anni dall’annessione illegale della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli da parte della Federazione russa, l’Unione europea mantiene il suo fermo impegno a favore della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Sono le parole dell’Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza comune, Federica Mogherini, riportate da un comunicato stampa rilasciato

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“A due anni dall’annessione illegale della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli da parte della Federazione russa, l’Unione europea mantiene il suo fermo impegno a favore della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Sono le parole dell’Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza comune, Federica Mogherini, riportate da un comunicato stampa rilasciato venerdì 18 Marzo.

 

Bastano queste poche righe per capire subito la linea che l’Unione Europea è decisa a seguire contro la Russia, già colpita dalle sanzioni economiche previste dalla risoluzione 68/262 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e dai provvedimenti seguenti adottati dall’UE a partire dal Marzo del 2014. Sono quindi già due anni che continua il braccio di ferro tra Bruxelles e Mosca, durante i quali le tensioni nella regione si sono via via consolidate, tant’è che ormai l’attenzione internazionale si è spostata verso altri fronti.

 

Le ultime proroghe da parte del Consiglio sono arrivate questo mese: il 4 per l’appropriazione indebita di fondi statali ucraini, il 10 contro l’integrità territoriale dell’Ucraina. Quest’ultime, si legge sul sito del Consiglio, sono indirizzate verso “146 persone e 37 entità (…) soggette al congelamento dei beni e al divieto di viaggio in quanto responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina” e rimarranno in vigore fino al 15 settembre 2016.

 

Per quanto riguarda il fatto che la Russia abbia sottratto soldi a Kiev, c’è da rimanere perplessi: il Paese, fin da quando i movimenti europeisti sono scesi in piazza, riversava in condizioni finanziarie criticissime, che gestiva grazie agli aiuti che arrivavano proprio da Putin. Oggi è l’UE a colpire direttamente l’economia russa, dal momento che le sanzioni limitano l’accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell’UE da parte dei cinque maggiori enti finanziari russi di proprietà dello Stato e delle loro filiali controllate a maggioranza stabilite al di fuori dell’UE” si legge sempre sul sito del Consiglio.

 

Di fatto, il gigante euro-asiatico è stato estromesso dalla “sala dei bottoni” dell’economia mondiale, in quanto dal giugno 2014 non si riunisce più il G8, bensì il G7. Ma da tutto ciò non ne esce indebolita solo Mosca, che anzi grazie anche alla spinta militare di questi ultimi mesi in Siria ha trovato un notevole traino, ma anche diversi Stati dell’Unione: in primis l’Italia, che si è vista azzerare un mercato importantissimo per l’export, soprattutto per il settore agroalimentare: secondo la Coldiretti, la perdita è stata del 27,5% nel 2015 per effetto dell’embargo russo adottato in risposta alle sanzioni europee.

 

È vero che qualcosa si muove, con la recente visita del Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, in Russia per sondare il terreno in vista di nuovi accordi; ma gli interessi energetici rendono difficile un rasserenamento veloce delle relazioni: il prezzo stracciato del petrolio rende superfluo l’acquisto di gas e altre risorse da Mosca. Inoltre, le tensioni tra questa e Ankara, oggi più che mai partner strategico per l’UE nella questione dei rifugiati, isolano ulteriormente Putin nello scacchiere mondiale. Che, paradossalmente, vedono sue pedine nei punti più strategici, a partire dalla stessa Crimea.

 

La Storia ha insegnato che a farne le spese per le sanzioni è la popolazione, più che la classe dirigente: difficile però che, quantomeno oggi, possa esplodere un movimento di protesta così forte da capovolgere il governo moscovita. Più probabile sarà la necessità di ridisegnare alcuni confini una volta concluso il capitolo Siria e, in quel caso, un paragrafo importante Putin lo vorrà certamente dedicare a “casa sua”.

 

Timothy Dissegna

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LIBIA: LA GUERRA VISTA DA HOBBES http://www.360giornaleluiss.it/libia-la-guerra-vista-da-hobbes/ Sun, 21 Feb 2016 10:51:36 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5816 Chissà cosa direbbe oggi Hobbes della Libia, un paese che vive ormai da anni una situazione di caos politico. Dalla caduta di Gheddafi le strutture statali libiche si sono lentamente ma inesorabilmente sbriciolate, ed oggi la sponda sud del Mediterraneo è una terra dove vige quel “tutti contro tutti” che il filosofo inglese avrebbe definito

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Chissà cosa direbbe oggi Hobbes della Libia, un paese che vive ormai da anni una situazione di caos politico. Dalla caduta di Gheddafi le strutture statali libiche si sono lentamente ma inesorabilmente sbriciolate, ed oggi la sponda sud del Mediterraneo è una terra dove vige quel “tutti contro tutti” che il filosofo inglese avrebbe definito come “homo homini lupus”. Attualmente infatti in Libia si confrontano il governo internazionalmente riconosciuto rifugiatosi a Tobruk e padrone dell’est del paese (sostenuto da Egitto e Emirati Arabi Uniti), il fronte islamista padrone di Tripoli e dell’ovest del paese (sostenuto da Turchia, Qatar, Sudan), lo Stato Islamico a Sirte e in altre città costiere, e svariate altre milizie locali. I due attori maggiori della guerra civile sono però Tobruk e Tripoli. Il crollo delle istituzioni ha poi favorito la tratta di esseri umani verso le coste italiane e con essa la massiccia ondata migratoria del 2015. Questa semplice constatazione, aggiunta al progressivo ingrossamento delle fila dello Stato Islamico libico e all’allargamento dei suoi domini, hanno perciò spinto la comunità internazionale a cercare con più determinazione una soluzione al disastro libico. Nel quadro di un processo intavolato dall’ONU, rappresentanti dei due parlamenti di Tobruk e Tripoli si sono quindi incontrati nella cittadina marocchina di Skhirat e hanno condotto negoziati per mettere fine al conflitto, terminati nell’accordo del 17 dicembre. Tale accordo (recepito poi dal Consiglio di Sicurezza ONU) prevede la formazione di un governo d’unità nazionale: si stabilisce che il Consiglio Presidenziale provvisorio verrà formato da 9 membri (rappresentanti delle fazioni in guerra) e avrà il compito di nominare i membri del governo detto di “accordo nazionale”, il cui primo ministro designato è Fayez Sarraj già membro del parlamento di Tobruk. Tale nomina tuttavia deve essere preceduta dall’approvazione della composizione ministeriale da parte dei due parlamenti. La nomina dell’esecutivo non si è però rivelata semplice. Complice il fatto che nessuna delle dirigenze di Tobruk e di Tripoli è unanimemente d’accordo sull’opportunità di un tale sviluppo (denotando un’aspra divisione ancora persistente tra le parti), una prima proposta di composizione del governo è stata bocciata dal parlamento di Tobruk il 25 gennaio di quest’anno, secondo il quale 32 membri erano troppi per il nuovo governo. Le consultazioni sono quindi continuate fin quando il 14 febbraio è stata proposta una nuova rosa di nomi, questa volta più ristretta e comprendente non più di 18 ministri. Il Consiglio Presidenziale però non ha preso la decisione unanimamente: due dei suoi componenti si sono rifiutati di firmare visto che a loro avviso la scelta delle personalità era stata poco trasparente. Sembra poi che la proposta di appuntare Mahdi al-Barghati (colonnello dell’esercito fedele al governo internazionalmente riconosciuto, ma con buoni contatti tra gli islamisti) a ministro della difesa abbia procurato diversi attriti tra i delegati delle due parti della Libia, dato il grande interesse di entrambe le fazioni ad ottenere tale carica. Nonostante tutto, la parola è poi passata a Tobruk. Il parlamento, riunitosi nella serata di lunedì 15 febbraio, ha però chiesto del tempo per esaminare con maggior attenzione la lista di nomi presentati e il giorno seguente ha deciso di rinviare di una settimana la decisione finale, posponendo il voto di fiducia al 23 febbraio e chiedendo nel frattempo allo stesso Sarraj di presentare la composizione del suo esecutivo. Nonostante l’entusiasmo dell’inviato ONU per la Libia Martin Kobler, che definisce il momento come una “storica opportunità per la pace”, non è tuttavia scontato che la prossima settimana il parlamento si riunisca e decida l’approvazione della formazione ministeriale: diverse voci hanno infatti già espresso la loro convinzione che la concessione della fiducia parlamentare non sarà scontata, visto che a Tobruk non è emersa una chiara maggioranza in favore di questa seconda proposta. Tuttavia se i due parlamenti (e con essi i loro paesi sostenitori) si rivelassero pronti al compromesso e il governo di accordo nazionale dovesse entrare effettivamente in funzione, non solo la Libia potrebbe tornare a respirare dopo cinque anni un’aria di pace ma tutta l’Africa settentrionale ne risulterebbe grandemente stabilizzata. Ciò è tanto più vero se si considera che la guerra e la violenza generalizzata, così come le difficoltà economiche in cui versa il paese anche a causa delle falle finanziarie provocate dal basso prezzo del petrolio, stanno favorendo la rapida ascesa dello Stato Islamico. L’accordo del 17 dicembre è anche un’apertura in questo senso, volta a creare un governo unico capace di fronteggiare vittoriosamente i jihadisti anche col supporto di una coalizione internazionale (che l’occidente sembra ansioso di creare). Lo Stato Islamico libico ha recentemente dimostrato il suo potenziale con possenti attacchi nella zona dove sono situati i maggiori terminal petroliferi del paese, mentre i suoi legami col mondo dei traffici illegali sahariani (che fornirebbe armi, denaro e contatti con altri gruppi della regione) ne fanno un soggetto di particolare pericolosità. Sussistono però ancora ostacoli potenziali. Il primo è la discrepanza tra livello politico e militare del contesto libico: i due parlamenti possono pure approvare la proposta di governo di Sarraj ma alla decisione devono poi aderire anche tutte le riottose e autonome milizie che effettivamente combattono sul terreno. In tal senso il lavoro di tessitura diplomatico-militare da parte della comunità internazionale deve essere particolarmente minuzioso, vista soprattutto la concretezza del rischio di istituire un governo che potrebbe presto rivelarsi debole e privo di un solido controllo territoriale. Il secondo problema è poi l’organizzazione della lotta allo Stato Islamico. Prima di qualche mese è poco verosimile che il governo riesca ad essere del tutto operativo e si teme che per quel giorno i jihadisti avranno allargato la loro base in Libia. Dato anche il cattivo stato in cui versano le forze armate libiche, è quindi probabile che il nuovo governo dovrà chiedere un aiuto internazionale sotto forma di campagna aerea: la coalizione tuttavia dovrà tener conto degli interessi dei vari Stati immischiati nel conflitto e dovrà ricevere la legittimazione ad intervenire da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il che non sarà un lavoro facile e richiederà sicuramente del tempo. Il processo di pace ha preso il via nonostante le molte difficoltà: il percorso da seguire è segnato ed ora si starà a vedere se esiste una reale volontà di seguirlo. Tuttavia mentre Hobbes aspetta di veder sorgere dal deserto libico il suo Leviatano sotto forma di un unico governo che imponga la fine della violenza, la guerra di Libia continua a pochi passi da casa nostra.

Guido Albero Casanova

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Io non ho paura #prayforParis http://www.360giornaleluiss.it/io-non-ho-paura-prayforparis/ Wed, 18 Nov 2015 16:11:16 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5094 Dare un senso alla morte è difficile. Quando è improvvisa, violenta, indegna rispetto alla vita vissuta, il compito può essere ancora più arduo. Per me, tra i kamikaze dell’Isis e le decine e decine di vittime di Parigi, i veri martiri, quelli sacrificatisi in difesa di un ideale, non sono i primi. Ciascuno di quei morti

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Dare un senso alla morte è difficile. Quando è improvvisa, violenta, indegna rispetto alla vita vissuta, il compito può essere ancora più arduo. Per me, tra i kamikaze dell’Isis e le decine e decine di vittime di Parigi, i veri martiri, quelli sacrificatisi in difesa di un ideale, non sono i primi. Ciascuno di quei morti ci ricorda quanto orrore ci fa il pensiero di perdere la nostra libertà.Ecco perché non ho paura. Ecco perché non posso permettermi di averne.

Lo Stato Islamico recluta sicari amatoriali, facendo leva sul senso di alienazione ed emarginazione, tanto quanto sulla voglia di riscatto, che pervade tanti giovani musulmani e non (i c.d. foreign fighter), così da assicurarsi un esercito sparso, imprevedibile, difficile da combattere ed estirpare, il cui unico obiettivo concreto è diffondere la paura della vita, della libertà, delle passeggiate all’aria aperta, della birretta serale al tavolino del bar.

Cose che io ho fatto la sera del 14 Novembre, e come me chissà quanti altri. Cose che voglio continuare fare.

La Tour Eiffel – monumento simbolo della Ville Lumière – che si spegne è il simbolo di un’ombra che lentamente sta calando sull’Occidente e sull’Europa. Ombra che non è l’Islam in sé per sè, così come – per zittire da subito chi è sempre pronto a citarle – ai tempi delle Crociate, non fu il Cristianesimo. Un nuovo gruppo di sciacalli del potere ha deciso di scendere in campo. Dice ai suoi seguaci di vestirsi di nero, li arma, li indottrina all’odio irrazionale e promette la gloria eterna. Garantisce un dio da qualche parte nel mondo, o chi per lui.

La religione c’entra ben poco, ma è un ottimo strumento per contrapporsi ad una cultura occidentale che in nome della tolleranza estrema ha rinunciato ad avere dei valori sacri. Niente è più ‘’intoccabile’’: la stessa tragedia di Parigi è stata strumentalizzata da molti per fare politica, per criticare le ideologie altrui, per fare satira, per raccontare al social una versione di sé ipertollerante, senza alcun rispetto per la vita, la morte, e soprattutto per il dolore.

In condizioni simili, non ci si può stupire quando un terrorista decide di bombardare uno stadio o di crivellare di colpi il primo gruppo di persone che gli capita a tiro. In fondo quella libertà gliel’abbiamo data noi. E’ sua, certo, ma appartiene anche ad ognuno di noi. E abbiamo il diritto di tenercela stretta e difenderla. Pregando per Parigi e per le sue ferite a testa alta, camminando per la strada, senza timore di chi ci passa accanto o dell’auto che si ferma. Perché per ogni azione che il terrore ci preclude, una persona è morta inutilmente. E questo sì che fa paura.

 

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Iceland15 http://www.360giornaleluiss.it/iceland15/ Tue, 03 Nov 2015 17:29:45 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4904 Out of the Comfort Zone. Quest’estate sono andato al di là delle comodità quotidiane, ho voluto spingermi oltre. Arrivare al limite. Vivere la sensazione di libertà. Per 30 giorni ho camminato con 30kg sulle spalle in un paradiso terrestre come l’Islanda. Ho dormito in tenda e mangiato liofilizzati per l’intera avventura. Ho visto deserti, campi

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Out of the Comfort Zone.
Quest’estate sono andato al di là delle comodità quotidiane, ho voluto spingermi oltre. Arrivare al limite. Vivere la sensazione di libertà.
Per 30 giorni ho camminato con 30kg sulle spalle in un paradiso terrestre come l’Islanda. Ho dormito in tenda e mangiato liofilizzati per l’intera avventura. Ho visto deserti, campi lavici, fiumi, colline, montagne, ghiacciai. Ho visto e vissuto la Natura Islandese.

Iceland15 è un video che racchiude un’esplosione di colori. E’ una storia che racconta un lungo viaggio fatto dal 30 Luglio al 1 Settembre 2015 di 800km. E’ la mia storia. Una storia che racconta la voglia di esplorare e di rimettersi in gioco continuamente.
Questo vuole essere un punto di partenza per le prossime sfide.

Buona visione.

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Da Isolabona a Biarritz con l’immaginazione http://www.360giornaleluiss.it/da-isolabona-a-biarritz-immaginazione/ Tue, 30 Jun 2015 18:59:06 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3916 Mito125. Francia. 2769,3km. Se fosse un film, lo farei iniziare con un’immagine sfocata. Il soggetto è solo il suono tintinnante che fuoriesce dallo scarico del due tempi, e nello schermo si vedono scontri di colori – verde, nero, bianco, azzurro, giallo, rosso. Poi le linee prendono forma. Diventano sempre più nitide e il suono sempre

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Mito125. Francia. 2769,3km.

Se fosse un film, lo farei iniziare con un’immagine sfocata. Il soggetto è solo il suono tintinnante che fuoriesce dallo scarico del due tempi, e nello schermo si vedono scontri di colori – verde, nero, bianco, azzurro, giallo, rosso.

Poi le linee prendono forma. Diventano sempre più nitide e il suono sempre più intenso e accesso; e lei lì nel suo luogo natio, la strada, in piega. Il rosso inizia a dominare, per poi sfumare in lontananza lasciando dietro di se il segno del suo passaggio. Le foglie atterrano delicatamente sul ciglio della strada. E il naturale silenzio ritorna a dominare le montagne.

immaginazione_02Invece è una storia dove piovono parole e l’immaginazione è il nostro schermo. Ognuno di noi si crea la sua immagine: coi proprio soggetti, i propri suoni, i propri colori, le proprie forme. Tutto un derivato della nostra esperienza.

Vi presento i protagonisti della mia storia:

– Ivan. Ormai in pensione dalle gare, ma sempre con la manopola del gas aperta, e con le borse da viaggio un po più graffiate. (Cagiva Grand Canyon)

– Luca. Metodico nella progettazione, impostava le sue traiettorie con precisione millimetrica. (Honda Hornet)

– Silvio. L’organizzatore dell’avventura, colui che preferisce avere mille stelle sopra la testa invece di averne solo *******. (Ducati Monster)

immaginazione_04Un viaggio su due ruote a ripercorrere le strade di Napoleone, le curve dei passi più temuti dai corridori del Tour de France, la via del formaggio (Route du fromage), per ricercare la miglior baguette di Francia, per incontrare persone che aprono il ristorante alle 7.02pm (precise), per prendere tanta tanta acqua, per sentire l’adrenalina salire quando il ginocchio accarezza l’asfalto, per rimanere senza benzina in autostrada, per imparare che le macchine mettono le ruote sull’erba pur di darti la precedenza, per ringraziare chi guida col piede destro, per ritrovare casualmente chi mi aveva portato a Grosseto con Blabla car (i miei più sentiti auguri per il loro matrimonio), per vedere un ritrovo di motociclisti dove tutti condividevano una passione (Wheels and Waves – Biarritz), per capire che i motociclisti in Francia sono rispettati, per mangiare le ostriche, per vedere il sole tramontare dietro l’orizzonte… per poter dire di aver vissuto per l’ennesima volta.

immaginazione_03La route: Isolabona. D6007. E74. E80. A8. D35. D6185. D6085. D21. D71. D957. D952. D96. D9. D568. A55. D5. D9e. D49. D5. N568. N545. N544. D268. D35. D35b. Traghetto. D36d. D36. D37. D570. D38c. D58. D62. D62e2. D185. D612. D11. D5. D11. D610. D6113. D119. D12. E9. D117. D817. D929. D929a. D918. D921. D918. D934. D920. D918. D933. N135. N138. D58. D948. D918. D810. Biarritz.

immaginazione_05L’immaginazione potrebbe essere considerata un potere speciale alla pari dei super poteri dei personaggi della Marvel. Questo super potere è unico, ognuno di noi lo possiede in maniera diversa, basta conoscerlo e saperlo usare.

Oggi, ci sono molti nemici che cercano di toglierci questa qualità e ce ne vogliono privare. Hanno paura di noi che possiamo immaginare. Ci vogliono rendere spogli di sensazioni emozioni creatività.

“Alcuni uomini vedono le cose per come sono e chiedono: “Perché?”

Io oso sognare cose che non sono mai state e dico: “Perché no?”.”

– George Bernard Shaw

immaginazione_01

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Where are you from? http://www.360giornaleluiss.it/where-are-you-from/ Tue, 09 Jun 2015 19:00:56 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3883 Quante volte, in giro per il mondo, non vi siete sentiti chiedere nel seguente ordine queste quattro semplici parole: Where + Are + You + From. Ovviamente, è una domanda semplice e conviviale. Nasce spontanea nel momento in cui conosci nuove persone che parlano una lingua diversa dalla tua. Però non è così banale come

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Quante volte, in giro per il mondo, non vi siete sentiti chiedere nel seguente ordine queste quattro semplici parole: Where + Are + You + From.

Ovviamente, è una domanda semplice e conviviale. Nasce spontanea nel momento in cui conosci nuove persone che parlano una lingua diversa dalla tua. Però non è così banale come potrebbe sembrare.

Avete mai fatto caso che quando si è in viaggio una delle prime tre domande che qualcuno ci pone o che noi stessi poniamo a qualcun altro è proprio questa, Da dove vieni?

Where are you from

Ottimo quesito per rompere il ghiaccio e per sapere la provenienza della persona con la quale per le prossime ore ti troverai a condividere esperienze ed aneddoti passati.

Dietro questa domanda però si cela un concetto più complesso, ovvero quello di Patria.

Gustave Flaubert criticava tale nozione e la definiva così: “Non sono più moderno che antico, più Francese che Cinese, e l’idea della patria, cioè l’obbligo in cui si è di vivere su un angolo di terra segnato in rosso o in blu sulla carta e di detestare tutti gli altri angli in verde o in nero, mi è sempre parsa troppo stretta, limitata e di una feroce stupidità. Sono fratello in Dio di tutto ciò che vive, della giraffa e del coccodrillo come dell’uomo…”

Effettivamente la nazione non è che una linea colorata adiacente alle altre linee che delimitano quelal zona di terra. Ma oggi dove viaggiare e spostarsi è alla portata di tutti, viene a mancare il concetto di nazionalità. La globalizzazione sta abbattendo i confini geografici concedendo al viaggiatore di conoscere le altre culture e di essere il cosiddetto “cittadino del mondo”.

Where are you from

Ma per quale motivo noi viaggiamo?

Io penso che ognuno di noi nel momento in cui inizia un viaggio è alla ricerca di qualcosa che all’interno dei suoi confini non ha avuto modo di trovare. Durante l’avventura cerchiamo di colmare questa mancanza conoscendo quello che è etichettabile come novità. Ciò ci riempie di adrenalina e di curiosità, facendo crescere la voglia di conoscere sempre più quel luogo in cui ci troviamo. Questo continuo conoscere ci soddisfa rendendoci felici. Ad esempio a Flaubert piaceva l’Egitto e le palme sullo sfondo azzurro del cielo, aspetti che portò con sé fino alla fine.

La patria quindi non è più una linea colorata che delimita una parte di terra, ma quel luogo dove noi stiamo bene e siamo felici.

“Quando gli chiesero da dove venisse, Socrate non rispose da Atene, ma dal mondo.”

Viviamo per conoscere. Dunque viaggiamo.

Where are you from

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La preparazione di un Viaggio 3.0 – #attrezzatura http://www.360giornaleluiss.it/la-preparazione-di-un-viaggio-3-0-attrezzatura/ Tue, 26 May 2015 19:00:50 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3864 68 Giorni. 2 Ore. 55 Minuti. L’orologio continua in modo perpetuo il suo ticchettio scandendo i secondi mancanti alla partenza. E la checklist dell’attrezzatura sembra un campo minato, le “V” spuntano in modo esponenziale marcando  da vicino le attrezzature. 1 – Backpack. Lo zaino non a caso è il numero uno della lista. Definisce lo

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68 Giorni. 2 Ore. 55 Minuti.

L’orologio continua in modo perpetuo il suo ticchettio scandendo i secondi mancanti alla partenza.

E la checklist dell’attrezzatura sembra un campo minato, le “V” spuntano in modo esponenziale marcando  da vicino le attrezzature.

1 – Backpack.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Lo zaino non a caso è il numero uno della lista. Definisce lo spazio, volume che puoi riempire. Significa il materiale che puoi portare con te e potrai contare solo su quello per l’intero trekking.

Bisogna fare delle scelte mirate su quello che vuoi portare via e quello che sai di lasciarti indietro.

2 – Sacco a Pelo.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Un po’ come la copertina di Linus, dopo le fatiche della camminata potrò trovare riposo e conforto all’interno del sacco a pelo. Ci saranno dalle 6 alle 8 ore di buio e la temperatura minima media vi avvicinerà 6°. Ma sono sicuro che all’interno dell’Islanda potrà scendere, avvicinandosi allo 0°. In ogni caso un po di neve non ha mai fatto male a nessuno. La massima invece sarà tra i 13° e i 15°, che è adatta per camminare.

3 – Scarponi.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Parliamo proprio di camminare, fare tanti chilometri a piedi richiede l’uso di un ottimo scarpone, confortevole – suola Vibram@, Gore-tex@ e che avvolga bene il piede. Bisogna mettere in prevenivo che qualche problema tecnico-tattico come la formazione di vescicole potrà sempre capitare. Il terreno varierà durante il tragitto dal deserto lavico e roccioso ai verdeggianti canyon, e dai bluastri ghiacciai ai rinfrescanti corsi d’acqua. Dunque lo scarpone vedrà diverse realtà e dovrà essere pronto a camminare su tutte le superfici. Ovviamente per camminare in ghiacciaio servono assolutamente i ramponi; io porterò con me dei ramponi sottoscarpa per poter metterli nel momento in cui affronterò le lingue di ghiaccio.

4 – Tenda.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

La mia dimora per 30 giorni, sole, pioggia, vento, tempesta, neve dovrà resistere e superare le avversità meteorologiche. Allo stesso tempo deve essere leggera, in modo da non influire molto nel peso complessivo. La scelta più corretta: posto singolo e doppio telo. Il clima sarà condizionato dalla famosa “Depressione d’Islanda”. Determina l’estrema variabilità della forza dei venti, della loro direzione e dell’umidità delle masse d’aria. Ciò comporta un rapido e repentino cambiamento, dalla pioggia si passa al bel tempo e dal sole si passa al maltempo.

Queste sono le regole del gioco.

5 – Cibo Liofilizzato.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Un pasto al giorno. Fondamentale é recuperare le energie consumate durante la giornata.

Ogni giorno, una volta che mi sarò fermato e avrò piantato la tenda, mi preparerò il mio colazione-pranzo-cena. Non sarà la rinomata cucina molecolare, ma sicuramente mi riempirà lo stomaco per essere pronto ad affrontare il giorno successivo. Porterò anche delle speck e formaggio per uno snack.

6 – Exploring Gear.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Ho messo insieme diversi oggetti essenziali sotto il tag “exploring gear”. Lo scegliere il materiale da portare via è fondamentale: 100g in più possono fare la differenza.

Il telefono satellitare mi permetterà di condividere la posizione con tutti voi per rendervi partecipi dell’avventura e avervi con me. #BePartOfTheProject. Ogni buon esploratore ha un cortellino multiuso, pronto per essere usato in ogni evenienza. Il pacchetto di fiammiferi può essere vitale, e poi per accendere il fornello per bollire l’acqua.

7 – Carretto.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Come se fosse il buon vecchio mulo che porta il carico, il carretto sarà il porta borse. Lo dovrò comunque tirare, ma le spalle saranno meno sollecitate.

8 – Mappe e Bussola.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Nel caso mi dovessi perdere nella vastità islandese potrò ritrovare la via di casa con le diciotto cartine e la mitica bussola.
Azimut. Rispettivo. Distanza planimetrica. Distanza reale. Curve di livello. Dislivello. Angoli. Tutte informazioni da sapere per decidere da che parte andare.

9 – Pannello Solare.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

Le foglie sono state le muse per lo sviluppo del solare. Chi meglio di loro non raccoglie e assorbe i raggi solari?. Il pannello solare sarà la fonte di energia rinnovabile per ricaricare quella poca tecnologia che porterò con me come il telefono satellitare, la macchina fotografica e l’action cam.

10 – Macchina Fotografica e Action Cam.

La preparazione di un viaggio 3.0 - #attrezzatura

I colori, le sfumature, i contrasti e i suoni dei paesaggi lunari dell’Islanda saranno congelati con la Nikon D800 e la SJCam SJ4000. Quest’ultima è la cugina della prestigiosa GoPro, recensita dal magazine Wired.

Ricapitolando:

Zaino sul carretto, cartina alla mano, sguardo all’orizzonte.

Fatto il primo passo.

Adesso altri 799.999 passi.

Buon viaggio!

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Civati che vieni… Civati che vai http://www.360giornaleluiss.it/civati-che-vieni-civati-che-vai/ Sun, 10 May 2015 12:21:30 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3703 orse che si, forse che no, forse che si, forse no… alla fine Giuseppe Civati ha deciso di lasciare il Partito Democratico. Con sofferenza e sicuramente dopo una lunga riflessione, visto il tempo ormai quasi immemore da cui l’uomo indie della sinistra minacciava tale gesto; insomma a furia di mezzi annunci, discussioni e critiche sempre più severe alla leadership, la scelta è

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Forse che si, forse che no, forse che si, forse no… alla fine Giuseppe Civati ha deciso di lasciare il Partito Democratico. Con sofferenza e sicuramente dopo una lunga riflessione, visto il tempo ormai quasi immemore da cui l’uomo indie della sinistra minacciava tale gesto; insomma a furia di mezzi annunci, discussioni e critiche sempre più severe alla leadership, la scelta è sembrata inevitabile.

E dire che la carriera politica all’interno del Partito sembrava destinata a ben altri traguardi pochi anni fa, quando Renzi lo voleva fortemente nell’allora embrionale progetto di rottamazione a giocare a chi fosse più ribelle e più rivoluzionario; poi qualcosa è andato storto e, alla fine, insieme non si è più giocato. Anzi, qualcuno ha anche “tradito” e si è messo a governare con Alfano. Lo strappo decisivo è arrivato sull’Italicum, una legge elettorale tormentata e massacrante per il percorso di governo e per lo scontro interno al PD che ha generato, dove è probabilmente emersa definitivamente la contrapposizione ideologica e fattuale tra le varie fazioni.

Evidente la critica al metodo. Diversi blocchi, diverse aree in cui Civati ha però preferito sempre far valere se stesso in un misto di egoismo e spontaneo isolamento, visto anche il non allineamento alla minoranza di Bersani (definito “troppo garbato”) e Cuperlo (definito “uno che ha sbagliato strada”). La sensazione che si ha è quella di uomo politico quasi liberato finalmente dal peso dell’“attaccamento alla maglia”, ora giovane vagabondo in cerca di nuove soluzioni. Realmente concrete.

Niente utopie insomma, come chiarito, solo volontà di rilanciare in modo secco il fronte di una sinistra nuova. Sarà curioso vedere come si muoveranno adesso Sel (che pare pronta a sciogliersi), i sindacati e la “coalizione sociale” di Landini che appaiono i più vicini interlocutori per ripartire; anzi, per continuare.

Civati, dopo tanta agonia, si è però forse anche costruito un merito all’interno del suo ormai ex partito, lasciando un segno importante su una questione politico-morale e di identità necessariamente da affrontare per evitare che un giorno si arrivi ad un punto in cui si debbano contare minuziosamente i voti per far passare questa o quella legge. E per capire, oltre i voti, anche quali siano le persone su cui contare.

Nessuna minaccia, né annuncio da indole catastrofista, né presa di posizione, ma semplice e pura politica. In tutto questo Renzi si è momentaneamente preso la maglia rosa, quasi come un ciclista capace di staccare gli avversari in salita, un po’ perché ne ha di più nelle gambe e un po’ perché avversari seri ancora non se ne vedono. Se è stata un’azione sporca, fredda, ma minuziosamente calcolata ed efficace di chi ha in mano il potere o solo il teatrino politico di un leader-ino senza carisma e senza futuro lo deciderà il tempo. A noi non resta altro che guardare il gioco… sperando che qualcuno, ogni tanto, faccia sul serio. Pur giocando come al solito, s’intende.

di Mattia Nuzzaci

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Mathare Valley – Futuro tra fogli e matite http://www.360giornaleluiss.it/mathare-valley-futuro-tra-fogli-e-matite/ Fri, 08 May 2015 18:23:45 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3675 Africa. Kenya. Scuola nella valle di Mathare. La macchina avanzava in modo silenzioso, come se non volesse farsi notare. Due muscolosi edifici facevano da guardia all’unica strada, perlopiù l’unica che si avvicinava ad esserlo. Una sola via per entrare ed una sola per uscire. Stavo entrando in una delle slum più pericolose del Kenya, seconda

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Africa. Kenya. Scuola nella valle di Mathare.

La macchina avanzava in modo silenzioso, come se non volesse farsi notare.

Due muscolosi edifici facevano da guardia all’unica strada, perlopiù l’unica che si avvicinava ad esserlo. Una sola via per entrare ed una sola per uscire. Stavo entrando in una delle slum più pericolose del Kenya, seconda solo a Kibera, sto parlando di Mathare. 600.000 persone che vi abitano.

Il finestrino oscurato era quel sottile confine che divideva me dal mondo esterno. Dove le regole non scritte prevalevano su quelle scritte. Io vedevo loro. Loro non vedevano me. Ma potevi leggere nei loro sguardi che sapevano chi fosse seduto nel sedile posteriore. Ti sentivi come un canarino dentro la gabbia di Faraday. La macchina proseguiva in marcia.

mathare_002Il nostro autista prese la terza, o la quarta a sinistra; non mi ricordo con esattezza. Stavamo scendendo verso il centro di Mathera Valley dove avevamo un appuntamento con una persona del posto. Ciò che ci circondava era un insieme di lamiere incastrate, imbullonate, legate in qualche modo architettonicamente corretto. Questi agglomerati di metallo arrugginito erano le loro abitazioni. Dall’alto si vedeva un letto grigio-marrone di tetti. L’uno attaccato al vicino. In alcuni punti la discesa si faceva ripida e disconnessa. Girato a destra l’autista si fermò su uno spiazzo e la polvere che ci seguiva si mangiò la carcassa del veicolo parcheggiato.

Io, Andrea (compagno di viaggio in Africa insieme a Giovanni) e il driver scendemmo.

Un uomo di cui solo lui sa l’età indossando un cappellino rosso in abbinata con la maglietta ci venne incontro col braccio proteso in avanti. “Dominik, Nice to meet you”. Ci diede il benvenuto e ci stringemmo le mani.

mathare_001Dalla macchina ci incamminammo verso la scuola Whynot Academy dove Dominik era uno dei responsabili e fu il nostro “Cicerone” per l’intera giornata. Ci raccontò subito che la scuola aveva portato diversi benefici sin dalla sua realizzazione, la quale era stata pensata e progettata da un ONG (Organizzazione non governativa).

Dopo aver girato a destra e poi a sinistra, si aprì davanti a noi un ampio cortile e vedemmo i bambini, alcuni con la divisa blu e a altri verde correre e giocare durante l’intervallo. Fu nostra fortuna poter vivere e toccare con mano questa realtà: entrammo in due classi ed assistemmo attivamente ad una lezione. Chiedemmo a Dominik quali materie insegnavano ai ragazzi; lui ci portò a vedere l’orto. Questo è quello che gli insegnamo: ad essere indipendenti, bisogna dargli le competenze e le qualità per sopravvivere la fuori.

Mathare ValleyQuella era una piccola realtà di Mathare che coltivava i propri semi per raccoglierne i frutti al momento giusto. Da lì iniziò il giro per Mathare Valley, la vera Mathare, quella delle regole non scritte. Ma questa è un’altra storia.

Basta un foglio e una matita per imparare, il ragazzo osserva in silenzio e prende nota.

“Non ho mai insegnato ai miei allievi. Ho solo cercato di fornire loro le condizioni in cui possono imparare” – Albert Einstein

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