#arte – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Fri, 16 Mar 2018 19:15:12 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png #arte – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Picasso in Italia: arte e biografia si fondono in un personale classicismo http://www.360giornaleluiss.it/picasso-in-italia-arte-biografia/ Thu, 26 Oct 2017 11:03:37 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8982 Picasso si racconta per la prima volta in forme e temi per lui nuovi, confidando allo spettatore le pagine nascoste della sua vita. Noto per aver avviato una delle più celebri avanguardie artistiche come il cubismo, Picasso mostra la personalità di un artista completo ricorrendo, durante la carriera, ad una molteplicità di tecniche e stili.

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Picasso si racconta per la prima volta in forme e temi per lui nuovi, confidando allo spettatore le pagine nascoste della sua vita.

Noto per aver avviato una delle più celebri avanguardie artistiche come il cubismo, Picasso mostra la personalità di un artista completo ricorrendo, durante la carriera, ad una molteplicità di tecniche e stili. In occasione del centenario dalla visita in Italia, le Scuderie del Quirinale ospitano le opere del pittore spagnolo nel decennio che va dal 1915 al 1925. Sono anni di transizione dalla travagliata esperienza del cubismo come ossessionata ricerca della scomposizione e della frammentazione dell’immagine, verso l’armonia racchiusa nella linearità dell’arte classica. Esempi di questo slancio artistico sono certamente “Ritratto di Olga in poltrona”, ballerina della compagnia del balletto russo nonché moglie di Picasso la cui bellezza dei tratti e la solennità della posa permeano l’opera, oppure “Arlecchino con specchio”, maschera del teatro partenopeo che costituisce una sorta di alter ego dell’artista. Ne “Il flauto di Pan” è racchiusa la monumentalità delle statue greche e la compostezza dei giovani uomini che si erigono su uno sfondo bidimensionale. Infine l’opera più celebre di tale esperienza è “Due donne che corrono sulla spiaggia”, un quadro di piccole dimensioni che esprime i contrasti della sua pittura. La scena coglie due donne dall’aspetto possente nell’atto della corsa, con i capelli al vento e gli abiti che aderiscono alle linee movimentate dei corpi, conferendo un prepotente senso di dinamismo. Il fascino esercitato da capitali del classicismo quali Roma e Napoli, fece affiorare il desiderio di un brusco ritorno all’ordine dove i soggetti inseriti in una cornice scarna emergono per la cura dei particolari e il significato introspettivo della scena. Si tratta pertanto di un’esposizione che arricchisce la conoscenza sull’artista con un focus sulle opere che, isolandosi momentaneamente dalla dirompente espressività del cubismo, esaltano a pieno la duttilità e la genialità di uno dei più grandi maestri del ‘900.

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Dopo Eva, Newton e Jobs, tocca ad Annie! http://www.360giornaleluiss.it/dopo-eva-newton-e-jobs-tocca-ad-annie/ Thu, 24 Aug 2017 11:41:46 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8744 Mi muovo ancora sulla realtà dei social, di Instagram in particolare. Curiosando sul social più in voga negli ultimi anni, mi sono imbattuta in un’artista. Artista che in realtà ormai fa parte delle mie giornate con i suoi disegni: Annie. Riempie i miei pomeriggi con i suoi disegni e il suo carisma. Fa sentire me, e

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Mi muovo ancora sulla realtà dei social, di Instagram in particolare. Curiosando sul social più in voga negli ultimi anni, mi sono imbattuta in un’artista. Artista che in realtà ormai fa parte delle mie giornate con i suoi disegni: Annie. Riempie i miei pomeriggi con i suoi disegni e il suo carisma. Fa sentire me, e tutti i suoi 16mila followers, parte del suo bellissimo albero. Con immenso piacere, ho avuto la possibilità di fare una chiacchierata con Valentina di “Tutte le mele che vuoi”.  Ci ha raccontato qualcosa sui suoi meravigliosi disegni. Attraverso lo stile unico dei suoi disegni, dai tratti semplici e romantici, racconta ogni giorno nuove storie, che parlano di lei in modo assolutamente unico. Si ispira ai principali artisti del panorama musicale contemporaneo e del suo Eden interiore per i suoi disegni.

La pagina “tuttelemelechevuoi_” nasce a marzo di quest’anno. Parla di Annie in un linguaggio inconfondibile attraverso i suoi disegni, che lasceranno a bocca aperta tutti! Buona lettura…

 

Perché hai iniziato a creare i tuoi disegni?

In realtà non c’è un perché, è come se tu mi chiedessi “perché hai iniziato a respirare?”… forse potrei dirti, perché ne sentivo il bisogno. Disegno da sempre, non si pensi che sono nata imparata, da piccola disegnavo il cielo come una linea celeste in cima al foglio e il sole era rigorosamente SEMPRE nell’angolo a sinistra. Diciamo che con il passare del tempo ho smesso di disegnare e ho iniziato a raccontare.

 

Però hai deciso di raccontare canzoni. In queste canzoni cosa vedi mentre disegni?

In tre parole: la mia vita. Questo fenomeno che oggi chiamano indie per me non esiste. Per me esistono solo canzoni vere, che mi piacciono e che sembrano scritte da persone che mi stalkerano costantemente. Quando disegno qualcosa difficilmente lo faccio perché mi è richiesto, lo faccio se so di potermi disegnare un pezzo d’anima.

 

Hai scelto Instagram come portale principale. Proprio su Instagram ogni giorno vediamo foto e disegni scorrerci davanti agli occhi e a volte nemmeno ce ne accorgiamo. E poi ci sono i tuoi, che non passano mai inosservati e che hanno un loro carattere personalissimo e unico. Come l’hai creato e in cosa l’hai ricercato?

Wo, che domanda super complicata! Bene, allora, diciamo che è Instagram che ha scelto me. In realtà è l’unico social che uso veramente, non perché voglio fare la hipster che “blé la tecnologia”, ma semplicemente perché lo ritengo il più valido, nascendo io come fotografa amatoriale. Per quanto riguarda l’unicità dei miei disegni, beh, non ho molto da dire, posso solo ringraziarti per il bellissimo complimento. Come nasce il mio stile invece è una domanda che non avrà mai una risposta definitiva.

Cercavo qualcosa di semplice, qualcosa di canonico che però potesse essere sempre diverso. Un po’ come un camaleonte, è sempre il solito animale ma ogni volta diverso. Quei due occhietti chiusi, il nasino all’in sù, le guance super rosa (come piacciono a me) e la bocca a cuore; sempre lo stesso eppure sempre diverso. L’importante per me non era disegnare bene, era far si che la gente potesse leggere quello che avevo da dire attraverso i tratti dei miei disegni. Con il passare del tempo mi sono perfezionata, ho cercato di migliorare tante cose, forse ci sono anche riuscita, ma questo non sta a me definirlo!

 

Eppure, come ogni artista, anche tu avrai qualcosa che ogni giorno ti ispira e che tieni un po’ fuori dai social quasi per “gelosia”, quell’emozione che disegni in ogni canzone senza palesarlo mai troppo.

 Si, forse hai ragione. Diciamo che vivo nei ricordi, che mi piace perdermi nel mio passato, che a volte mi piace ripensare a cosa facevo prima, le persone che ho incontrato, gli sguardi che ho evitato e quelli che invece mi hanno stregata. Però forse è proprio per quella gelosia di cui mi parli tu che preferisco non dilungarmi.

E la pagina? È cresciuta tanto! Cosa è diventata per te?

 È diventata una famiglia, piena di persone sempre pronte ad avere una parola di conforto, un complimento o il bisogno di una spalla su cui piangere. Ogni giorno mi scrivono in tantissimi, mi chiedono di raccontare le loro storie, di disegnare le loro emozioni, ma mi chiedono anche come sto, cosa faccio, quali sono i miei sogni. E’ come se avessi trovato 16 mila anime gemelle, 16 mila persone che mi riempiono.

 

Però non tutti quelli che leggono in questo momento sanno perché, cliccando su quel “Follow”, diventano una delle tue mele.

Perché, anche se non sembra, ho un cuore veramente grande. Per me quel “follow” non è un semplice numero, è la conferma che, dopo anni di progetti annegati ancor prima di buttarsi in acqua, la mia nave è salpata e va a gonfie vele. Devo lanciare uno slogan per attirare pubblico? dopo Eva, Newton e Jobs tocca a Annie.

 

Una curiosità. Valentina, ma per gli amici Annie. C’è una storia dietro?

Il mio ragazzo mi scrisse “buonanotte Annie” una volta, non ho mai saputo se è stata colpa dell’auto-correttore o dell’amante.

 

Con ‘l’iride più bello degli occhi che abbia visto’ penso proprio sia il correttore! E in quegli stessi occhi si vede così tanta gioia ogni volta che parli dei tuoi progetti nelle Instagram stories. Hai nuove sorprese per noi oltre a nuovi disegni?

Vorrei provare a puntare in alto ma forse sono ancora troppo insicura per provare a fare il grande salto. Un sogno? La copertina di un CD per uno dei miei artisti preferiti. Un sogno più terra terra? Riuscire a non deludere mai nessuno… non troppo terra terra! Comunque ho iniziato il mio tour di merchandising, chissà che non mi noti qualcuno ai festival!

 

Molto attiva quindi su tutti i fronti! Questo artista se potessi sceglierlo oggi quale sarebbe?

Assolutamente Gazzelle. Non so, forse siamo destinati a vivere insieme, o forse è semplicemente il mio angelo custode.

 

Sai che il batterista di Gazzelle faceva il mio liceo, lo conosco! Magari ci metto una buona parola.

 Magari va a finire che sei tu il mio angelo custode!

 

Mi viene in mente la pubblicità “Non realizziamo sogni ma solide realtà”, chissà che sia di buon auspicio questo piccolo reale incontro per la realizzazione di un grande sogno.

Mio caro Roberto Carlino, non è tanto un sogno quanto la voglia di rivalsa su tutte le persone che hanno provato a non farmi sentire all’altezza! Se poi dovesse rimanere un bel sogno, lo custodirò in un cassetto insieme a quel sogno infantile di sposarmi con Joe Jonas e di avere un cane.

 

Nel tuo “draw my life” (che trovate a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=0b0PT3Picrk ), constatata la bellezza dei tuoi disegni, mi aspettavo di sentire una carriera nel liceo artistico, invece no…

Proprio nel video dico che a 13 anni si è troppo piccoli per scegliere cosa fare nel futuro. Adesso che ne ho 20 e ho dovuto scegliere l’università ho ancora mille interrogativi. I miei genitori mi hanno consigliato l’istituto tecnico perché lavorano nel mondo delle spedizioni, nella mia città la maggior fonte di lavoro è il porto e io, tranne che diventare una principessa, non avevo molto chiaro quali fossero le mie priorità e le mie necessità. Posso solo dirti che ogni volta che prendo trenta all’università, alla mia prof di economia fa male un dente… o almeno spero.

 

Proprio alla Luiss, le facoltà sono tre e sono Scienze Politiche, Economia e Giurisprudenza. Diciamo che di tecnico hanno molto. Tu sei passata da una strada tecnica a una artistica, dove metti il cuore. Allora lasciamo i lettori in questo modo, con un consiglio da un’artista che ha vissuto il mondo tecnico per tecnici che molto spesso perdono di vista l’arte, e la loro arte interiore, oltre che ai tuoi disegni. 

Cari lettori, essere artisti non vuol dire saper disegnare. Si è artisti quando si ama, quando si parla, quando si vive. Forse anche i numeri sono un’arte, anche se io sono totalmente negata! Ricordate di fare uscire sempre la parte migliore di voi, che abbia due occhietti chiusi o una radice quadrata; l’importante è che non vi mettiate mai da parte per compiacere gli altri.

 

Grazie Annie, per averci regalato una parte di te, spero di vederti presto sulla copertina di Gazzelle con i tuoi disegni!

Beh, in quel caso sarai tra i ringraziamenti! Grazie a te per questa opportunità, e ovviamente anche a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di sopportarmi fino a qui. Un bacio grande, Annie :)

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Youth. La giovinezza http://www.360giornaleluiss.it/youth-la-giovinezza/ Sun, 13 Nov 2016 11:46:59 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7530 Quando ci si trova davanti a un film di Paolo Sorrentino c’è ancora chi parte prevenuto. Chi, per definire un film tale, ha bisogno di azione, di movimento, di colpi di scena magari conditi da un’abbondante spolverata di effetti speciali. Non c’è da stupirsi che rimanga deluso di fronte ai film di un regista il

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Quando ci si trova davanti a un film di Paolo Sorrentino c’è ancora chi parte prevenuto. Chi, per definire un film tale, ha bisogno di azione, di movimento, di colpi di scena magari conditi da un’abbondante spolverata di effetti speciali. Non c’è da stupirsi che rimanga deluso di fronte ai film di un regista il cui cavallo di battaglia sono proprio le lunghe inquadrature, quasi geometriche, che affascinano e innamorano.

Per chi ha soprannominato a suo tempo “La grande bellezza” “la grande lentezza” perché in circa due ore di film non figurava un drago mangia teste o un supereroe in tutina aderente, vorrei sconsigliargli caldamente di mettersi comodi in poltrona con l’intenzione di guardare un altro successo di Sorrentino, ovvero : “Youth- La giovinezza”.

Youth- La giovinezza” è un film del 2015 di uno dei registi che appartiene ormai alla ristretta categoria dei ‘Grandi Maestri’ del nostro paese, Paolo Sorrentino.

Suo secondo film girato in lingua inglese dopo “This must be the place” vede come attori principali: Michael Caine (britannico) e Harvey Keitel (statunitense) nella cornice di un idilliaco hotel tra le alpi svizzere. I due protagonisti, un ex direttore d’orchestra il primo e un vecchio regista il secondo, ormai non più nel fiore dei loro anni, osservano con sguardo critico la giovinezza (Youth) degli altri ospiti che si susseguono tra le stanze, piscine e lussureggianti prati dell’hotel in cui risiedono.

A fare da padrone in questo film è sempre il profondo estetismo che caratterizza Sorrentino e che lo spinge, in un modo quasi maniacale a controllare ogni inquadratura a millimetro, rendendolo, magari, meno reale ma donandogli quell’aura di perfezione che non ammette il minimo difetto. Perfezione che non ci abbandona in nessuna scena del film, che si propaga nelle musiche (molto simili a quelle di “La grande bellezza”), nei gesti, seppur semplici, negli sguardi, insomma in ogni più piccolo carattere di questa pellicola.

In questo sfondo estetista vediamo alternarsi per tutto la pellicola un profondo dualismo che mette in contrapposizione vecchiaia e giovinezza, voglia di vivere e voglia di arrendersi all’inesorabile tempo che passa, insomma varie visioni della vita, diametralmente opposte rappresentate da due generazioni che in comune hanno poco o niente soprattutto per quanto riguarda il modo di affrontare i sentimenti.

I sentimenti, sopra a tutto quello dell’amore, fanno da piccolo filo rosso in un film che apparentemente sembrerebbe intrappolato nella sua cornice. Lo sviluppo di questa pellicola infatti va ricercato all’interno dei personaggi, nelle loro consapevolezze che cambiano, nelle loro idee che mutano e che li portano, nel bene o nel male, a cambiare le loro priorità e a condurci a un finale totalmente inaspettato. Nell’ultima inquadratura, infatti, compare Keitel che con le dita fa il segno della macchina da presa quasi a dirci che sì, ci siamo lasciati stregare dalla profondità dei dialoghi e dalle riflessioni sul senso della vita, ma che alla fine, non si tratta di nient’altro che di un film.

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Un Picasso del tutto inedito. http://www.360giornaleluiss.it/un-picasso-del-tutto-inedito/ Wed, 26 Oct 2016 08:20:57 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7344 “Oh guarda ti hanno fatto il ritratto!”. Per tutti quelli che hanno intenzione di sfruttare questo tipo di battuta ci sono brutte notizie: all’Ara Pacis non troverete il solito Picasso. In effetti è fin troppo facile associare l’originalissimo pittore a una donna che ha due nasi o che ha gli occhi al posto del seno.

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“Oh guarda ti hanno fatto il ritratto!”. Per tutti quelli che hanno intenzione di sfruttare questo tipo di battuta ci sono brutte notizie: all’Ara Pacis non troverete il solito Picasso.
In effetti è fin troppo facile associare l’originalissimo pittore a una donna che ha due nasi o che ha gli occhi al posto del seno. Questa volta però, oltre ai “classici” dipinti troverete un Picasso del tutto inedito. Se pensate che posare per le riviste patinate sia una cosa che succeda soltanto alle star di oggi vi sbagliate di grosso. E se pensate che le persone si siano avvicinate al mondo della fotografia soltanto per aggiornare il proprio profilo Instagram, indovinate un po’? Vi state sbagliando anche questa volta. Anche Picasso non ne fu immune. Il pittore, infatti, si avvicinò molto alla fotografia nel corso della sua vita e arrivò addirittura a posare per il Paris Match. Si avvalse di numerose collaborazioni, tra cui possiamo individuare Brassaï, Robert Capa ed Edward Quinn. E tutto questo lo potrete ritrovare nella mostra inaugurata il 13 Ottobre, all’Ara Pacis, e che terminerà il 19 Febbraio.

L’esposizione è costituita da moltissime fotografie che vedono lo stravagante pittore come protagonista: così potrete osservare foto in cui posa con un teschio di bovino in spiaggia, oppure mentre accompagna la sua amata Dora Maar coperta da un ombrello gigantesco o ancora mentre posa nel suo studio.

Ma non solo: a Picasso piaceva stare anche dietro l’obiettivo. In particolare, alla mostra potrete ammirare delle fotografie realizzate dal pittore stesso che quasi si trasformano in dipinti, attraverso l’intervento che praticava con le sue mani sulle stampe fotografiche.  Immancabili, anche se in minoranza, i dipinti che contraddistinguono il pittore, tra cui “Nu de femme dans un jardin” e una serie intera che mostra la realizzazione dellaGuernica”.

Infine un ultimo consiglio: al termine della mostra potrete approfittare dei numerosissimi locali che ci sono in zona, in particolare di “Gusto”. Il locale offre diverse formule: da un ricco aperitivo per chi ha voglia di un boccone al volo ad una comoda cena in un locale dallo stile particolare e che può vantare dei cocktail davvero originali e a buon prezzo. Insomma, non resta altro che prendersi un pomeriggio libero per assaporare l’arte (in tutti i sensi).

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Omaggio alla Settima Arte http://www.360giornaleluiss.it/omaggio-alla-settima-arte/ Tue, 25 Oct 2016 14:35:13 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7333 Siamo nel periodo più in fermento dell’anno. A Ottobre si sa, le città pullulano di eventi e festival e sagre che una volta arrivati a Natale siamo già stanchi – o Nati stanchi, come direbbero i nostri cari comici Ficarra e Picone, giusto per restare in tema. E cosa è successo a Roma negli ultimi

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Siamo nel periodo più in fermento dell’anno. A Ottobre si sa, le città pullulano di eventi e festival e sagre che una volta arrivati a Natale siamo già stanchi – o Nati stanchi, come direbbero i nostri cari comici Ficarra e Picone, giusto per restare in tema. E cosa è successo a Roma negli ultimi dieci giorni di Ottobre si sa pure, soprattutto se siamo stati bombardati su qualsiasi social dall’hashtag #RomaFF11. Che non è una sigla di formula uno, ma più semplicemente l’acronimo per 11° Roma Film Fest, l’evento più atteso dal pubblico romano cineasta, oltre che dagli innumerevoli appassionati di cinema, romani e non, cultori sfegatati e non.

“Eleganza e internazionalità sono fra gli elementi fondanti della mia idea di Festa: è questo il senso dell’immagine simbolo di quest’anno, che vede danzare Gene Kelly insieme a Cyd Charisse.” Così risponde ai microfoni dei telecronisti Antonio Monda, Direttore Artistico del Festival per il secondo anno, mentre i cameramen inquadrano la ballerina statunitense Cyd Charisse abbandonarsi alla romantica presa di Gene Kelly, nell’intramontabile Singin’ in the Rain.
Eleganza e internazionalità dunque, ma non solo: discontinuità e varietà sono gli altri due temi chiave di quest’anno, per un festival che fosse questa volta dinamico e non ingabbiato nella tipica formula concorsuale – il festival mummificato da concorsi e premi che piaceva davvero poco al pubblico capitolino. Non a caso dunque ne è derivata la scelta di cambiare il nome da « Festival » in « Festa », e giusto perchè non solo l’Auditorium di via Pietro De Coubertin si vestisse a festa ma la Capitale tutta, non è stato difficile reperire manifesti e indicazioni sparsi a tappeto per la città. Proprio così, come in una sorta di Cammino di Santiago in salsa romana – « Il Cammino per Roma », si potrebbe azzardare! – si peregrinava dal centro alla periferia – perfino le Carceri di Rebibbia sono state imbandite a cineforum – dal Red Carpet di via De Coubertin a quello di via Condotti, passando per gli appuntamenti al Maxxi e alla Casa del Cinema di Villa Borghese.

La struttura della festa ha una forma decisamente poliedrica: non bastava la Selezione Ufficiale – categoria sotto la quale vengono presentate 44 pellicole di 26 paesi in anteprima mondiale per concorrere al Premio del Pubblico -, Monda ha pensato bene di andare a pescare negli altri Festival, giusto perchè il suo pubblico non restasse a bocc’asciutta, e così ha inserito Tutti ne parlano, una piccola sezione con quattro film che hanno ricevuto particolari attenzioni in altri festival. Non meno importante, per il Direttore Artistico, è il tema del dialogo, motivo per cui è nato Incontri Ravvicinati, ovvero uno spazio in cui fosse possibile per il pubblico fare il proprio incontro con le grandi personalità dell’arte, spaziando dai grandi del cinema come Oliver Stone, Bernardo Bertolucci, David Mamet, Viggo Mortensen, Meryl Streep e Roberto Benigni, passando per l’arte contemporanea con Gilbert&George, per finire alla musica con Jovanotti, Michael Bublé e Paolo Conte. Senza considerare l’ovazione ricevuta da Tom Hanks, primo fra tutti ad aprire le danze su Red, o i numerosi selfies scattati col cast di The English Patient, che si è mostrato brioso e accessibile al pubblico nell’ultima giornata della Festa, domenica 23.
Le altre sezioni della Festa riguardano le Retrospettive, due  delle quali dedicate rispettivamente a due grandi del cinema inglese ed italiano, nei nomi di Tom Hanks e Vittorio Zurlini, e l’altra alla politica statunitense, con l’intento di dare una rispolverata ai miti del passato a meno di un mese dalle elezioni presidenziali. Suggella il tutto Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela alla Festa del Cinema dedicata al cinema per ragazzi, ormai fedele alleato della kermesse romana. 

Dieci giorni di full immersion dentro questo parco divertimenti, all’interno delle sale messe sù da Renzo Piano – seppur sprovviste di Wi-Fi – in effetti sono stati una cosetta così. Forse in poche altre occasioni non si è avvertita la nostalgia della rete, avviluppati come si era dal network di artisti, imprenditori e addetti stampa che scivolavano giù lungo il tappetone rosso da mattino a sera. E nel frattempo cibo e musica a cielo aperto a fare da sfondo. Già, proprio una cosetta da nulla.

 

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Sammezzano: tra fascino e leggenda http://www.360giornaleluiss.it/sammezzano-tra-fascino-leggenda/ Mon, 24 Oct 2016 12:26:50 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7311 Il castello di Sammezzano non è solo un gioiello dell’architettura avvolto da un fascino tutto orientale, ma ha, come ogni castello che si rispetti, delle leggende che rendono la sua storia ancora più affascinante. In ogni luogo magico non può, ovviamente, mancare un tesoro nascosto. Infatti, si narra che all’interno dell’edificio vi sia un arcano

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Il castello di Sammezzano non è solo un gioiello dell’architettura avvolto da un fascino tutto orientale, ma ha, come ogni castello che si rispetti, delle leggende che rendono la sua storia ancora più affascinante.

In ogni luogo magico non può, ovviamente, mancare un tesoro nascosto. Infatti, si narra che all’interno dell’edificio vi sia un arcano tesoro che aspetta ancora di essere trovato. Le scritte sopra le due entrate opposte del corridoio bianco, un tempo chiamato Galleria dei Vasi, sembrano essere state fatte per confermare questa teoria: da una parte la parola nodum, dall’altra l’imperativo solve, che invitano quindi il visitatore a scogliere il nodo, ovvero il segreto, l’enigma nascosto tra le mura dell’edificio.

 

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C’è chi dice, poi, che il fantasma del Marchese si aggiri per il castello durante la notte, provocando strani rumori e sbattimenti di porte, senza essere però mai ostile verso i presenti, tanto da essere stato ribattezzato dall’allora portiere con il nomignolo di Fantasma Tiberio.

Infine, vi è quella che gli abitanti locali hanno chiamato la “maledizione dei Leoni Piangenti”. Il marchese venne colpito da una misteriosa malattia, una specie di paralisi progressiva. Nonostante i numerosi tentativi per salvargli la vita, che richiesero anche l’aiuto di maghi e stregoni, Ferdinando Panciatichi Ximenes morì e le sue spoglie furono poste in una cripta sotto al castello. A guardia del suo corpo furono posti due leoni in pietra che, invece dell’espressione seria e maestosa tipica dei ritratti felini, avevano un’aria triste e malinconica. Per di più, una strega fece una maledizione sui leoni: chiunque avesse profanato le statue, disturbando il riposo eterno del marchese, sarebbe morto a causa della stessa malattia di Ferdinando. E sembra proprio che, nel 2005, questo anatema sia accaduto ai due ladri che hanno rubato uno di questi leoni, nonché ad un mercante d’arte in Umbria e ad una ricca signora lombarda che sono stati proprietari, seppur per breve tempo, del “Leone Triste”.

Leggende e mistero, dunque, che aumentano il fascino di questo castello situato a meno di cento chilometri da Firenze, ancora troppo poco conosciuto ma che necessita sempre più di essere restaurato. Tra le varie iniziative portate avanti per la tutela di questo luogo, c’è anche la partecipazione al concorso “FAI – I Luoghi del Cuore”, con lo scopo di ricevere fondi che potrebbero, in parte, salvare l’opera dallo stato di degrado in cui versa.

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L’amore di Vittorio Sgarbi http://www.360giornaleluiss.it/lamore-di-vittorio-sgarbi/ Sat, 01 Oct 2016 14:13:53 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7109 La mia idea era quella di intervistarlo sulla gestione del patrimonio artistico italiano negli ultimi dieci anni e, dopo qualche domanda, tornarmene a casa ad intervista ultimata, da rivedere e confezionare per il giornale 360. Ovviamente, non è andata così. Sgarbi è eclettico, travolgente, acuto, curioso ed energico, geniale e allo stesso tempo estremamente complesso,

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La mia idea era quella di intervistarlo sulla gestione del patrimonio artistico italiano negli ultimi dieci anni e, dopo qualche domanda, tornarmene a casa ad intervista ultimata, da rivedere e confezionare per il giornale 360.

Ovviamente, non è andata così.

Sgarbi è eclettico, travolgente, acuto, curioso ed energico, geniale e allo stesso tempo estremamente complesso, difficile.

L’uragano della sua persona mi travolge così negli studi Mediaset del Palatino davanti ad una crema di caffè ed in meno di due ore sono nella sua macchina a Fiumicino con il suo autista ed il suo addetto stampa, con i suoi libri che riempiono praticamente ogni spazio vuoto dell’abitacolo, pronti a partire alla volta di Parma.

L’ho cercato per giorni. E se c’è una cosa che capisco immediatamente sin dall’inizio del viaggio è che il professor Vittorio Sgarbi non conosce tempo. Non solo perché, come certamente non è difficile immaginare per un intellettuale del suo calibro, non ne ha da buttar via – interviste di radio e giornali che lo cercano da tutta Italia e alle quali non si sottrae per non perdere mai la possibilità di dire la sua (lo inseguono da terra, mentre noi seguiamo lui, che è in aereo) – ma anche perché esigenze fondamentali che scandiscono i ritmi di un essere umano “normale” nella vita di tutti i giorni, come mangiare o dormire, per lui divengono assolutamente secondarie se non inutili di fronte alla sola possibilità di inseguire un dipinto veneziano, una scultura, un testo antico, esposti nella più importante fiera annuale dell’antiquariato che esista in Italia: “Il mercante in fiera” di Parma.

La sua, e adesso anche mia, agognata meta.

Durante il viaggio non faccio che pormi domande sulla mia presenza in quell’automobile. Il suo staff mi spiega che non c’è assolutamente nulla di strano: il professor Sgarbi, probabilmente incuriosito dalle mie domande, ha deciso di rendermi partecipe di quell’esperienza.

Durante il suo volo il professore ci tiene a sincerarsi che “la giornalista”, cioè io, sia in macchina con il suo staff. Certo che ci sono e con le cuffie riascolto quelle risposte che sono riuscita a strappargli davanti alla galeotta crema di caffè. Il sottofondo dei cucchiaini che sbattono sulle nostre tazzine, la mia, la sua, quelle del suo staff, la sua voce che mi definisce “figa metafisica” poco prima di iniziare, e improvvisamente mi accorgo di quanto fosse riduttivo, poco ambizioso il mio progetto di intervista iniziale.

Professor Sgarbi, la mia prima domanda riguarda la gestione del patrimonio artistico italiano, magari quello meridionale, diciamo negli ultimi cinque, dieci anni, da parte della politica, degli enti locali…cosa ne pensa? Rimpiange qualcosa, qualcuno, un progetto o una politica in particolare?

<< Il patrimonio artistico italiano è stato gestito in maniera corretta fino alla fine del fascismo. Dopo di che è iniziato un periodo inerte, che è quello che va dal 1946 al 1976, quando è nato il Ministero dei Beni Culturali che ha restituito al nostro patrimonio una certa autonomia rispetto all’Istruzione. Non so se fosse giusto. Forse era meglio tenerli insieme. Certamente, però, se pensiamo al Ministero del Patrimonio che c’è in Francia, ecco che emerge la visione tutta italiana del patrimonio. Noi del patrimonio culturale ed artistico abbiamo una visione tutta idealistica e non certamente patrimoniale, consideriamo il nostro patrimonio un elemento forse imprescindibile per la formazione, ma non certo per lo sviluppo. Questo dato ha portato, in quegli stessi anni, all’equivoco di pensare che il Meridione si dovesse sviluppare attraverso delle aree industriali, come Bagnoli, Ilva … Ed è stato un errore grave. Negli ultimi dieci o dodici anni si è presa coscienza di quell’errore. Dapprima Italia Nostra nel ‘59 si rende conto che l’Italia sta per essere sconvolta dall’edilizia selvaggia. In Italia ci sono 25 milioni di edifici costruiti, di cui ben 12 fino al 1959, e 13 milioni dal ‘59 ad oggi. Quindi abbiamo costruito praticamente qualunque cosa, qualsiasi merda, dovunque e con pochissimi elementi di architettura di rilievo. La nascita del Ministero dei Beni Culturali avviene in piena speculazione edilizia, corruzione, un’isola che sorge nel deserto di una catastrofe senza precedenti. Fino al 1948 l’Italia era il Paese più bello del mondo, dal ‘48 in avanti è diventato il più brutto, ma solo all’apparenza. Se vogliamo, dovunque in tutte le città, pur vedendo all’apparenza molte cose brutte più che cose belle, quest’ultime le raggiungiamo con una certa fatica, dove non sono state proprio distrutte. Ecco negli ultimi 15 anni è sorta questa consapevolezza…>>

Riusciamo a fare un esempio pratico?

<< Certamente. Confronto tra Siracusa e Noto. Si presenta la necessità di costruire in quell’area un impianto industriale. Vince la città più forte, che è Siracusa. Si costruisce quindi lì lo stabilimento di Priolo, che per la verità è una cosa che non si può guardare. La perdente Noto soffre inizialmente di non aver potuto fare la stessa cosa, ma in compenso nell’area dove doveva sorgere quello stabilimento industriale, ecco che si espande l’oasi di Vendicari, un patrimonio meraviglioso che vale mille volte di più. Capisce? Quello che all’epoca fu per Noto una sconfitta, è oggi una vittoria. Quello che all’epoca significò per Siracusa avanzamento, progresso industriale, un errore. Di colpo negli ultimi quindici anni assistiamo a questo ritorno alla sensibilità, alla consapevolezza del patrimonio naturale, artistico. Pensi sempre al fatto che nel dopoguerra l’alfabetizzazione non era così diffusa. Le élite che hanno costruito in quegli anni la bellezza d’Italia lo hanno fatto per un popolo del tutto ignaro ed inerte. Oggi quello stesso popolo, ignaro ed inerte, si è sì alfabetizzato, ma è esattamente ignaro come lo era prima. In compenso non ci sono più quelle élite. Tu pensa che esiste uno stile egizio, uno greco, uno romano, uno gotico, uno rinascimentale ed uno fascista…ma non c’è uno stile democristiano. Non c’è uno stile socialista. Perché? Perché finiti i tempi di quelle élites è nato un grande equivoco democratico, quello per cui le case popolari, che sono la merda della merda della merda, hanno sostituito il bello con l’utile. Abbiamo perduto il Bello per avere l’Utile. Oggi si inizia a capire che il Bello ha un valore anche economico. Ma un popolo alfabetizzato non è per ciò stesso sensibile al bello artistico. Il fallimento dell’arte contemporanea è in quelli che vedranno nell’orinatoio d’oro di Maurizio Cattelan, solo ed unicamente un orinatoio. Capisci? Oggi quella élite che un tempo produceva delle opere per pochi ma comprensibili da tutti, produce opere per pochi e comprensibili da pochi. Vuole venire con me a Verona? >>

Per vincere le mie riluttanze a partire subito, mi dice dove andremo, cosa mi perderei se non andassi con lui per rimanere a casa a studiare. E chiede di farmi fare un biglietto. La tentazione di seguirlo è troppo forte. Ma del resto mi aveva già convinta raccontandomi del Battistero di Giusto de Menabuoi di Padova e di quel santuario, nascosto da tutto il mondo, che un’altra studentessa di storia dell’arte si era persi …per studiare l’Argan.

Sono sempre nella sua macchina in viaggio verso Parma. Prima di andare tutti in albergo ci fermiamo a Bonavigo dove il Professore è stato invitato dalla Fondazione Mazzoleni ad una conferenza in occasione di un’esposizione di Andy Warhol. Anche lì il Professor Sgarbi, fino a tarda serata, riesce instancabilmente ad incantare una platea di persone. Quasi appena arrivata, dispiaciuta per essermelo perso, nel giardino davanti ad un bicchiere di prosecco conosco la conservatrice del Museo d’Orsay di Parigi, Beatrice Avanzi. Anche lei accompagnerà il professore all’esposizione antiquaria di domani a Parma, ed anche nei suoi grandi occhi chiari, quasi come in quelli del Professor Sgarbi, leggo una passione artistica, quel fervore quasi felino di svegliarsi presto all’indomani per andare a caccia di opere d’arte.

Per me l’antiquariato per intenditori, collezionisti ed amanti di opere d’arte è ormai inevitabilmente legato al colore azzurro, agli azzurri di Raffaello.

Azzurri sono infatti anche gli occhi di Giampaolo Cagnin, imprenditore di Parma, appassionato d’arte come gli altri. Anche lui, mi spiega, farà parte della squadra di domani. Non abbandonerà mai il professor Sgarbi, nessuno di loro lo farà. Troppo divertente e travolgente vederlo all’opera.

Dalla mattinata di giovedì, passiamo ore a muoverci tra gli stand dei venditori e in pochi minuti tutti lo guardano. Il professor Sgarbi, anche quest’anno, è a caccia. I suoi occhi si muovono freneticamente in cerca di qualcosa che sa esserci, ma che solo a lui potrebbe rivelarsi in tutta la sua grandezza. Non ha dormito molto, lo intuisco da quello che si dice il resto della compagnia. Ma questo non inficerà la sua caccia al dipinto. Di lì a poco scoprirò che non gli interessa nemmeno molto bere o mangiare e che, più difficile ancora, sarà staccarlo dagli stand, dai dipinti, per portarlo a fare un collegamento con una nota trasmissione televisiva che lo sta aspettando per una registrazione.

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Il professor Vittorio Sgarbi al Mercante in Fiera, fiera annuale dell’antiquariato di Parma.

Sgarbi ama l’arte, nel senso totalizzante che tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo provato per un essere umano. E’ un amore malato, energico, quasi ossessivo, instancabile e geloso, che di per sé stesso lo tiene in piedi e gli dà vita, stancando invece il resto del mondo che non è come lui. E’ quell’amore che tiene svegli la notte o per ore in piedi senza mangiare. Un dipinto veneziano, una cassetta intagliata di inizio Novecento che lo hanno colpito in modo particolare. Cos’è il cibo a confronto?

Io, “figa metafisica” e ignorante, continuo a seguirlo tra gli stand. Lo vedo in tutta la sua naturalezza, travolto da quella passione che ormai non può nascondere più a nessuno. Lo ringrazio per questo. << L’ho portata con un cacciatore in terra di leoni … >> mi confessa.

Rifletto. In effetti la mia ingenua e assai poco ambiziosa intervista sulla gestione del patrimonio artistico italiano negli ultimi dieci anni si è in poche ore trasformata in un dipinto di Bazille, l’Atelier di Rue la Condamine, 1870, olio su tela, che è conservato proprio al Museo d’Orsay. Io ne faccio parte solo nel 2016. Inseguendo una compagnia di intenditori d’arte che Bazille non avrebbe mai potuto dipingere.

Alzo lo sguardo e vedo il professore che, finalmente, dopo aver vagato per ore tra padiglioni traboccanti di dipinti e teche, dorme su una poltrona di fronte alla telecamera spenta, poco prima del suo collegamento con gli studi della trasmissione da registrare. E’ tutto a posto, è umano.

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Il professor Sgarbi in attesa del collegamento per la registrazione di un’intervista televisiva, da uno stand della fiera di Parma

Al termine della registrazione, poco meno di un’ora, il Professore si alza e vede la fabbrica in via di disinstallamento: “Mi avete fatto perdere metà della fiera!”.

Errata corrige, non è umano. E’ Vittorio Sgarbi.

Fine prima parte della sua vita, almeno di quella cui mi è stato gentilmente concesso di assistere.

Figa Metafisica

 

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La Alhambra della Toscana: il castello di Sammezzano http://www.360giornaleluiss.it/la-alhambra-della-toscana-il-castello-di-sammezzano/ Wed, 21 Sep 2016 10:08:55 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7035 Poco distante da Firenze c’è un castello delle meraviglie. Non il solito castello di pietra circondato da un fossato ma un castello il cui cuore pullula di Oriente. Situato a Leccio, nel comune di Reggello, vicino Firenze, il Castello di Sammezzano è un vero e proprio tesoro nascosto della Toscana. La magia inizia già nel

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Poco distante da Firenze c’è un castello delle meraviglie. Non il solito castello di pietra circondato da un fossato ma un castello il cui cuore pullula di Oriente.

Situato a Leccio, nel comune di Reggello, vicino Firenze, il Castello di Sammezzano è un vero e proprio tesoro nascosto della Toscana. La magia inizia già nel parco che si deve percorrere per raggiungerlo, dove si trova un patrimonio botanico inestimabile, con piante ed alberi di ogni genere, tra cui una sequoia alta 46 metri.

La vera meraviglia è però la visita dell’edificio stesso. Costruito agli inizi del ‘600, si pensa che la storia del luogo dove sorge sia addirittura più antica e che vi abbia soggiornato anche Carlo Magno, di passaggio per le terre fiorentine, assieme alla moglie e ai figli. L’aspetto attuale si deve però al marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, protagonista indiscusso della vita sociale e politica fiorentina del XIX secolo, che, dopo aver ereditato il castello, dal 1853 dedicò, in veste di committente e di architetto, anima e corpo alla trasformazione di questo posto, sulla linea di uno stile moresco.

La facciata ricorda il Taj Mahal in India, mentre il suo interno si ispira all’Alhambra di Granada. Le sue sale sono tutte curate nei minimi particolari. Diverse l’una dall’altra, risplendono per la loro originalità: alcune super colorate, altre bianche e blu, richiamano tutte quante lo stile arabeggiante e sono un piacere per gli occhi e per la mente. Nella Sala da Ballo, per esempio, dominano il pizzo e i merletti, rigorosamente bianchi, mentre, nella Sala dei Pavoni, vi è una decorazione a ventaglio multicolore che ricorda l’animale da cui prende il nome. Infine, vi sono scritte di frasi tratte dalla letteratura italiana classica che, nascoste più o meno in ogni stanza, si mostrano solo ai visitatori più attenti.

Nel dopoguerra questo castello fu trasformato in un hotel di lusso, con ristorante e camere dove poter soggiornare, e all’esterno fu aperto un piccolo bar che divenne il luogo di ritrovo per molte famiglie e giovani del posto. Fu venduto, poi, all’asta nel 1999 ad una società italo-inglese, ma a partire dall’ottobre del 2015 è nuovamente venduto al miglior offerente a causa dello stato di insolvenza della società stessa.

Nell’aprile del 2012 è nato il comitato Save SammezzanoIl-Castello-di-Sammezzano-1 per promuovere il restauro e la valorizzazione di questa bellezza, troppo spesso dimenticata. Il sogno sarebbe quello di trasformare il castello in un polo museale multifunzionale: il piano terra, che non ha un valore culturale, sarebbe adibito alla ristorazione mentre il piano superiore diverrebbe museo e location per cerimonie ed eventi. Il secondo piano verrebbe destinato a mostre private e ad un centro di studi orientali. Il parco, infine, sarebbe utilizzato per attività ricreative come percorsi botanici e parco avventura.

Le visite al castello adesso sono consentite solo durante giornate di apertura straordinaria che, grazie al gruppo di volontari del comitato F.P.X.A, nato per ricordare la figura del marchese, stanno diventando più frequenti, per cercare di far conoscere la magia di questo luogo, con la speranza di ricevere fondi per riportarlo allo splendore del passato il prima possibile.

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#laRinascentePeople http://www.360giornaleluiss.it/larinascentepeople/ Fri, 08 Apr 2016 10:17:59 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6281 Ogni luogo è fatto soprattutto dalle persone che lo animano.  E’ questo lo spirito centrale della campagna Spring/Summer 2016 de La Rinascente firmata da Scott Schumann e Jungwoo Kasiq, e l’accoppiata è da sé interessante. Scott Schumann è un fashion blogger americano (The Sartorialist) e fotografo, Jungwoo Kaisq è un pittore, acquerellista; due opposti complementari,

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Ogni luogo è fatto soprattutto dalle persone che lo animano. 

E’ questo lo spirito centrale della campagna Spring/Summer 2016 de La Rinascente firmata da Scott Schumann e Jungwoo Kasiq, e l’accoppiata è da sé interessante.

Scott Schumann è un fashion blogger americano (The Sartorialist) e fotografo, Jungwoo Kaisq è un pittore, acquerellista; due opposti complementari, uno che incarna lo spirito moderno e tecnologico, l’altro che ripete la più antica delle arti figurative. Ma hanno un punto centrale in comune: la riproduzione dell’attimo, nella sua complessità e velocità, nella sua particolarità ed unicità.

#laRinascentePeople ha voluto catturare tutto questo attraverso due arti uniche rendendo protagonista un luogo, La Rinascente, che ogni giorno prende vita grazie alle anime che la frequentano, e lo fa attraverso i loro volti, selezionati in un “Street Casting Fashion Week”.

Il risultato è una campagna che presenta uno sguardo sulla città, le persone che la vivono, i caratteri che animano La Rinascente.

Perché La Rinascente ha una storia che è un pò quella di tutti.

Nati dall’idea dei fratelli Luigi e Ferdinando Bocconi nel 1865, i grandi magazzini ebbero immediato successo, tanto che già nel 1877 l’attività fu ingrandita e trasferita nella storica sede di Piazza Duomo. E’ il primo esempio di grandi magazzini all’italiana che nel corso degli anni si trasformano e mutano, al passo con il cambiamento dei tempi, delle abitudini, delle persone puntando sull’eleganza dei magazzini, la qualità della merce e la “democraticità” del mercato essendo accessibili non solo alle classi alte ma anche a quelle medio-basse.

Il nome d’autore è opera dell’estro di Gabriele D’Annunzio che la rinomina “la Rinascente” nel 1917, quando fu ricostruita in seguito ad un incendio che la distrusse completamente. Da quell’angolo di Piazza Duomo, e man mano nelle principali città italiane, La Rinascente ha assistito al miracolo italiano diventando il luogo in cui si materializzavano i sogni (e i nuovi bi-sogni) degli italiani, dal frigo agli elettrodomestici, dall’abbigliamento alla cancelleria.

E’ sempre stato un grande ritrovo per gli artisti, ecco perché la campagna Spring/Summer 2016 è perfettamente in linea con lo spirito della compagnia. Traspare un’idea di moda fatta di vita, come un paio di scarpe di cuoio consunte, e ricercata non per il lusso e l’eleganza ma per sé stessi. Le foto di Scott Schumann riprendono le persone in modo naturale e reale, nella loro unica diversità, e poi diventano degli acquerelli grazie alla mano di Jungwoo Kasiq che li plasma assecondando e gestendo  l’imprevedibilità dell’acqua di spargersi e formare macchie.

Il risultato è un lavoro d’arte, di moda, di vita.

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Il corpo come mezzo d’espressione contemporanea http://www.360giornaleluiss.it/il-corpo-come-mezzo-despressione-contemporanea/ Tue, 15 Mar 2016 07:58:18 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6030 “Il vento non spezza l’albero che sa piegarsi” così come “i corpi non effettuano gesti scomposti nelle persone che ne hanno acquisito la consapevolezza“. Virgilio Sieni è uno dei più noti coreografi italiani e, pur lavorando quotidianamente con la sua compagnia di Firenze, sceglie volontariamente di lanciarsi ogni giorno in nuovi progetti che coinvolgano sempre

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Il vento non spezza l’albero che sa piegarsi” così come “i corpi non effettuano gesti scomposti nelle persone che ne hanno acquisito la consapevolezza“.

Virgilio Sieni è uno dei più noti coreografi italiani e, pur lavorando quotidianamente con la sua compagnia di Firenze, sceglie volontariamente di lanciarsi ogni giorno in nuovi progetti che coinvolgano sempre più un pubblico digiuno della danza.
Non ci sono mai stato, eppure mi accorgo di esserci nato“. Così Sieni definisce il corpo umano, lo strumento di tante azioni abituali e di cui purtroppo si ha poca coscienza.

Al Museo MAXXI di Roma il secondo incontro del ciclo di conferenze “Le storie dell’arte” ha quindi trattato, attraverso l’esperienza professionale del coreografo, i principi della composizione performativa, tutt’altro che desueti, tutt’altro che propri solo di una nicchia fatta dai Roberto Bolle o le Carla Fracci.
Tutto quello che è necessario sono la pazienza e le consapevolezza del gesto, non necessariamente da acquisire in anni di allenamento, ma sicuramente da perfezionare in un processo dialogico basato sul continuo confronto con gli altri e con l’ambiente“. Questa la principale motivazione che spinge Sieni a lavorare con compagnie amatoriali formate da persone comuni di età compresa fra i 7 e i 93 anni.
Abbiamo messo in scena Dante, spaziamo dai classici alle forme artistiche contemporanee, tutti imparano i gesti, tutti acquisiscono la forma migliore partendo dalla conoscenza di sé. Un insieme di movimenti diversi quanto le persone che compongono la coreografia, ma posti tutti in armonia. Ci possono essere percussioni, ci può essere musica, ma ogni gesto, anche nella routine di tutti i giorni, è in armonia con l’ambiente, paradossalmente in una dimensione dove l’equilibrio statico è reale quanto la perfezione, ovvero irraggiungibile.

In sintesi una lectio magistralis quasi trascendentale dove anche l’elemento più semplice può essere trasposto in una dimensione quasi filosofica. Non a caso la filosofia e la conoscenza furono le protagoniste del primo incontro, che ha visto cominciare un ciclo di conferenze fondato sulle diverse espressioni dell’arte attraverso suoi interpreti e studiosi di spicco.

L’acrobates è colui che sa camminare sulle punte, ma allo stesso tempo è armonico anche in assenza di equilibrio. Ognuno con una maggiore consapevolezza del proprio corpo può ricercare l’armonia perché, si sa, non occorre essere danzatori per capire che nella vita sociale i gesti trasmettano più della parola le nostre emozioni – In questo modo Sieni ha reso universale la sua esperienza professionale – Gioia, serenità, ma anche ansia e paura, tutto si converte in uno specifico linguaggio somatico e, molte volte, nelle nostre relazioni sarà proprio questo a fare la differenza, nell’ispirare coraggio, timore, stima e sì, spesso perfino un innamoramento.

I riferimenti sono molteplici, le forme infinite, eppure una sequenza di gesti apparentemente semplice, ha spiegato il coreografo, nella sua consapevolezza di controllo, nella sua perdita di coscienza o semplicemente nella fluidità, può avere un impatto o trarre il risultato esattamente opposto. “Lì nasce la performance che va oltre il semplice gesto, lì nasce il ballerino che si pone come un professionista della composizione performativa.

Il corpo è il primo strumento d’espressione umano, un elemento di cui possono essere consapevoli anche coloro che non hanno opportunità, voglia o tempo di calcare le scene.

 

img_4246.jpg@LolloNicolao  

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