#erasmus – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Fri, 16 Mar 2018 19:15:12 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png #erasmus – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 Quel che non ti aspetti-South Carolina http://www.360giornaleluiss.it/quel-che-non-ti-aspetti-south-carolina/ Sat, 04 Feb 2017 11:01:31 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8052   Occhi nevosi, rossore accennato, l’intimità che ti accoglie alla porta quando ancora rivolgi lo sguardo al calcestruzzo, quasi bisbigli al tuo cuore che basta sorridere, che brancoliamo in un buio precario. Non ci son gatti per strada, sarà stata la tirannia dei “roditori alberati” ad averli costretti alla fuga, o l’abbondanza di ghiande e

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Occhi nevosi, rossore accennato, l’intimità che ti accoglie alla porta quando ancora rivolgi lo sguardo al calcestruzzo, quasi bisbigli al tuo cuore che basta sorridere, che brancoliamo in un buio precario.
Non ci son gatti per strada, sarà stata la tirannia dei “roditori alberati” ad averli costretti alla fuga, o l’abbondanza di ghiande e la loro scarsa predisposizione ad una dieta vegana, chissà…
Ovunque, un vapore bianco fuoriesce dai tombini, ti offusca di indiscrezione, perché? E nella curiosità incalzante mastichi il torpore del mattino, bevi un caffè, più che altro anneghi in acque torbide. Un po’ ti manca il tuo espresso, così conciso, così piacevolmente breve. E poi, baratti quel sorriso per una Bialetti, in realtà è un’allegria vicendevole, ha il sapore di una terra sconosciuta, ti arricchisce della sua storia.16467111_10211955972085468_1541091010_n

Occhi timidi su cui accanirsi sgranocchiando imbarazzo, si brancola nella penombra. Il cantico delle brasseries non può che essere una rivendicazione d’amor di patria. Eppure, qui si bevono sacchetti di carta, non si barcolla sui propri passi, non ci si siede a terra troppo a lungo.

Il libertinismo si agghinda di rosa cipria, mostra le gambe, si pettina i capelli argentati, parla di sé ed ammalia. Poco distante, lo sguardo si spegne nel compiacimento di qualsivoglia virilità, in un frastuono simile non è più lecito chiedere, siamo rondelle all’ingrosso.

Questa è una terra che si consuma alla luce del sole, che si scava sotto i piedi dei viandanti ed indossa frutici. Che non ci sia un’appartenenza radicata è di per sé identità, incava ogni sguardo che sfugge, ne succhia l’essenza e se ne arricchisce. In questi luoghi, ogni respiro è una folata di vita, ed i sogni percorrono da soli un lungo cammino. Più spesso, si perdono nella natura grezza dell’essenza umana.

Questa è una terra che biascica di sé masticando tabacco, mentre si raschia il ventre solerte. Ancora, una donna selvatica con le labbra dipinte, il viso d’ebano… di emancipazione, trascina con sé uno sguardo scompigliato; di paradossale inciviltà, puoi percepire lo scricchiolio di caviglie sottili che si sgretolano sotto il suo peso.

Occhi ingenui, ovunque, persino le foglie parlano la lingua di Takchawee, ma noi gli abbiamo messo le amarene in bocca.
Se solo prestassimo l’orecchio, tuttora bisbigliano.

di Andrea Valeria Ciavatta

 

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La città dei cliché- Parigi http://www.360giornaleluiss.it/la-citta-dei-cliche-parigi/ Sat, 28 Jan 2017 09:31:20 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8032 Camminare sulla rive gauche, passare davanti al Musée d’Orsay e entrare nelle nascoste vie del quartiere di Saint Germain de Près ( sesto arrondissement) rende il cammino verso l’università Sciences Po indimenticabile. Dopo la più che piacevole camminata, una volta arrivata a Sciences Po, entri in una dimensione multiculturale come non ne ho mai viste

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Camminare sulla rive gauche, passare davanti al Musée d’Orsay e entrare nelle nascoste vie del quartiere di Saint Germain de Près ( sesto arrondissement) rende il cammino verso l’università Sciences Po indimenticabile.
Dopo la più che piacevole camminata, una volta arrivata a Sciences Po, entri in una dimensione multiculturale come non ne ho mai viste prima. Studenti che vengono da tutte le parti del mondo, bisbiglii di mille lingue diverse e un’ immensa vastità di culture differenti. Una volta iniziata la lezione, si ha la possibilità di dibattere in classe su questioni socio-politiche/economiche che ti fanno conoscere il pensiero altrui e di far sentire il proprio. Niente, a mio avviso, è più interessante e soddisfacente di partecipare in prima persona a una lezione e di poter dibattere e imparare. Avere amici che vengono dal Madagascar, dalla Birmania, dall’Australia, e quant’altro, è impagabile. Una volta finite le ore di lezione, si passa il ponte pedonale pieno di artisti di strada che collega la rive gauche con la rive droit per arrivare direttamente al quartiere le Marais ( terzo arrondissement). Se è una bellissima giornata di sole non si può non andare a Place des Vosges, dove visse Victor Hugo, prima di essere esiliato per la sua politica contro Napoleone III. Oltre a Place des Vosges, il quartiere le Marais è piccolo e affascinante e pieno di boutiques e negozi alla moda.

Ciò detto, Parigi è un grande, enorme palcoscenico, con un infinità di scenari per tutti. La Parigi più amata dai “parigini doc” sono il primo, il quarto e l’undicesimo arrondissement. Io ho avuto la fortuna di trovare un appartamento nell’undicesimo arrondissement, quartiere giovanile, artistico e divertente. L’undicesimo arrondissement è infatti il quartiere con la più alta densità demografica d’Europa, e va dalla Bastiglia a Place de la République. Oltre agli innumerevoli Café, ristoranti e locali notturni, si possono visitare anche interessanti musei. Un esempio lampante è il Musée Edith Piaf, che occupa un paio di stanze in una casa privata. Possiede vari cimeli della grande cantante francese tra cui fotografie scarpe e vestiti. Oltre ad Edith Piaf, nell’undicesimo arrondissement vissero personaggi celebri come Pablo Picasso, Paul Verlaine e Georges Simenon. I personaggi famosi, i palazzi barocco/rinascimentali, le diversità culturali , le baguette, i dolci appena sfornati, i musei meravigliosi e le piccole boutique di libri e di oggetti antichi non sono niente in confronto all’emozione di vedere il sole che tramonta dietro la torre Eiffel con i suoi colori rosei mentre si passeggia sulla Senna. Ho trovato Parigi estremamente fotogenica, con il grigio dei tetti, i palazzi perfettamente allineati e integrati tra loro e i balconcini in ferro battuto dove nonostante il freddo gelido dell’inverno i parigini doc si affacciano per fumare una sigaretta.
Parigi è un paradosso di bellezza e eleganza e clochard agli angoli della strada sotto strati di cartone.

E’ una città fatta di cliché: tutto quello che si vede e si fa, dalla torre Eiffel al Moulin rouge, è un cliché vivente.

di Rosa Maria Tomasello

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Dank je wel, Tilburg! http://www.360giornaleluiss.it/dank-je-wel-tilburg/ Sat, 14 Jan 2017 15:54:54 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7974 Quando ho deciso di fare l’Erasmus volevo scegliere una meta in un paese che mi avrebbe dato l’occasione di sfruttare al meglio la mia esperienza all’estero. Ho deciso di andare in Olanda per le opportunità che questo paese offre agli studenti e, non volendo andare in una città troppo grande, ho optato per Tilburg, situata

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Quando ho deciso di fare l’Erasmus volevo scegliere una meta in un paese che mi avrebbe dato l’occasione di sfruttare al meglio la mia esperienza all’estero. Ho deciso di andare in Olanda per le opportunità che questo paese offre agli studenti e, non volendo andare in una città troppo grande, ho optato per Tilburg, situata nella provincia del Noord-Brabant a sud dei Paesi Bassi e che conta poco più di duecentomila abitanti, principalmente studenti e molti dei quali internazionali. Tilburg, infatti, è sede di una grande università immersa nel verde. Il centro è piccolo ma presenta le caratteristiche della tipica cittadina olandese, con qualche edificio antico e le classiche casette a schiera, ma anche molti negozi, locali notturni e ristoranti.

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Io non ho vissuto nel centro della piccola Tilly, ne’ tantomeno in una casetta a schiera. La mia casa era il 48, uno degli appartamenti per studenti situati lungo la strada Professor Verbernelaan, chiamati da tutti affettuosamente Verbs, perché solo gli Olandesi riescono a pronunciare i nomi che danno alle loro strade. Quando ripenso al mio Erasmus, i ricordi che riaffiorano alla mente sono legati principalmente a questo luogo. Composto da cinque palazzoni grigi e non proprio gradevoli alla vista, il Verbs è abitato da circa duecento studenti provenienti da ogni parte del mondo. E’ qui che ho vissuto per cinque mesi, a volte in condizioni igieniche non esattamente ottimali, condividendo bagno e cucina con sedici altri ragazzi che sono diventati un po’ la mia famiglia nel corso del mio periodo all’estero.

 

Tra i corridoi del Verbs, per la prima volta mi sono ritrovata a vivere lontana da casa e ho dovuto sapermi adattare alla mia nuova vita olandese. Nonostante il disorientamento iniziale, ho imparato fin da subito che se non hai una bicicletta in Olanda non sei nessuno, e che anche se fuori piove o fanno quattro gradi sotto zero questa sarà sempre la tua immancabile compagna di avventure. Ho imparato che la birra del supermercato non è poi così male dopotutto, cosi come la pizza di Domino’s, e che il giorno preferito degli olandesi è il giovedì. Ho viaggiato in Olanda e fuori conoscendo posti nuovi. Ho partecipato a pub crawls, serate a tema e beer cantus. Ho studiato (giuro!). Ma soprattutto, ho stretto legami speciali che vanno al di là delle differenze culturali e che spero dureranno tutta la vita.

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A Tilburg ho lasciato un pezzetto di cuore e una bici malandata, ma porto con me nuovi affetti e la consapevolezza di essere cresciuta e maturata. E’ stata sicuramente un’esperienza costruttiva e ho imparato tanto sia dal punto di vista accademico che personale.

A tutti quelli che hanno incrociato la mia strada durante questi cinque mesi posso solo dire dank je wel.

di Marina Grego

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L’era del post Erasmus-Aarhus http://www.360giornaleluiss.it/lera-del-post-erasmus-aarhus/ Sat, 07 Jan 2017 17:16:27 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7918 Del mio Erasmus ho cercato in tutti i modi di afferrarne il tempo. Ad agosto ero partita credendo di saperne già abbastanza sulla Danimarca ed Aarhus. I danesi me li prefiguravo così simili a noi: solo un po’ più a nord dei tedeschi e un po’ più ad ovest dei russi. Che ci sarebbe stato

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Del mio Erasmus ho cercato in tutti i modi di afferrarne il tempo. Ad agosto ero partita credendo di saperne già abbastanza sulla Danimarca ed Aarhus. I danesi me li prefiguravo così simili a noi: solo un po’ più a nord dei tedeschi e un po’ più ad ovest dei russi. Che ci sarebbe stato da dire su di loro? Niente, credevo, sbagliandomi di molto. Di questi cinque mesi, che a volte mi sembra di aver trascorso in un’incantevole apnea, ho provato a conservarne il più possibile. Ho tenuto con me i biglietti del cinema e dei musei, gli spiccioli danesi, i sottobicchieri rubati nei pub. Ma quello che più desidero è che nulla di quanto ora rimasto si riduca ad una semplice sequela di storielle buffe e di fotografie adatte ad un profilo di Instagram. Dietro c’è dell’altro.

L’Erasmus sono io, io che ad un party dell’università discuto per due ore con uno studente di cinema danese su Refn (insieme a Von Trier tra i più importanti attuali registi della Danimarca) per il quale solo Drive è un buon film (un capolavoro, direi io) perché è l’unico di Refn non scritto da lui stesso, mentre io dissento (ma lo ha visto The Neon Demon?).
L’Erasmus è scoprire come in Scandinavia la fiducia che riponiamo negli altri non metta mai in luce la nostra vulnerabilità, ma invece dà un valore aggiunto alla società a cui apparteniamo. Per dirne una: i danesi lasciano i loro bambini nelle culle fuori dai caffè, ché per loro l’importante è che siano ben protetti dal freddo. E non c’è cosa che offenda uno di loro più della domanda: “Ma non ha paura che qualcuno si porti via il neonato?”. La risposta, poi, infatti, sarà sempre la stessa, secca, tinta di una vanità poco celata: “Noi ci fidiamo gli uni degli altri”.
Ancora, l’Erasmus è trovarsi in mezzo ad una lezione di yoga. Ad una partita di calcetto femminile. È parlare lentamente in italiano ad una spagnola che non capisce bene l’inglese e rivelarle come molte parole del tuo dialetto siano identiche nella sua lingua. L’Erasmus sono le persone, soprattutto. Quelle con cui studi, con cui ti lamenti dei caffè lunghi, americani, del tempo che non migliora. Quelle con cui cerchi la luna gigante dietro le spesse nuvole del cielo di Danimarca, le persone con cui mesi prima avevi guardato le stelle, in una notte di fine settembre, ad un falò improvvisato (come tutto è improvvisato in un Erasmus) acceso su una bianchissima, adamantina, spiaggia del Baltico.

Viaggiare, così a lungo e non per il solo gusto di farlo, ti dona occhi nuovi (diceva qualcuno di nome Proust) con cui scrutare quello che vedrai in futuro e con cui valutare i pro e i contro di dove hai vissuto finora. Ma c’è di più: la parte più bella del viaggio consiste nel conquistare piccoli pezzettini di sé, un mattone sopra gli altri, uno per ogni giorno che passa. Salendo sul sellino di una bicicletta, imponendoti di frequentare il corso di una lingua scandinava parlata da appena cinque milioni di anime, facendo di conto convertendo le corone in euro (sulla tabellina del sette sono ritornata ferratissima), girovagando per il supermercato (le prime settimane, Google Translate alla mano) tentando di memorizzare i nomi di quello che metti nel carrello.

Perfino Mattarella ne ha fatto menzione nel suo discorso di fine anno: quella di essere europei oltre che italiani, francesi, tedeschi, danesi può ancora non essere solo una storia che ci piace raccontare a noi stessi, una favola con cui addormentarci mentre l’Europa (diciamoci la verità) continua, in un silenzio frastornante, ad aggiustare una crepa lì mentre una più profonda appare là. Il mercato unico, l’euro, Schengen, la libertà di movimento: i risultati – oggi più che mai scricchiolanti – di sessanta anni di europeismo compiuto sulla carta, sui trattati e i memorandum, lasciando indietro la necessità di costruire un’identità europea non per forza condivisa ma, quantomeno, più condivisibile. È un sogno gigante. Ma deve pur cominciare, da qualche parte. E lo fa così, facendoci studiare insieme: italiani, tedeschi, cechi, inglesi, francesi e ungheresi con le loro teste chine sui libri e i portatili, nelle aule studio della stessa Business School dell’università di una cittadina della Scandinavia. Qualcuno tra noi disturba chi gli sta accanto, quell’altro lo insulta di rimando con una parolaccia che ha appena imparato a dire in una lingua che non è la sua. Si danno una pacca sulla spalla, poi tornano ai loro assignment, dopo aver scucito un sorriso anche a tutti noi altri.

Alla fine degli esami brindiamo, in un locale qualunque di una città europea qualunque (non conta più essere ad Aarhus, a Varsavia o a Lisbona), ci promettiamo il prossimo incontro, una rivincita a beer-pong. “You know you’ll always have a spot in my town”, ci diciamo. Ci scattiamo l’ultima delle migliaia di foto fatte insieme.

Saliremo su un aereo mostrando solo la carta d’identità dai bordi smangiucchiati, perché chi di noi ha ancora bisogno di un passaporto per muoversi in Europa? Torneremo a casa, le valigie le disferemo storditi, tutto ci sembrerà diverso da prima. Il caffè, il vino, le sigarette, le lenzuola, la fila al supermercato.
In realtà, in un modo che forse solo tra anni sarò in grado di spiegare guardandomi indietro, post-truth nell’era dei post-Erasmus, diversi lo siamo (e lo saremo) noi, e nulla più.

di Margherita Cardinale

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L’auberge anglais-Colchester http://www.360giornaleluiss.it/lauberge-anglais-colchester/ Sat, 31 Dec 2016 09:23:02 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7902 Colchester è una sonnacchiosa cittadina inglese dai tetti bassi, le facciate antiche medievali in legno e dipinte di colori improbabili, oppure ricoperte dei classici mattoncini rossi a vista che ovunque tu vada sembrano proprio urlare “Inghilterra!”. Il senso di meraviglia e di magia che questo posto mi ha trasmesso appena arrivata però non è stato

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Colchester è una sonnacchiosa cittadina inglese dai tetti bassi, le facciate antiche medievali in legno e dipinte di colori improbabili, oppure ricoperte dei classici mattoncini rossi a vista che ovunque tu vada sembrano proprio urlare “Inghilterra!”. Il senso di meraviglia e di magia che questo posto mi ha trasmesso appena arrivata però non è stato duraturo. No, è durato la bellezza di soli venti minuti.

Perché nelle due ore successive al mio arrivo, sono passata dal caratteristico centro città dall’ordinata forma rettangolare al losco sobborgo dove si trovava Forest Road House, la mia nuova casa per il resto dell’Erasmus.
Forest Road House era l’apoteosi dello squallido: muri scrostati, moquette da brividi, elettrodomestici obsoleti che in qualche strano modo erano sopravvissuti ad ogni tentativo di ristrutturazione o miglioria. E nonostante tutto, Forest Road House era anche il rifugio di tutti gli studenti Erasmus di Colchester a cui era stata negata una stanza nei dormitori dell’Università di Essex.

 
Si potrebbe pensare che questo significhi che il mio Erasmus sia stata un’esperienza terribile, da dimenticare e tentare di rimuovere quanto prima possibile dalla memoria, ma non è così. Ora, mentre scrivo queste parole, sto riascoltando la playlist di canzoni che hanno accompagnato la mia permanenza a Colchester, un improbabile miscuglio di musica inglese, italiana, francese, belga e tedesca, e non posso fare a meno di lasciarmi assalire dalla nostalgia.

Perché vivere nel Flat 2.6 di Forest Road House non ha significato solo vivere in un posto dimenticato dalla modernità e dalle più basilari norme igieniche, ma piuttosto essere parte di una famiglia internazionale di studenti che, trovatisi assieme per caso, sono riusciti a trasformare un’esperienza dalle premesse terribili in un momento indimenticabile della mia vita, che mi sarà per sempre caro.

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Se c’è una cosa che ho imparato durante i mesi passati all’estero è che non importa dove ti trovi, quali sfide devi affrontare: la cosa davvero fondamentale sono le persone che ti accompagnano durante il tuo percorso. Perciò del mio Erasmus non ricorderò la sfilza infinita di essays e deadlines che mi hanno dato gli incubi e inseguita come segugi per tutta la mia permanenza in Inghilterra, non ricorderò le comuni lamentele riguardo il metodo di insegnamento anglosassone, così diverso dal resto d’Europa da essere stato etichettato come “weird” da ogni studente di scambio che ho conosciuto, non ricorderò la delusione di aver trovato l’intero centro città chiuso alle cinque del pomeriggio proprio quando eravamo riusciti a liberarci per prendere un dignitoso thè all’inglese.

 
Ricorderò le serate passate a guardare il film “L’auberge espagnol” e a paragonare gli studenti Erasmus sullo schermo a noi; ricorderò i lunedì sera passati al karaoke al bar dell’università dove abbiamo lasciato ogni briciolo di dignità rimastaci; ricorderò le feste in discoteca all’insegna della peggior musica degli anni novanta. Ricorderò soprattutto le feste improvvisate a Forest Road House, dove assieme al proprio drink bisognava anche portarsi la propria sedia e probabilmente anche il proprio bicchiere; ricorderò soprattutto le serate passate attorno al tavolo della cucina assieme alle mie coinquiline, improvvisando giochi da tavolo, lezioni di lingua e passando con nonchalance da impegnatissimi discorsi di politica comparata a banali discussioni su come cucinare il riso il più velocemente possibile. Ricorderò gli abbracci e le lacrime degli ultimi giorni e le promesse di rimpatriate che spero tuttora verranno mantenute.

 
E se potessi tornare indietro, non cambierei una sola virgola. Nonostante tutto, nonostante tutte le aspettative volate giù dalla finestra e mai realizzate, è successo qualcosa di inaspettato, lì a Colchester. Ho stretto dei legami speciali che trascendono le distanze e le differenze culturali, di lingua e di abitudini e che mi hanno permesso di sperimentare, per la prima volta nella mia vita, cosa vuol dire davvero sentirsi parte del sogno europeo.

Ora non sono più solo una studentessa italiana in Erasmus, ma sono una ragazza dell’appartamento 2.6 e pezzi del mio cuore parlano inglese, tedesco, francese, olandese e sono più che certa che non smetteranno mai.

 
Di Anna Finiguerra

 

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Jamais je ne t’oublierai- Louvain La Neuve http://www.360giornaleluiss.it/jamais-je-ne-toublierai-louvain-la-neuve/ Sat, 17 Dec 2016 14:24:10 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7814 « Louvain-la-Neuve Tu ne dors jamais la nuit Tu me fais chanter Sans m’arrêter.. » Sono arrivata a dicembre ormai, quasi alla fine del mio Erasmus. Il blocus, o meglio la sessione intensiva di esami, si avvicina, e anche Louvain La Neuve sta dando i suoi farewell parties. Louvain La Neuve, è la cittadina più giovane del

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« Louvain-la-Neuve

Tu ne dors jamais la nuit

Tu me fais chanter

Sans m’arrêter.. »

Sono arrivata a dicembre ormai, quasi alla fine del mio Erasmus.

Il blocus, o meglio la sessione intensiva di esami, si avvicina, e anche Louvain La Neuve sta dando i suoi farewell parties.

Louvain La Neuve, è la cittadina più giovane del Belgio, fondata appunto negli anni Settanta per ospitare la sezione francofona dell’Università Cattolica di Lovanio, la fiamminga e quasi omonima Leuven.

Ma quello che Wikipelouvain 2dia non dice è che di giovane non ci solo le costruzioni tutte uguali in mattoncini rossi, che le danno quell’aria un po’ finta da parco a tema. Dei circa 45 mila abitanti infatti, 15 mila sono solo studenti fuorisede, rendendo questo piccolissimo agglomerato urbano uno strano ibrido tra un campus universitario ed una pittoresca cittadina della Vallonia.

E’ facile immaginare quindi, come la vita studentesca non finisca dopo una estenuante giornata di studio, ma ti proponga una festa ogni sera della settimana, spesso e volentieri nel tuo stesso Kot.
Kot è il termine belga per indicare gli appartamenti universitari, ma la particolarità di Louvain La Neuve sono i Kot-à-Projet. Gli studenti che vi risiedono portano avanti attività culturali, sociali o di sensibilizzazione su particolari tematiche, andando ad esempio dal Kot di Amnesty International al Kap Vert per lo sviluppo sostenibile, passando anche per quelli meno impegnati, come il Kot Erasmus.

 

Fino al giovedì ogni sera è una festa, che sia qualcosa di un po’ alternativo in un Kap, oppure una soirée alla CASA, discoteca storica – per quanto di storia si possa parlare – accessibile con l’outfit raccomandato di felpa e sneakers, le ragioni alla vostra immaginazione.

Dal venerdì, con il rientro a casa di chi non abita troppo distante, Louvain La Neuve è degli studenti internazionali, che prendono il loro GOPASS10 – speciale carnet di dieci viaggi – e partono verso qualche meta a riempirsi gli occhi.
Bruxelles, Bruges, Gent, Anversa.. angoli diversi del Paese, uniti dal medesimo fil rouge di quel Gotico reinterpretato in chiave fiamminga. Ed il Belgio non è il cœur de l’Europe solo istituzionalmente parlando: uno dei valori aggiunti al mio Erasmus è stata appunto la possibilità di visitare l’Olanda e la Svezia.

Dulcis in fundo, i mercatini di Natale, allestiti con delle carinissime casette di legno dal tetto ‘imbiancato’ a spioventi, perfino nella Gran(piccola) Place di Louvain La Neuve. Dalle decorazioni ai dolci, dal vin chaud alla birra artigianale, passando per una banda di ‘babbinatali’ che suona in pieno pomeriggio sotto la tua finestra della biblioteca. Un’atmosfera magica che non si estingue all’orario di chiusura, ma ti insegue nelle strade illuminate, con un augurio di Joyeux Noel.

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So già che mi mancherà.

Che Roma sarà così grande e dispersiva, senza quel perenne tappeto ambrato di foglie davanti al mio kot, e la pioggerella sottile, che non la senti ma ti bagna.
Le vetrine delle cioccolaterie quando vuoi stare a dieta, l’odore delle frites che si mescola a quello delle gaufre del negozietto all’angolo, piccola soddisfazione che ti concedi ‘perchè oggi hai studiato tanto’.
Mi mancherà come gli speculoos nel latte la mattina, quel sapore che prima non conoscevi ed al quale non sapresti proprio più rinunciare.

« ..On fête toute l’année

Parfois on pleure en juin

Mais non jamais, jamais je ne t’oublierai »

 di Federica Maghella

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Un’esperienza che tocca il cuore-Mannheim http://www.360giornaleluiss.it/unesperienza-che-tocca-il-cuore-mannheim/ Sun, 11 Dec 2016 17:30:16 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7789 Ciao a tutti! Mi chiamo Maria Elisabetta, ho 21 anni e frequento l’ultimo anno del corso di laurea triennale “Politics, Philosophy and Economics”. Un anno, questo, che non dimenticherò mai, e non tanto perché si tratta della conclusione del ciclo di studi, ma perché ho potuto vivere la straordinaria esperienza dell’Erasmus in Germania. Precisamente il

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Ciao a tutti! Mi chiamo Maria Elisabetta, ho 21 anni e frequento l’ultimo anno del corso di laurea triennale “Politics, Philosophy and Economics”. Un anno, questo, che non dimenticherò mai, e non tanto perché si tratta della conclusione del ciclo di studi, ma perché ho potuto vivere la straordinaria esperienza dell’Erasmus in Germania.

Precisamente il mio Exchange si è tenuto a Mannheim, una città di medie dimensioni situata nel sud della Germania, nello stato di Baden-Württemberg. Il cuore della città è chiamato Quadrate, dove non vi potreste mai perdere.
Si tratta infatti di una vera e propria scacchiera, i cui blocchi sono indicizzati con una lettera e un numero, in base al intersezione delle strade parallele e perpendicolari, un po’ come New York diciamo (in chiave molto più piccola però). Alla base della scacchiera è situato lo Schloss, ossia il Castello, il quale non è altro che la sede centrale dell’università.

Che dire riguardo a quest’ultima? Fantastica, perfetta, troppo per essere pubblica. Non dico solo come edificio, ma prima di tutto come organizzazione interna, assolutamente impeccabile, tedesca. Noi ragazzi siamo stati seguiti sin dal primo giorno in tutte le procedure amministrative e abbiamo sempre ricevuto il supporto dello staff per qualsiasi esigenza. Le lezioni? Be’ ovviamente posso parlare solo per i corsi che ho seguito, e, per quanto mi riguarda, sono stati abbastanza soddisfacenti e ben strutturati. I professori erano per lo più dottorandi di ricerca, tutti preparatissimi e sempre pronti al dialogo con noi ragazzi. I miei corsi, particolare, erano dei Seminar, quindi erano molto basati su lavori di gruppo e continue discussioni in aula, oltre che su molteplici lavori intermedi, da svolgere prima dell’esame finale.
Devo ammettere che non ero proprio abituata a dover lavorare giorno per giorno, come al liceo. Infatti, bisognava essere preparati per ogni lezione in modo da saper di cosa discutere e cosa dire nel caso in cui si venisse interpellati. Inoltre, ogni settimana avevamo diversi lavori di discussione e ricerca da svolgere e inviare online. Quindi praticamente neanche un momento di pausa. Devo dire, però, che se da un lato è stato un tantino stressante, dall’altro questa esperienza mi ha insegnato come ci si divide il carico di studio giorno per giorno e come sia importante essere in grado di gestire il tempo in modo ottimale. Credo proprio che questo sia un insegnamento che mi porterò dietro a vita, sia in campo accademico,che in quello lavorativo.

Per quanto riguarda invece le attività extra, ogni giorno c’era sempre qualcosa da fare, che fosse una festa, un open-air cinema, un aperitivo, uno scambio culturale… Mannheim da questo punto di vista è una città davvero molto attiva, una città giovane in cui le interazioni sociali vengono messe al primo posto. In particolare,
l’associazione ESN di Mannheim, chiamata VISUM, è stata davvero incredibile nel coinvolgere ogni settimana tutti noi in molteplici attività di svago, di cui mi mancherà senz’altro il famoso ritrovo giovanile in L3, chiamato Stammtisch, il cinema all’aperto e le partite di bowling. Soprattutto, è stato davvero di supporto avere un Buddy,un compagno di viaggio del luogo assegnatoci da VISUM, con il quale mi sono mantenuta sempre in contatto per qualsiasi cosa avessi bisogno.

Cos’altro dire? Mi mancherà tanto. Mi mancheranno le strade del Quadrate e l’enorme varietà etnico-culturale che lo contraddistingue. Infatti, è incredibile quanti Turchi, ma anche Italiani, abbia incontrato ogni giorno. La città è assolutamente multiculturale e persone da tutto il mondo hanno trovato qui buone opportunità di lavoro e ottime prospettive di vita, per sé e i per i loro figli. In particolare, ho incontrato un siciliano di Agrigento (io sono di Messina) che mi ha raccontato la sua storia e mi ha fatto capire come finalmente abbia trovato la serenità, non solo economica, ma anche interiore. Perché, diciamocelo, quando il tuo lavoro viene valutato per quel che merita e le tasse non ti tolgono sino all’ultimo centesimo, certo che la trovi la serenità. Proprio in Germania ha trovato un “motore” economico completamente differente dall’esperienza in Sicilia, e in Italia più in generale.

Credo anch’io di essermi sentita serena in questi quattro mesi. In realtà, non so spiegare precisamente il perché, in quanto ho studiato come a Roma e ho continuato a partecipare a innumerevoli altre attività come prima, ma qualcosa era
diverso. L’aria che si respirava credo. Un’aria positiva, generata da una nazione che crede in se stessa e nel progresso e che investe prima di tutto sui giovani, attraverso l’istruzione e la ricerca. Ho avuto modo di veder come i giovani siano davvero motivati a studiare, e non per il semplice obiettivo di trovare un lavoro, ma prima di tutto perché comprendono quanto la cultura faccia la differenza più di ogni altra
cosa. Inoltre, la gente è meno stressata, e gli stessi giovani vivono in modo più salutare. Se dovessi scegliere due parole chiave che sintetizzino la Germania, direi: qualità e ordine. Infatti, è proprio vero che i Tedeschi amino seguire le regole e fare tutto con precisione. E credo che lo facciano perché abbiano capito che questo sia l’unico modo per far funzionare al meglio le cose. E credo che dovremmo imparare un po’ da loro in questo. Io, nel mio piccolo, cercherò di far tesoro di ciò che ho potuto vedere e imparare in questi mesi, conservandolo e maturandolo negli anni a venire.

Consiglio veramente a tutti di trascorrere un periodo in Germania, per capire veramente che cosa significhi un autentico senso di civiltà. Certo poi ci sono sempre le eccezioni e i lati negativi non mancano ad alcun Paese. Credo, però, che la Germania sia oggi, più di ogni altro Paese, quello di cui dovremmo prendere esempio per poter progredire e ritornare nuovamente allo splendore italiano di un tempo. L’Italia lo merita e noi dobbiamo lottare per questo. Detto ciò, non vorrei sconfinare troppo in tematiche da discutere in un’altra occasione.
Ultimissima cosa: cerchiamo di rivalutare l’utilizzo delle biblioteche ai fini didattici, è da lì che parte la ricerca, da lì il progresso.
Investire sulla cultura significa investire sul futuro, ed è proprio questo che ho potuto respirare a Mannheim. Manterrò sempre questa esperienza nel cuore, e spero che essa abbia toccato pure il vostro.
Grazie.

di Maria Elisabetta Oliva

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Cristalli di neve su Uppsala http://www.360giornaleluiss.it/cristalli-di-neve-su-uppsala/ Sat, 03 Dec 2016 11:06:58 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7749   E’ mattino; apri le tende rosse della tua camera al quinto piano di Flogsta, la residenza universitaria, guardi il cielo grigio di Ottobre, le giornate di sole di Novembre, in cui i raggi del sole si riflettevano sulla neve appena caduta. Prendi la tua bicicletta e corri in città, dove c’è un fiume che

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E’ mattino; apri le tende rosse della tua camera al quinto piano di Flogsta, la residenza universitaria, guardi il cielo grigio di Ottobre, le giornate di sole di Novembre, in cui i raggi del sole si riflettevano sulla neve appena caduta. Prendi la tua bicicletta e corri in città, dove c’è un fiume che con il passare delle stagioni regala panorami bellissimi, dai fiori lilla sui piccoli ponti, alle foglie autunnali che cadevan sull’acqua, alla neve che ha innevato gli alberi che lo circondano e ghiacciato le sue acque.

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Nella Svezia centrale, tra alberi altissimi, natura incontaminata, laghi immensi, cassette rosse e bianche, si trova Uppsala. E’ piccola, avvolta in un silenzio magico ed in un’atmosfera che ti travolge dal primo istante, conquistandoti completamente. Gli antichi palazzi delle nations,delle organizzazioni di studenti dove puoi recarti per un caffè, per studiare, per passare delle bellissime serate ballando in un antica biblioteca, nations che diventano un po’ una seconda casa per ogni studente; sono sparse per la città, la cui vista più bella si può avere da Carolina Rediviva, la grande biblioteca.
Uppsala ti fa sentire parte di una dimensione parallela, in cui i normali pensieri quotidiani perdon peso, i problemi si allontanano e le difficoltà non ti toccano mai per davvero, come se fossi in una di quelle palline di vetro che se sbattute fan muovere la neve.
La Cattedrale, la più antica e più grande della Svezia, è il cuore della città ed è possibile vederla da ogni punto del paese, come a vegliare su tutto ciò che accade per quelle strade, tra le lunghe chiacchierate e le biciclettate di notte con -8 gradi. Il freddo, che all’inizio ti sembrava glaciale, poi diventa abitudine e il mettersi strati su strati di vestiti, la normalità. Il sole inizia a vedersi da novembre per sole poche ore, ore di luce che impari ad apprezzare a vivere appieno così come impari a convivere con il buio e a far anche della notte al pomeriggio, una giornata di sole.

L’università di Uppsala, conosciuta per aver avuto come studenti alcuni dei più grandi premi Nobel, è antica e i suoi dipartimenti son disseminati per la città e fuori, tra grandi parchi e piste ciclabili. In Svezia ogni mese lo studente ha da seguire un solo corso il cui esame si svolge al termine del mese stesso, un sistema che da a tutti l’opportunità di dedicarsi ai propri hobby, ai viaggi che sogna di fare e alle passioni che coltiva. Per uno studente Erasmus, questo sistema permette di viaggiare, permette di decidere il giorno prima di prendere una macchina e guidare fino ai fiordi per fare un hike su Preikestolen o salire sulla famosa Kjeragbolten, passare ore ed ore in bus solo per guardare il Nyhavn di Copenhagen e le sue casette colorate, per prendere una nave e metter piede a San Pietroburgo e lasciarsi per poche ore conquistare dai suoi contrastanti colori, per passeggiare per le antiche vie di Tallinn che profumano di mandorle alla cannella e per vedere il sole tramontare su Helsinki e poi, chi lo sa, forse vedere l’aurora boreale una volta in Lapponia.

La Svezia sa di natura, sa di temperature glaciali e di sole che appare e scompare, sa di cioccolata calda o di ragazzi che camminano con in mano lunghi caffè americani, sa di biciclette che sfrecciano per la città con ogni temperatura, sa di passi nella neve e di cristalli sulle strade, sa di foglie dai colori autunnali, sa di polpette con il purè di patate e la marmellata, sa di casette rosse e bianche e palazzi senza balconi, sa di papà giovanissimi che camminano al pomeriggio con i propri figli nel passeggino. Sa di “fika” al pomeriggio, una merenda con torte ai frutti rossi o piene di cioccolata, una delle tradizioni più caratteristiche del posto, sa di barrette di cioccolata “Marabou” e “kanelbullar”, i caratteristici dolci alla cannella.

La Svezia è semplicità ed amore per ciò che c’è di più naturale, spontaneo e vero, è magia per ciò che ti insegna a vedere nelle piccole cose; sembra fredda e buia ma è calda e piena di luce, invece; è magia per la famiglia, le esperienze e le emozioni che ti regala quando sei lontano da casa.

È ora di chiudere le tende rosse, mettersi sotto le coperte e sperare che domani, ancora una volta, questo sole faccia brillare la neve.

 

di Simona Petruzzella

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#Katsomerta 4-Le 30 cose che mi mancheranno di Jyvaskyla http://www.360giornaleluiss.it/katsomerta-4-le-30-cose-che-mi-mancheranno-di-jyvaskyla/ Sat, 26 Nov 2016 09:08:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7692 Il ritmo inconcepibilmente lento Le mie critiche all’essenzialismo scandinavo Il fatto che se sorridi ad una ragazza diventa rossa, se sorridi ad un ragazzo abbassa lo sguardo La cioccolata calda aromatizzata alla nocciola La faccia contrariata degli Erasmus che assaggiano per la prima volta il Salmiakki, una terribile liquirizia salata che ai biondi misteriosamente piace

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  • Il ritmo inconcepibilmente lento
  • Le mie critiche all’essenzialismo scandinavo
  • Il fatto che se sorridi ad una ragazza diventa rossa, se sorridi ad un ragazzo abbassa lo sguardo
  • La cioccolata calda aromatizzata alla nocciola
  • La faccia contrariata degli Erasmus che assaggiano per la prima volta il Salmiakki, una terribile liquirizia salata che ai biondi misteriosamente piace
  • La sorpresa dei finlandesi quando ti sforzi di usare la loro lingua
  • Il silenzio dei laghi
  • Il Numero delle stelle
  • Il deserto del sabato in centro
  • Il fatto di dover esprimere concetti importanti in un’altra lingua spesso parlata male anche dall’interlocutore
  • Il fatto che per una volta non ho la sensazione di essere l’unico non in grado di parlare inglese, citando Giolitti: “Dobbiamo ringraziare i greci, fanno in modo che ci sia sempre qualcuno peggiore di noi”.
  • Le discussioni sul cibo
  • La leggerezza del tempo
  • Il regresso all’età adolescenziale, quando scrivi bigliettini e fai piccoli gesti per mostrare affetto
  • I tentativi di imparare le lingue dei nostri compagni di avventura (partendo da parole di uso comune come: Puttana, Cazzo e bestemmie assortite se previste dalla lingua in questione)
  • Le serate passate a cantare le canzoni della Disney nelle diverse lingue
  • La pragmaticità dei tedeschi ( e la loro invidia per la nostra rilassatezza)
  • Le chiamate skype con gli amici lontani
  • Il fatto di avere internet illimitato con il telefonino
  • L’imbarazzo dei saluti: I due baci italiani contro l’abbraccio del nord europa
  • La pronuncia storpiata del mio nome: MATTEEEEO
  • I prestiti tra vicini di casa
  • La necessità di voler lasciare una traccia di sé alle persone
  • La sensazione che gli altri vogliano lasciarti qualcosa ad ogni costo
  • I drink rivedibili (vodka e thé al limone ???)
  • La canzone Cheap Thrills onnipresente
  • L’ansia fanciullesca quando l’app sul cellulare segnala che ci potrebbe essere l’aurora
  • Le promesse “ci vedremo, rimarremo in contatto, ti verrò a trovare”
  • La malinconia degli ultimi giorni insieme, perché la parte realista (pessimista) di noi teme che quelle promesse rimarranno parole al vento
  • La sensazione che stare ad un tavolo rotto, con 4 sedie malandate, dei luridi bicchieri d’acqua alle 5 del mattino rappresenti la felicità.
  •  

    di Matteo Liberti

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    Discovering Vancouver http://www.360giornaleluiss.it/discovering-vancouver/ Sat, 19 Nov 2016 10:13:24 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7596 Sono ormai più di due mesi che sono a Vancouver, in Canada, ed è arrivato il momento di tirare le somme di questa meravigliosa esperienza. Se ve lo state chiedendo, il Canada è esattamente come ve lo siete sempre immaginato: paesaggi mozzafiato, natura sconfinata, persone gentilissime e disponibili e servizi perfettamente funzionanti per tutti i

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    Sono ormai più di due mesi che sono a Vancouver, in Canada, ed è arrivato il momento di tirare le somme di questa meravigliosa esperienza. Se ve lo state chiedendo, il Canada è esattamente come ve lo siete sempre immaginato: paesaggi mozzafiato, natura sconfinata, persone gentilissime e disponibili e servizi perfettamente funzionanti per tutti i cittadini.

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    L’unico aspetto davvero negativo che ho riscontrato fino ad ora è stato il clima, non tanto per il freddo quanto per la pioggia: è stata costante da ottobre e continuerà per tutto il periodo invernale. Per chi come me, italiano e del sud, non è abituato, può risultare molto fastidiosa, soprattutto se ti accompagna in ogni singolo giorno del tuo exchange.

    Attualmente sto completando il mio periodo di studi presso la University of British Columbia. L’università è organizzata benissimo e offre agli studenti ogni genere di corso possibile; per noi studenti Luiss di scienze politiche è possibile scegliere corsi dalla rosa proposta dalla Faculty of Arts. I professori sono molto preparati e disponibili con gli studenti, ma molto severi ed esigenti al tempo stesso. In questa sede, infatti, è richiesto molto studio, dal momento che i professori, essendo abituati a studenti di tutte le nazionalità, non transigono minimamente sugli standard richiesti: si è semplicemente uno dei tanti studenti del corso. Inoltre, i voti assegnati dai professori sono molto bassi, se comparati agli standard italiani: essendo assegnati in percentuali, oltre che dati in base alla curva dei voti della classe, il massimo voto è praticamente impossibile da raggiungere.

    Per quanto riguarda il cibo, non è così malvagio. Certo, non è paragonabile al cibo italiano, ma si può trovare della buonissima carne, dell’ottimo salmone, il tipico poutine e i classici piatti americani come fish and chips e hamburger di tutti i tipi, con tutte le salse possibili e immaginabili.

    La vita nel campus, invece, è bellissima. Ci sono tantissime attività organizzate da altri studenti e dalla stessa università; in più, la città offre tantissime occasioni per divertirsi e girare con gli amici visitando posti unici, dalle montagne di Whistler alle coste di Vancouver Island. Si possono persino vedere orsi e alci nei boschi, procioni che si avventurano per il campus alla ricerca di rifiuti, foche che girano vicino la costa e gli immancabili scoiattoli che sono praticamente ovunque.

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    Beh, che dire… Il Canada è davvero un posto unico e speciale. Il suo clima potrà anche scoraggiare, ma la bellezza del paesaggio e le emozioni che regala questa immensa nazione valgono sicuramente la pena di affrontare questa fantastica traversata oltreoceano per arrivare dall’altra parte del mondo e vivere un’esperienza indimenticabile.

    di Rino Festi.

     

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