europa – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png europa – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 John Fitzgerald Kennedy: “Ich bin ein Berliner” http://www.360giornaleluiss.it/jfk-ich-bin-ein-berliner/ Fri, 22 Dec 2017 11:31:08 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=9059 Curiosa – tanto quanto inaspettata – è la notizia delle ultime settimane riguardo la pubblicazione di un dossier dell’ FBI inerente l’omicidio del presidente americano Kennedy. Una verità per tanto tempo tenuta nascosta agli occhi di tutti. Quella verità, quella stessa libertà di espressione che, in un celebre discorso pronunciato a Berlino poco più di

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Curiosa – tanto quanto inaspettata – è la notizia delle ultime settimane riguardo la pubblicazione di un dossier dell’ FBI inerente l’omicidio del presidente americano Kennedy. Una verità per tanto tempo tenuta nascosta agli occhi di tutti. Quella verità, quella stessa libertà di espressione che, in un celebre discorso pronunciato a Berlino poco più di cinquant’anni fa, il presidente aveva esaltato come principale vanto del sistema democratico.

Dopo la resa della Germania, il paese cadde in una tremenda situazione di povertà e mancanza di risorse, nonché di isolamento. Trovandosi al centro di un’Europa martoriata dal conflitto mondiale, i tedeschi dovettero fare i conti un’inevitabile scissione: da est spingeva l’egemonia comunista, da ovest quella americana.

Dalle parole di un famoso discorso pronunciato a Fulton dal primo ministro inglese Winston Churchill (“da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico un cortina di ferro è scesa attraverso il continente”) , inizia quella che viene chiamata “Guerra Fredda”. L’Europa comincia a dividersi: i paesi occidentali firmano nel 1949 il “Patto Atlantico”, quelli dell’europa dell’est, invece, aderiranno nel 1955 al patto di Varsavia.

In mezzo al vecchio continente, stava la Germania: questa venne divisa innanzitutto in quattro zone d’occupazione ( Francia, Inghilterra, Stati Uniti e U.R.S.S.); le prime tre, vennero unite sotto il nome di Repubblica federale Tedesca (RFT); la parte ad est, invece, sotto il solo comando dell’Unione Sovietica, prese il nome di Repubblica democratica Tedesca (RDT). Nella parte occidentale le tre potenze attuarono delle misure per favorire l’unificazione monetaria. Nel 1949 venne inaugurato il cancellierato di Adenauer nella Germania ovest, caratterizzato dall’esclusione dei partiti comunisti e dal miracolo economico tedesco.

Berlino veniva rifornita tramite un ponte aereo e molte erano le persone che fuggivano da est a ovest. Così, nel 1961 venne costruito un muro che separava le due parti della città e impediva  ai cittadini dell’est di fuggire ad ovest. Molti furono i morti che, nel tentativo di raggiungere i propri cari, vennero ostacolati e uccisi dall’esercito dell’Unione Sovietica.

Il 26 giugno 1963, il presidente degli Stati uniti John Fitzgerald Kennedy, pronunciò un famoso discorso, simbolo della guerra fredda, delineando una netta differenza fra i due blocchi e recriminando ai sovietici che, gli Stati Uniti, a differenza loro “non hanno mai costruito un muro per tenere dentro i loro o per impedir loro di fuggire”. Il muro dunque, fu il banco di prova della supremazia della democrazia americana, sull’oppressione sovietica. “Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire “Civis Romanus sum”. Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire “Ich bin ein Berliner.” Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino.[…] Consentitemi di chiedervi, come amico, di alzare i vostri occhi oltre i pericoli di oggi, verso le speranze di domani, oltre la libertà della sola città di Berlino, o della vostra Germania, per promuovere la libertà ovunque, oltre il muro per un giorno di pace e giustizia, oltre voi stessi e noi stessi per tutta l’umanità.”

In un monito passato alla storia, Kennedy sollecita i cittadini di Berlino ovest a guardare oltre quel muro, quel limite. Egli stesso, che aspirava lungimirante a vedere al di là di quel muro un’Europa libera e unita, riempì gli occhi dei berlinesi quel giorno, i quali, già dopo due anni, non sapevano vedere più cosa ci fosse oltre. La società comunista iniziava il suo progressivo declino e con essa la cortina di ferro che separava due parti di continente troppo diverse fra loro.

 

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Globalismo e sovranità: quali sono le opzioni politiche per l’Italia del futuro? http://www.360giornaleluiss.it/globalismo-sovranita-quali-le-opzioni-politiche-litalia-del-futuro/ Wed, 10 May 2017 11:27:18 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8633 Globalità, globalizzazione, liquidità. Sono queste le categorie che tratteggiano le moderne collettività e che rappresentano ciascuno di noi, se vogliamo, anche da vicinissimo, nelle singole società cui siamo chiamati a partecipare. C’è stato perfino chi, come il giornalista Marcello Veneziani, ha definito il sistema globalitario una ‘fusione tra liberismo economico e visione del mondo politicamente

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Globalità, globalizzazione, liquidità. Sono queste le categorie che tratteggiano le moderne collettività e che rappresentano ciascuno di noi, se vogliamo, anche da vicinissimo, nelle singole società cui siamo chiamati a partecipare. C’è stato perfino chi, come il giornalista Marcello Veneziani, ha definito il sistema globalitario una ‘fusione tra liberismo economico e visione del mondo politicamente corretta’. E forse forse, non ha tutti i torti. 

La sua diagnosi politica si incentra sulla considerazione che l’unico elemento di novità negli ultimi vent’anni è l’apparizione del tanto noto, e ormai anche un bel po’ mainstream, ‘populismo’. Con questo termine, con cui si sottende il richiamo quasi emotivo ad una sovranità identitaria, economica, in un certo senso anche culturale, si indicano movimenti anche diversi in tutto l’Occidente, che però hanno in comune il fatto di essere una risposta, seppur con alcuni risvolti dalle sfumature negative, al fenomeno della globalizzazione. Quest’ultima è stata, da una parte, la conseguenza della crescita del capitalismo e della teconologia, e dall’altra si configura soprattutto come una cultura che costituisce il supporto di tale fenomeno tecnico – economico. Una cultura che potremmo definire, con un neologismo, ‘globalitaria’.

Veneziani però parla di ‘globalitarismo’ per l’assonanza che tale termine ha con ‘totalitarismo’. Si tratta di una cultura di derivazione radical – progressista e che si esprime oggi nel canone del politicamente corretto. Il liberismo economico attuale ha sposato infatti una cultura di provenienza progressista che si applica alla famiglia, alla società, una ‘cultura – se vogliamo azzardare un’espressione tutto sommato calzante – dello sconfinamento’: non esistono più confini fra popoli, territori, sessi. Tutto è oggetto, in questa visione, di un mutamento perenne. E proprio questo sistema globalitario ha prodotto una reazione da parte dei popoli; molto velocemente si è perso il senso del limite, della natura, così come la necessità di fare riferimento a un contesto comunitario (la città, la patria, la civiltà europea). Tutto ciò è stato negli ultimi anni completamente destrutturato da una visione globalitaria ed allo stesso tempo individualista. Ogni individuo, sentendosi libero di riconoscersi nella categoria che più gli aggrada, perde il senso di appartenenza a quella originaria.

Il populismo non può dunque essere ridotto ad una sempliciotta rivolta del popolo contro le élites, e rappresenta, in senso più pertinente, una messa in discussione di questo modello culturale dominante.

La sovranità d’altro canto, e in tale contesto, è divenuta un elemento di battaglia politica: tutto ciò che si considerava quasi come un elemento residuale del passato, è divenuto al contrario il motore trainante di questa reazione. L’establishment vede questo fenomeno soltanto attraverso la chiave dell’allarmismo, della paura o dell’imbarbarimento: anche a livello informativo, si sostiene che il populismo è alimentato dalle cosiddette ‘post – verità’, o fake news, che dir si voglia, ossia dalle dicerie elevate a notizia attraverso l’uso della rete. Se tuttavia è fuor di dubbio che Internet si caratterizza spesso per volgarità e pressapochismo, secondo Veneziani è importante evidenziare un fatto fondamentale: queste ‘post – verità’ nascono come reazione a precise ‘pre – falsità’, e cioè alle falsità pregiudiziali e quasi programmatiche costruite dalla grande fucina del consenso mediatico che, attraverso il codice ideologico del politicamente corretto, impone un canone su ciò che si può e che non si può dire.

Su quali fronti può crescere l’idea di sovranità? Sostanzialmente se ne ravvisano quattro. Innanzitutto quello strettamente politico: tra l’assetto contabile degli Stati e la vita reale dei popoli, il populismo propende per la seconda e individua nella sovranità nazionale la cifra da cui ripartire. Il secondo elemento è il senso del confine, visto non soltanto come ‘muro’ (come vorrebbe il politicamente corretto) bensì come linea di frontiera dove è perfino possibile l’incontro con l’altro. Il confine, in questo senso, è la garanzia dell’identità dei popoli ed il necessario accompagnamento della sovranità politica. Il terzo elemento è la protezione degli interessi economici locali e nazionali, che non vuol dire protezionismo in quel suo senso ormai desueto, quanto più fisiologica necessità di difendere un sistema produttivo attraverso il rimpatrio di capitali e risorse umane e, quando occorre, attraverso una limitazione di un atteggiamento invasivo di altri soggetti. Il quarto elemento insito nella domanda politica del populismo è la ripresa del tema della famiglia, che accomuna quasi tutti i movimenti. Si tratta, anche qui, di un ritorno alla realtà: la convenzione non è una convenzione cristiano – borghese, bensì, solidamente e schiettamente, l’architrave naturale su cui si è fondata nella storia ogni società ed ogni civiltà.

Andando oltre però quella che può sembrare una fredda elencazione di punti, o un vademecum, quasi, da seguire per vivere bene in società, occorrerebbe davvero formare una nuova classe dirigente improntata allo spirito di servizio, soprattutto come banco di prova dei movimenti populisti che al momento rimangono troppo ancorati ad una dimensione di critica e di raccolta delle istanze sociali.

Ieri si festeggiava l’Europa Day, una giornata che avrebbe dovuto rappresentare l’Unione dei popoli liberi e finalmente eguali e di cui la dichiarazione Schumann, pronunciata all’indomani della seconda guerra mondiale e di cui ieri celebravamo l’anniversario, ben rappresenterebbe la missione dell’Unione Europea: ‘Una testimonianza di grande coraggio politico e una lezione che a distanza di 67 anni, mantiene intatta la sua forza visionaria’, così nelle parole di Aldo Patriciello, europarlamentare molisano e membro del Gruppo Ppe al Parlamento Europeo.
Ed intanto il misterioso artista di strada Bansky dipinge un operaio che rimuove una stella dalla bandiera Ue: la Brexit pochi mesi or sono dalle elezioni presidenziali francesi, dove la vittoria è stata segnata dalla svolta europeista di Emmanuel Macron.

Qual è, allora, il vero simbolo del nostro tempo?


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Quattro chiacchiere a 360°con Fausto Bertinotti http://www.360giornaleluiss.it/quattro-chiacchiere-a-360con-fausto-bertinotti/ Fri, 25 Nov 2016 20:12:31 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7683 Fausto Bertinotti è stato uno dei maggiori esponenti del Partito Comunista Italiano e della CGIL. È stato inoltre segretario del partito Rifondazione Comunista, dopo un breve periodo nel Partito Democratico della Sinistra, e Presidente della Camera dei deputati durante l’ultimo Governo Prodi. Recentemente è tornato sotto i riflettori per via del suo attuale avvicinamento al

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Fausto Bertinotti è stato uno dei maggiori esponenti del Partito Comunista Italiano e della CGIL. È stato inoltre segretario del partito Rifondazione Comunista, dopo un breve periodo nel Partito Democratico della Sinistra, e Presidente della Camera dei deputati durante l’ultimo Governo Prodi. Recentemente è tornato sotto i riflettori per via del suo attuale avvicinamento al movimento cattolico di Comunione e Liberazione. Abbiamo quindi deciso di intervistarlo per indagare su questa sua presunta trasformazione ideologica: ne é uscita una chiacchierata a 360° sulla politica italiana recente e meno recente…

Innanzi tutto la ringraziamo per la sua disponibilità…Presidente. Posso chiamarla Presidente vero?

Come vuole…

La prima domanda che volevo farle forse é un po’ antipatica…

Va bene…

Lei ha parlato di strumentalizzazione da parte della stampa sulle sue recenti dichiarazioni di apertura, e diciamo pure ingresso, in Comunione e Liberazione. Diciamo pure, però, che forse chi si ricordava del vecchio Bertinotti può essersi sentito un po’ deluso alla notizia?

Beh, solo quelli che non conoscevano il vecchio Bertinotti. Altrimenti avrebbero saputo che Bertinotti comincia la sua attività a 22, 23 anni con una rivista con i cattolici che si chiamava Confronto, e che tutta la sua vita é fatta di un dialogo intessuto con i cattolici…

Prima con le ACLI, poi con la CISL, poi con l’episcopato del cardinale Pellegrino, poi con la lunga vicinanza con un vescovo straordinario come quello di Ivrea, monsignor Bettazzi…

La mia militanza politica e sindacale, soprattutto quella sindacale, così come la mia – per quello che vale – lavorazione, sarebbe incomprensibile senza il rapporto con i cattolici.

La mia generazione si forma nel dialogo con i cattolici, dopo il Concilio Vaticano II.

Ed é una storia che poi prosegue nel rapporto anche con altri livelli di ricerca del mondo cattolico, dalla teologia della liberazione…

Quindi soltanto chi non sa niente …

Del vero Bertinotti…?

No, no..non del vero, di quello che é apparso.. e soprattutto niente della storia del movimento operaio! Bisognerebbe ricordare a questi signori che Palmiro Togliatti in un famoso discorso a Bergamo negli anni 50’, quindi in pieno pontificato di Pio XII, quando ancora i comunisti erano sottoposti ad una avversione dichiarata da parte della Chiesa, fece  un famoso discorso in cui disse che una sofferta coscienza religiosa arricchisce la prospettiva del socialismo…!

Cioè uno davvero non deve sapere proprio niente della storia del movimento operaio italiano per stupirsi del rapporto tra un militante del movimento operaio italiano e il mondo cattolico.

Quindi lei ha usato il termine “strumentalizzazione” per sottolineare l’atteggiamento di chi ha voluto vedere una dicrasia tra Bertinotti e il suo recente approccio a CL?

Sì, ma perché vuol dire proprio un difetto di conoscenza…perché non sanno.

Ma non sanno nulla non di me, ma proprio della storia, di un’intera storia…

Le piace questo papa?

Eh… Ma lui è la presenza, anche per un non credente, più interessante sulla scena del mondo. Non vedo un leader politico che abbia compiuto una analisi del processo di globalizzazione più acuta di quella della Laudato Si. Ed è tragico per la politica.

Presidente lei ha citato il sindacalismo italiano, la sua militanza. Mi interesserebbe sapere da lei cosa vede ancora oggi di quelle lotte in Italia, cosa é rimasto, cosa non ha funzionato, parliamo anche di art. 18 magari… Rimpiange qualcosa o si sente deluso?

No, deluso no…deluso é un termine che mi sembra troppo presuntuoso..

Il lavoro in Italia. Se lei avesse un figlio che si approccia al mondo del lavoro oggi, che consiglio gli darebbe?

Di riprendere a lottare. Di riprendere a lottare con tutti coloro che gli sono vicini e progressivamente arrivando anche a quelli che gli sono più lontani…

Quindi c’é mancanza di lotta in Italia?

Beh c’é una sconfitta. C’è stata una sconfitta violenta e drammatica…che comincia dagli anni 80’ in quello che Luciano Gallino ha chiamato il rovesciamento del conflitto di classe…

Fino agli anni 80’ c’è stato un movimento ascendente che, attraverso le lotte, il conflitto sociale, la mobilitazione delle masse, specie negli anni 70’, ma già negli anni 60’ se ne vedevano le avvisaglie… è andato vicino al dettato costituzionale, ha portato il Paese vicino al dettato costituzionale… Statuto dei Diritti dei Lavoratori, costruzione del Welfare, sanità pubblica, pensioni…

Beh queste sono tutte cose che ad oggi sono un po’ i cancri della società italiana…

Queste sono le cose degli anni 70’. E in particolare la storia comincia col 68’ e 69’, quando la storia va avanti davvero con straordinarie conquiste di democrazia, di civiltà, di lavoro, che influenzano anche il diritto del lavoro, anche la legislazione.

Negli anni 80’ con la grande controffensiva del capitale, Reagan, la Tatcher, in Italia i 35 giorni…ovunque abbiamo lotte sconfitte, dai minatori ai controllori di volo, agli operai metalmeccanici delle grandi fabbriche dell’automobile… Questa storia comincia a incurvarsi, le conquiste vengono progressivamente ridimensionate, poi abbattute. Nasce un ordinamento di diritto del lavoro e di contratti fatto tutto contro i lavoratori…tanto che oggi i lavoratori credo che si trovino nella condizione di maggiore spoliazione e sfruttamento che mai sia stata conosciuta negli ultimi cinquant’anni… Quindi la mia non é una delusione per qualche soggetto, ma é veramente la presa di coscienza di un cambiamento, un vero e proprio rovesciamento, un rovesciamento della condizione sociale. Coloro che erano stati protagonisti della riforma, sono oggi coloro che sono colpiti dalla controriforma.

Presidente, lei fu promotore del referendum per l’estensione dell’articolo 18 anche alle piccole imprese. Questo referendum però non raggiunse il quorum ed ebbe l’affluenza più bassa della storia della Repubblica Italiana. Perché, secondo lei, è successo?

Intanto vorrei sottolineare che la questione dell’estensione dell’articolo 18 cominciò già al momento dell’approvazione dello Statuto dei Lavoratori originale e infatti la ragione di coloro che, da sinistra, votarono contro in Parlamento, su questa legge, fu proprio questa. Poi naturalmente prevalse il senso comune sulla grande conquista fatta contro il licenziamento ad nutum che costituiva la forma di licenziamento precedente a quella disciplina. Quando andammo al referendum poi, è vero che l’affluenza relativa fu molto bassa, però 11 milioni di elettori hanno votato a favore di quel quesito: è un numero altissimo. È vero però anche che, se ci fosse stata una forte mobilitazione di tutta la sinistra, a partire dalla CGIL, forse le cose sarebbero andate diversamente. È stata sicuramente una sconfitta che fa parte dell’inversione di tendenza sui diritti dei lavoratori che c’è stata in quegli anni.

Beh é più forte di me devo chiederglielo: referendum costituzionale, sì o no?

No. No per queste ragioni che sto dicendo. La Costituzione italiana è stata superata da quella che i costituzionalisti chiamerebbero costituzione materiale….

Forse in alcuni punti anche inattuata?

Ma certamente. Ecco, diciamo che questo referendum va nient’altro che a formalizzare una sostanziale perdita di democrazia e di rappresentanza, intesa come rapporto tra Parlamento e Governo, già presente nella costituzione materiale…in quell’insieme cioè di legislazione e normazione, in quell’ordinamento vivente che già le si oppone.

Questa sua visione decisamente critica verso la classe dirigente é un po’ la visione cosiddetta populista che, con i suoi metodi e le sue modalità, sta portando avanti in Italia anche il Movimento5Stelle contro la politica del Governo Renzi. Quanto sposa ad oggi Fausto Bertinotti della politica del Governo Renzi e di quella, che chiameremmo populista, del Movimento5Stelle?

Né…né. Naturalmente le politiche del governo Renzi, e basterebbe pensare al Jobs Act per tutte, sono totalmente iscritte nel quadro delle politiche governative europee. Tutti i governi europei si sono mossi nella stessa direzione, indipendentemente dal loro colore, ed hanno fatto tutti la stessa politica, quella dell’austerity. E tutti hanno fatto una politica antisociale.

Ora, se il conflitto, come io credo, é oggi, invece che quello di destra e sinistra, dopo la scomparsa della sinistra dalla scena politica, un conflitto invece tra il basso e l’alto della società, come dato reale, ecco che quei fenomeni, che si chiamano populisti, prendono le mosse proprio da questa realtà. Questi fenomeni partono cioè da quel dato reale nel senso che iscrivono la loro istituzione, la loro nascita ed il loro successo nel conflitto tra il basso e l’alto della società. Cioè leggono plausibilmente in maniera diversa i termini del conflitto, come un conflitto tra il popolo e le elite.

E qui nascerebbe un’interessante riflessione…se questi fenomeni possono davvero chiamarsi anti-sistema e se sì…di cosa, cioè di quale sistema si parla? Di quello economico, politico…istituzionale? Ma comunque quello che mi preme dire é che secondo me questi fenomeni populisti sono di natura diversa. In questo senso esiste un’intera teoria politica che nasce in Sudamerica e si esprime intorno alla Clao che pensa che la ricostruzione di una sinistra, e in particolare di una sinistra di classe, possa nascere solo in un quadro che tradizionalmente si chiama populista. Finora in Europa esistono tre tipi di esito di questo conflitto tra il basso e l’alto. Uno é dichiaratamente di destra… il caso più classico é quello del Front National di Marie Le Penn, che è un populismo innervato decisamente di politiche di destra…in particolare, ma non solo, lo si vede nella questione dei migranti, che poi costituisce uno dei banchi di prova dell’Europa. Poi esiste un populismo trasversale, ed è trasversale perché ha al centro la contesa con la classe dirigente piuttosto che con il modello sociale. L’avversione per la casta, per il ceto politico dirigente. Trasversale perché,  essendo un’avversione al ceto politico dirigente, laddove la critica al sistema economico e sociale é più ambigua, permette un’adesione di posizioni sia di destra che di sinistra. Il terzo sono forme di populismo di sinistra, la più evidente delle quali é quella di Podemos in Spagna che precisamente nasce dagli indignados, si costituisce da una rivolta di piazza e ne fa nascere una soggettività politica che pur non essendosi mai dichiarata di sinistra, tuttavia sostanzialmente lo é. Quindi vediamo come i movimenti di radice populista possono andare nelle direzioni più diverse. Possono essere pericolosi, minacciosi, buoni oppure ambigui… Quello del movimento 5 stelle é ambiguo.

Lo definisce ambiguo perché lei subodora il rischio di una deriva autoritaria…

No io non subodoro niente. Dico solo che é ambiguo. Il che significa che può andare in tutte le direzioni. E la direzione che prenderà dipenderà molto da diversi fattori, dal livello di conflitto sociale, dal protagonismo delle masse…

Ed una di queste direzioni potrebbe forse essere più totalitaria di quella che voleva combattere?

No, secondo me no.

Parliamo di Europa invece: lei ci crede ancora o no?

Per l’Europa di oggi utilizzerei un’aggettivazione che veniva utilizzata per definire l’Unione Sovietica. L’Unione Sovietica veniva definito un Paese a “Socialismo Reale” perché aveva prodotto un sistema socialista diverso dal “Socialismo Ideologico”: non era vero socialismo. L’Europa di oggi è un’Europa Reale: un’Europa che contraddice i suoi fondamenti e le sue aspirazioni. Questo lo si vede, in primo luogo, nel modello economico e sociale. Tutte le costruzioni democratiche del secondo Dopoguerra, dopo la vittoria sul nazifascismo, erano tali perché legavano il tema della democrazia a quello dell’uguaglianza. Il modello sociale europeo ha sempre negato questa impostazione a favore della sottomissione della democrazia alla competitività e alla concorrenza. La politica economica e sociale europea, dal trattato di Maastricht, ha avuto come linea guida la riduzione del deficit e del debito e non dall’occupazione e dai diritti dei lavoratori. Siccome la globalizzazione ha inasprito la concorrenza, facendo esaltare oltremodo tutti gli aspetti del libero mercato, e la nostra Costituzione e il nostro sistema di welfare, com’è stato più volte detto, non erano compatibili con i valori di competitività e concorrenza, l’Europa è intervenuta per rimodellare il nostro sistema a favore dei suddetti valori con la moneta unica, il Fiscal Compact, il sindacato preventivo sulle leggi di bilancio nazionali e il pareggio di bilancio. Questa Europa si è data quindi una connotazione oligarchica perché è impossibile che queste politiche siano sostenute dalla volontà popolare….

Ma quindi questa Europa può essere cambiata o non c’è più speranza?

Per rispondere a questa domanda bisogna, prima di tutto, individuare il soggetto: chi può cambiare questa Europa? Sicuramente non lo può fare la classe dirigente. Non lo può fare perché è la loro ideologia che ha dato luogo a questa Europa Reale. Le politiche di austerità sono state perseguite nonostante fossero fallimentari. E non erano fallimentari in base ai criteri di chi le avversava, ma anche in base ai criteri di chi le sosteneva. Furono quindi perseguite politiche volte a demolire il Movimento dei Lavoratori. In Italia, ad esempio, c’è stata una bassissima resistenza all’approvazione del Jobs Act. Il cambiamento però non può essere sostenuto neanche dai governi, che sono stati i malfattori principali di questa operazione, né dalla Commissione Europea, che è stata protagonista dello strangolamento di qualunque forza abbia provato ad uscire da questa situazione. Il cambiamento può essere sostenuto solamente dai popoli con la rivolta: una rivolta pacifica che nasca dal conflitto sociale o dal voto popolare e che porti alla costruzione, dal basso, di una nuova Europa democratica…

Cosa pensa quindi dell’esperienza di Tsipras in Grecia con Syriza?

L’esperienza di Syriza e del Governo Tsipras è catalogabile come populismo di sinistra. Nasce da una lunghissima stagione di conflitti sociali in Grecia. La vittoria di Syriza è un fenomeno di profonda radice sociale. Quel governo prova a ribaltare il paradigma dell’Europa Reale prendendo di mira le politiche di austerity e il governo della Troika. Quell’esperienza è stata poi strangolata dall’Europa Reale e questo è un fatto gravissimo; sicuramente prevedibile, ma non per questo meno grave. Alla Grecia è stata infatti negata la possibilità di compiere un’autonoma esperienza politica. Oltre a quella dell’Europa Reale, c’è un’ulteriore responsabilità politica complementare non meno grave: quella delle forze politiche progressiste europee che hanno isolato la Grecia permettendo che fosse strangolata. Il governo greco si è trovato quindi nella drammatica scelta di chinare il capo o tentare il rischio di uno strappo. Tsipras ha scelto la prima soluzione che rispetto molto sebbene non la condivida. La rispetto molto però perché non so come mi sarei comportato nella sua situazione, con quella responsabilità. Questa scelta comunque ha salvaguardato la soggettività politica di Syriza e, anche se non so quanto, l’umore del Paese. Ha però sacrificato la trasformazione dell’Europa e della Grecia. Questo ci fa ricordare che il cambiamento può avvenire solo su uno scenario europeo e non nazionale.

In una visione globale questa continua lotta di classe, che poi magari fallisce, é secondo lei un po’ il materializzarsi dei cosiddetti corsi e ricorsi storici? In altre parole, c’è la possibilità che questo populismo, una volta istituzionalizzato, si stabilizzi Europa  in maniera più o meno definitiva?

Ma vede, la contesa sul piano partitico e politico non è più una contesa dirimente. La contesa era dirimente quando lo scontro era fra destra e sinistra, fra conservazione e progresso. Poi le carte si sono mescolate e il populismo é, a meno delle esperienze dichiaratamente di sinistra che sono iper democratiche, anche inquietante. Ci sono dei populismi inquietanti per razzismo, xenofobia. Non si può parlare del populismo usandolo come una categoria generalizzante, perché non è generalizzabile. Il conflitto tra il basso e l’alto può prendere pieghe diverse.

Si ma lei fra 30, 40 anni l’Italia come la vede?

Dipende. Dipende dall’esito del conflitto. Nessuno può dirlo.

Quindi non ha una previsione di questo possibile esito, una risposta tutta sua?

No. No perché di fondo c’é in questa società una crisi di civiltà. La lettura che io preferisco, come ho già detto, é quella della Laudato Si di Papa Francesco. Si può certamente confidare che emergano dalla società e dall’uomo stesso le risorse per fermare questa catastrofe.

Ma questo non può dirlo nessuno.

Però una risposta tutta sua, su un tema preciso e a lui caro, Fausto Bertinotti poteva ancora darcela….

Presidente ci scusi, ce la concede una domanda goliardica?

Ma certamente…

Questo Milan ai cinesi…come lo vede?

Beh…sempre meglio ai cinesi che a Silvio Berlusconi!

Di Romana Angeloni e Davide Motta

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Ho fatto parte dello staff per Maker Faire 2016, questo è ciò che ho visto. http://www.360giornaleluiss.it/ho-fatto-parte-dello-staff-per-maker-faire-2016-questo-e-cio-che-ho-visto/ Wed, 19 Oct 2016 11:43:12 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7264 Tutto è cominciato quando un paio di settimane fa mia sorella riceve da una sua amica una proposta per lavorare qualche giorno come staff per la Maker Faire 2016, requisito principale: parlare molto bene l’inglese. Maker Faire Rome è l’edizione europea di Maker Faire, la più grande fiera sull’innovazione del mondo, è organizzata da Innova

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Tutto è cominciato quando un paio di settimane fa mia sorella riceve da una sua amica una proposta per lavorare qualche giorno come staff per la Maker Faire 2016, requisito principale: parlare molto bene l’inglese. Maker Faire Rome è l’edizione europea di Maker Faire, la più grande fiera sull’innovazione del mondo, è organizzata da Innova Camera, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma per l’Innovazione che si propone di mettere la città di Roma al centro del dibattito sull’innovazione. Un po’ per la voglia di provare qualcosa di nuovo, un po’ per il fascino che una manifestazione di questo tipo esercita, decidiamo di candidarci entrambe. E così, detto fatto, mi ritrovo venerdì 14 ottobre alle sette di mattina di fronte agli immensi padiglioni della Fiera di Roma per cominciare una tre giorni di fuoco.

Le prime parole che mi sono venute in mente girando per la fiera non ancora aperta al pubblico sono state ambizione e scommessa; chi conosce già questa fiera della tecnologia e delle invenzioni sa infatti che l’edizione precedente si era tenuta nella città universitaria de La Sapienza di Roma e quella ancora prima presso l’auditorium Parco della Musica. Passare in soli due anni da spazi così ristretti e location così raccolte agli enormi spazi di Fiera di Roma è una scommessa non da poco che richiede un salto di qualità negli sforzi organizzativi decisamente impegnativo. Quest’anno inoltre gli espositori (i cosiddetti makers) provenivano da oltre 65 paesi: Sei padiglioni più uno per il magazzino, 550 stand, più di 700 invenzioni: questo è stata la Maker Faire 2016.

Il mio compito per i tre giorni della manifestazione consisteva nell’avere la responsabilità, insieme ad altre tre colleghe, di gestire l’infopoint del padiglione numero 9, dedicato alle invenzioni dei giovani makers, soprattutto provenienti da licei e istituti tecnici, e ai workshop e le attività per i bambini, e più in generale di coordinare tutto il padiglione comunicando con la centrale per qualsiasi necessità o problema. Lavoravamo dalle otto di mattina alle sette di sera con qualche pausa e posso senza dubbio affermare che questi tre giorni sono stati i più stancanti della mia vita fin qui. Sono stati però anche tra i più divertenti; come “Alice nel Paese delle Meraviglie” ho girato per giorni tra invenzioni geniali e persone stimolanti, assurde, colorate e spesso un po’ matte.

Il significato di questa manifestazione è tutto raccuiso in un momento che ho avuto la fortuna di vivere davanti ai miei occhi. Un inventore svedese che crea giochi per bambini con semplici cannucce faceva volare un particolare aquilone, proprio nel bel mezzo dell’entrata del padiglione 9, circondato da un nugolo di bambini che lo guardavano incantati mentre lui spiegava in inglese nozioni che evidentemente non potevano capire, in quell’attimo però non importava affatto, erano come ipnotizzati.

Non sono ovviamente mancati alcuni episodi di agitazione o di piccola disorganizzazione, come è normale in un evento di così giganti dimensioni, e ancora una volta credo di essere stata talmente fortunata da assistere al più incredibile di tutti. Nella mattinata della domenica al culmine dell’affluenza di visitatori e famiglie arriva correndo verso di noi una delle ragazze che si occupava dell’animazione dell’Area Kids: “ Vi prego, chiamate per radio la sicurezza. Ci vogliono aggredire e stanno cercando di smontare i pannelli dell’area riservata ai bambini!”. Gli autori dei tentati atti vandalici non erano criminali sfuggiti al controllo della sicurezza ma i genitori stanchi per le file; ancora oggi, ripensandoci dopo qualche giorno, non so decidere se sprofondare nello sconforto o scoppiare a ridere di gusto.

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Alla scoperta della Finlandia http://www.360giornaleluiss.it/alla-scoperta-della-finlandia/ Fri, 18 Mar 2016 07:03:13 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6124 Oggi sono esattamente tre mesi che si è conclusa quella che definisco, senza dubbio, l’esperienza più bella della mia vita. Io frequento il quarto anno della facoltà di giurisprudenza e lo scorso semestre ho vissuto il mio Erasmus ad Helsinki, in Finlandia. Sin da quando ero piccola una delle mie più grandi passioni era viaggiare,

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Oggi sono esattamente tre mesi che si è conclusa quella che definisco, senza dubbio, l’esperienza più bella della mia vita. Io frequento il quarto anno della facoltà di giurisprudenza e lo scorso semestre ho vissuto il mio Erasmus ad Helsinki, in Finlandia. Sin da quando ero piccola una delle mie più grandi passioni era viaggiare, poter scoprire nuovi Paesi, vivere culture diverse dalla mia ed ascoltare il suono di lingue straniere. I miei genitori mi hanno cresciuto con la convinzione che non ci sia niente che ti emozioni e ti arricchisca più di un viaggio ed oggi ne ho la certezza. L’Erasmus, però, non è un semplice viaggio. L’Erasmus è molto di più, è un tassello di vita importante per chiunque abbia deciso di partire. Vivere un Erasmus è sentire un’altalena di emozioni contrastanti sobbollire dentro, fatta di forti propositi e chiari obiettivi che ci spingono a partire e allo stesso tempo di motivazioni inderogabili che ci obbligano a ritornare. Non si lascia la propria routine confortante se non si ha dentro uno stimolo capace di sconvolgerci, pronto a ripeterci, ogni giorno, che il momento è ora. Forse domani sarà troppo tardi. Sono tanti i motivi che lo scorso anno mi hanno spinto a fare la richiesta: imparare bene una lingua straniera, vivere in un altro stato molto diverso dal mio, conoscere nuove persone, diventare ancora più indipendente e studiare in un’università straniera per approcIMG_2376ciare lo studio del diritto da un’angolatura più internazionale. Oggi posso dire di aver oltrepassato tutte le mie aspettative e di essermi fatta un regalo unico nella vita.
Helsinki non era la mia prima scelta, ma la scoperta della Finlandia è stata decisamente sorprendente. Solitamente si pensa a questo stato come un paese lontano, freddo, terra di renne, distese di boschi e patria di Babbo Natale. In realtà ho trovato un paese moderno e all’avanguardia in cui ogni cosa funziona alla perfezione: dai trasporti ai servizi all’università. Helsinki, infatti, essendo la capitale, è l’emblema di tutto ciò. Capitale mondiale del design del 2012 è una città moderna, razionale, efficiente, silenziosa e, soprattutto nei mesi di luce, è avvolta da un’atmosfera nordica di armonia. Il momento della giornata che più preferivo era tornare a casa a piedi la sera ed osservare tutto ciò che succedeva intorno, con la consapevolezza che prima o poi sarei dovuta ripartire e che avrei dovuto sfruttare ogni singolo secondo a mia disposizione trascorso li. Questa era ormai diventata un’abitudine e con il passare del tempo quello che inizialmente era passeggiare alla scoperta di una nuova città si è trasformato in passeggiare nella mia città, nella mia nuova casa. Ho visto Helsinki cambiare notevolmente a seconda delle stagioni: luminosa fino a notte fonda e allegra nel periodo estivo, tappezzata di ocra e rosso violenti nel periodo autunnale ed infine cupa, malinconica e freddissima in inverno, ma sempre affascinante. La cosa più bella era sicuramente osservare le persone. Anche i finlandesi, infatti, si sono rivelati una scoperta; famosi per essere un popolo freddo e chiuso ho potuto constatare che in realtà sono molto socievoli (in particolare dopo qualche bevuta) e soprattutto sono gentili e disposti ad aiutarti per qualsiasi cosa (basta poco perché ti sorridano e ti salutino con un buffo “moikka”, il tipico saluto finlandese). In Finlandia, per me, è facile vivere, perché lo stato ti è amico, patria del vero welfare. Tutto funziona e per noi italiani ciò non è affatto scontato. Il grande tesoro della Finlandia sono, senza dubbio, i suoi paesaggi naturali incontaminati, belli da togliere il fiato. Ci sono molte tipologie di paesaggi diversi tra loro e pur abitando in città è tutto a distanza di pochi chilometri: mare, laghi, parchi nazionali e appena fuori l’abitato distese infinite di prati e boschi di conifere e larici. Finché le temperature lo hanno permesso è stato bellissimo trascorrere i weekend come i veri finlandesi: uscire all’aria aperta, prendere un traghetto e visitare le decine di isolette che circondano Helsinki oppure fare lunghi percorsi di trekking ricompensando la fatica con pic-nic e barbecue sulle rive di laghi cristallini.
La Finlandia inoltre si trova in una posizione strategica, è un trampolino sotteso nei paesi del nord e questo mi ha permesso di poter viaggiare tantissimo in posti che avevo sempre desiderato visitare: Stoccolma, San Pietroburgo, Tallin e soprattutto, il viaggio più emozionante di tutti, la Lapponia. La Lapponia, simbolo della Finlandia, sotto il periodo natalizio è magica e offe la possibilità di vivere esperienze indimenticabili come il giro in motoslitta in notturna, visitare la casa di Babbo Natale tanto sognata quando ero piccola, fare il bagno nell’oceano Artico dopo una tipica sauna finlandese e guidare una slitta trainata da cani aski. Terra di confine della terra stessa, ma avvolgente, fatta di inviti all’introspezione, e di riconciliazioni con il buio.
Tutto questo è stato lo sfondo di quattro bellissimi mesi in cui ho potuto vivere momenti indimenticabili con persone provenienti da tutto il mondo, all’inizio sconosciute, ma che oggi definisco veri amici e con cui mi sento ancora oggi quotidianamente. L’Erasmus mi ha insegnato più di tutto, infatti, che non importa il Paese di origine, non importa la lingua o da quanto tempo conosci una persona ma un’amicizia può diventare solida e forte anche in poche settimane. Ciò che conta è la voglia di stare insieme, di conoscersi e di vivere esperienze impreviste senza paura, imprimendole nel cuore. L’Erasmus è il simbolo della nuova vera nostra Europa. Annulla i confini, frutto di storia e politica, e avvicina noi, che alla fine ci esprimiamo in una sola lingua, ci scambiamo ogni giorno foto e video sui social, ci raccontiamo la vita e ci sentiamo compagni di viaggio, davvero.
Ad oggi posso dire di sentirmi una fiera cittadina europea, cresciuta, più consapevole e arricchita di tanti momenti e da tante persone che porterò sempre con me.
Penso che l’Erasmus sia un’opportunità che ogni studente dovrebbe cogliere perché quello che ti può dare va oltre ogni immaginazione e aspettativa. Per questo consiglio a tutti gli studenti che vogliono partire di fare la richiesta e buttarsi in questa avventura senza paure e timori perché una volta partiti, vi assicuro, non vorrete più tornare!

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Renzi e Merkel avvocati di Schengen contro il naufragio europeo http://www.360giornaleluiss.it/renzi-e-merkel-avvocati-di-schengen-contro-il-naufragio-europeo/ Tue, 26 Jan 2016 18:20:23 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5658 Idee brillanti e rapide azioni. Questi due elementi, apparentemente semplici, sono ciò di cui l’Unione Europea ha necessariamente bisogno per far fronte a una crisi migratoria che non solo si reitera nei mesi, ma continua a crescere in intensità e frequenza. In tre settimane di gennaio altre 30 mila persone si sono messe in viaggio

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Idee brillanti e rapide azioni. Questi due elementi, apparentemente semplici, sono ciò di cui l’Unione Europea ha necessariamente bisogno per far fronte a una crisi migratoria che non solo si reitera nei mesi, ma continua a crescere in intensità e frequenza.

In tre settimane di gennaio altre 30 mila persone si sono messe in viaggio verso l’Europa, attraverso un mediterraneo sul quale non si possono erigere muri. L’ultima tragedia un paio di giorni fa vicino Kalolimnos in una delle aree più calde, quella turco-greca del mar Egeo. Nel corso dell’ultima settimana 26 rifugiati sono stati salvati dal “Mare Nostrum” di Ankara, ma 34 sono morti affogati dalle onde del mare, come al solito prevalentemente donne e bambini.
Angela Merkel ha appena incontrato a Berlino il primo ministro Turco Ahmet Davutoglu, il quale ha promesso un appoggio forte nel contenimento dell’immigrazione e nella gestione umanitaria. Solo in Turchia i rifugiati, soprattutto Siriani, sono 2,2 milioni, 230 mila i richiedenti asilo negli altri Paesi europei.

La Cancelliera tedesca non è soddisfatta, in fondo gli stessi turchi che hanno promesso sostegno sono gli stessi alleati nella coalizione contro l’Isis che hanno abbattuto il jet russo, almeno formalmente loro amico. Merkel è inquieta soprattutto perché il problema colpisce dritto al cuore dell’Europa, ormai perfino nel suo stesso governo dove i social-cristiani della CDU vogliono mollare la politica dell’accoglienza sostenuti da un largo favore popolare.
Consenso democratico che ha spinto la Francia a chiudere le frontiere dopo gli attentati di Parigi, che porta David Cameron a credere che il Brexit sia ben più di una minaccia di riforma politica e una vero e proprio dietrofront antieuropeista, che sollecita Austria, Slovenia, Polonia e Ungheria a serrare i confini e criticare la Grecia per la scarsa politica di contenimento, sebbene Atene chieda il Nobel per la pace solo per far fronte al flusso dei rifugiati che arrivano in ogni dove grazie ai traffici criminali che ogni giorno subiscono ad opera degli scafisti.

Un’incontenibile emorragia che rende vani i fondi investiti, 3 miliardi di euro dall’Unione trasferiti alla sola Turchia per sostenere l’accoglienza, che tra l’altro molti dei Paesi membri non sono disposti a pagare, e fa sanguinare Schengen e le politiche dell’integrazione nei quali si era in tanti anni creduto. Anche il premier Renzi non ci sta e tende la mano alla Cancelliera, pur contro il parere dell’intero continente.

E’ in corso ad Amsterdam il Consiglio dei ministri UE per sospendere Schengen i prossimi due anni attraverso l’articolo 26 del codice omonimo e, sebbene sia stata chiesta l’unanimità dei voti, Italia e Germania sono sole contro i mulini a vento, o meglio, contro i nuovi muri invalicabili delle politiche nazionali europee.
Il ministro degli affari greco Nikos Xidakis giura di aver fatto il possibile, ma le critiche vengono sia dal ministro degli affari interni olandese Klaas Dijkhoff che dall’austriaca Johanna Mikl-Leitner definendo la Grecia inadeguata anche sul fronte dell’accoglienza e dichiarando che va assolutamente posta una nuova barriera al confine con la Macedonia. Angelino Alfano vorrebbe invece salvare Schengen ma ammette che rimangono a disposizione poche settimane per prendere una decisione seria e concreta.

L’Italia pensa alle vecchie e nuove famiglie mentre accoglie il presidente iraniano Rohani, sebbene rimanga tutt’altro che incolume di fronte alle nuove politiche europee.
L’ex premier Romano Prodi è convinto che l’UE non solo non sappia reagire all’emergenza, ma che non abbia proprio risposte per tutto questo.
Matteo Renzi incoraggia il pubblico attraverso impavide dichiarazioni durante i salotti TV di Bruno Vespa, come una volta faceva il presidente USA Franklin Delano Roosevelt di fronte agli americani degli anni 30 colpiti dalla crisi. “Noi rimaniamo con Angela Merkel con l’intento di salvare vite umane e qualsiasi passo indietro sulla politica di integrazione europea sarà tassativamente suscettibile al voto favorevole di tutti“.

Al di là di ogni speranza l’effetto domino sembra però incontenibile e da ogni parte, tra la crisi economica e i fondi che devono essere investiti, la paura del terrorismo, l’ascesa dei nazionalismi e nuove xenofobie, l’Europa ogni giorno sembra naufragare sotto i colpi della cronaca nefasta che fa del mar Mediterraneo un immenso cimitero. Nel 2015 settecento persone sono morte nel solo mar Egeo, già cento sono invece i naufraghi in questo 2016.
Il prossimo 4 febbraio tutti a Londra per parlare di Siria, in un Paese come il Regno Unito che di suo non ha mai voluto aderire agli accordi di Schengen, già dal lontano 1985 quando questi vennero attuati. Tuttavia pare proprio che l’emergenza immigrazione almeno in Europa abbia totalmente oscurato la guerra Siriana e gli interventi in Medio Oriente, come fosse solo una crisi di secondo piano. Sempre più esponenti politici europei lo stanno affermando. “O si risolve il problema delle frontiere esterne all’UE per contenere il flusso migratorio e placare l’emergenza umanitaria, oppure il prossimo problema sarà quello delle frontiere interne, in cui ogni Stato si vedrà costretto a chiudersi in se stesso per poter sopravvivere alla crisi.

In tanto vociare di critiche, come una flebile candela inascoltata nel buio dei tempi presenti, il commissario europeo per l’immigrazione Dimitris Avramopoulos è intervenuto così: “Schengen dovrà essere soggetto a una copertura legale e a delle misure correttive, nulla di drammatico, perché il resto è solo narrazione irrazionale della catastrofe.”
Anche se il resto d’Europa sembra essere intenzionato diversamente, perché di fatto rimangono Renzi e Merkel gli ultimi avvocati rilevanti di Schengen contro l’implacabile naufragio europeo.

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Accordo Italo-Inglese verso un’ Europa “a due velocità”? http://www.360giornaleluiss.it/accordo-italo-inglese-verso-un-europa-a-due-velocita/ Wed, 04 Nov 2015 15:53:47 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4906 L’Italia sarebbe disposta a “schierarsi” con l’Inghilterra nelle sue richieste a Bruxelles per un’ Europa di cambiamenti. La decisione sarebbe nata a seguito dell’incontro tra i ministri degli esteri inglese e italiano Philip Hammond e Paolo Gentiloni tenutosi al Foreign Office di Londra a inizio ottobre. Un documento compilato dagli stessi e circolante tra Londra

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L’Italia sarebbe disposta a “schierarsi” con l’Inghilterra nelle sue richieste a Bruxelles per un’ Europa di cambiamenti.

La decisione sarebbe nata a seguito dell’incontro tra i ministri degli esteri inglese e italiano Philip Hammond e Paolo Gentiloni tenutosi al Foreign Office di Londra a inizio ottobre. Un documento compilato dagli stessi e circolante tra Londra e Roma riporterebbe infatti un piano tra i due paesi per una Europa “a due velocità”, che delinei e formalizzi la distinzione tra paesi dell’eurozona e quelli che invece restano fuori.  A pubblicare la notizia è stato il quotidiano britannico Telegraph lo scorso 19 ottobre.

Tale piano tra i due paesi o – come il quotidiano inglese giustamente lo definisce – la “collaborazione dietro le quinte” verso una ridefinizione di una Europa “ancora più unita” sembra possa avvantaggiare in modo particolare Cameron, su un piano sia politico che pratico.  Per la Gran Bretagna, significherebbe avere l’appoggio di una tra le sei nazioni fondatrici dell’Unione Europea – l’Italia appunto- al suo piano di riforme dell’Unione. Sul piano politico invece permetterebbe a Cameron di “rassicurare” i suoi elettori, in particolare quelli provenienti dalle sfere anti-europeiste favorevoli alla cosiddetta Brexit, sempre più convinte del fallimento di Cameron al tavolo dei negoziati a Bruxelles.

Una vera e propria novità dunque, visto e considerato che nessuno tra i sei stati fondatori dell’ eurozona sembra avere manifestato grossi sostegni finora verso la posizione del primo ministro britannico.

Con o senza il sostegno dell’Italia comunque, e nonostante il referendum per la Brexit in programma per il 2017, Cameron sembra essere determinato a restare in Unione Europea, a patto che questa accetti alcuni specifici cambiamenti: il premier britannico ha stilato quattro punti chiave che considera elementi essenziali affinchè il Regno Unito resti nell’Unione Europea; ed è proprio sulla base di questi che Cameron ha ribadito le sue posizioni al Northern Future Forum del 28 e 29 ottobre a Reykjavik, le stesse che metterà per iscritto nella lettera agli omologhi europei a Bruxelles a novembre.

Resta da chiedersi da quali fonti arrivi la notizia del piano congiunto Italia-UK: il Telegraph non ne cita alcuna, e non è ancora trapelata nessuna data di una possibile pubblicazione ufficiale. La domanda più grande è forse quale vantaggio trarrebbe invece l’Italia da tale accordo, visto e considerato che secondo alcuni analisti e lo stesso Telegraph un atto di aiuto pubblico di un paese-chiave dell’eurozona quale l’Italia offrirebbe a Cameron un vantaggio significativo nel portare avanti le sue richieste all’Unione Europea.

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Barcellona sogna il 27S tra tradizione e modernità http://www.360giornaleluiss.it/barcellona-sogna-il-27s-tra-tradizione-e-modernita/ Mon, 03 Aug 2015 20:11:24 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4114 Le logiche geopolitiche della capitale catalana   Chi passeggia per Barcellona in un primo momento non può farci caso, ora che in estate Las Ramblas della capitale catalana sono invase dai turisti e i negozi delle periferie di Les Corts e dell’Eixample sono pronti a chiudere per la stagione estiva. Tuttavia il 27S, questa la

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Le logiche geopolitiche della capitale catalana

 

Chi passeggia per Barcellona in un primo momento non può farci caso, ora che in estate Las Ramblas della capitale catalana sono invase dai turisti e i negozi delle periferie di Les Corts e dell’Eixample sono pronti a chiudere per la stagione estiva. Tuttavia il 27S, questa la sigla che rappresenta la data del 27 settembre 2015, quella in cui Artur Mas, il presidente della Generalitat (l’istituzione politica del governo autonomo e autonomista), ha fissato già da tempo il referendum per l’indipendenza, si avvicina senza colpo ferire o clamore far sentire. Una data impronunciabile per la bocca dei Barcellonesi intenti all’accoglienza dei turisti e al traffico estivo dei centri commerciali più esclusivi della Milano spagnola. A parte le proteste contro la movida incontrollata ed esclusa perfino la recente vittoria nelle elezioni amministrative del nuovo sindaco della formazione politica Podemos Ada Colau, la Alcaldessa come la chiamano in Catalogna, tutto è impercettibile e tutto è focalizzato sul mese di settembre in un silenzio “udibile” solo prima del palio di Siena o alla vigilia di un grandissimo evento sportivo.

Il Partido Popular e il premier Mariano Rajoy sono in grave crisi, già surclassati dal trionfo di Podemos e dalla graduale ripresa dei socialisti del PSOE. Barcellona rappresenta una delle regioni più floride della Spagna e allo stesso tempo una di quelle che è particolarmente stanca di rispondere alle logiche internazionali dei debiti e dei Bonos contravvenendo alla sua stessa vocazione europeista. Se in Catalogna rispetto ad altre aree del Paese la crisi sembra essere meno pesante lo si vede da un sistema sociale che agevola giovani e anziani, accoglie calorosamente i turisti e anche sulle larghissime strade offre percorrenza fluida a pedoni e vetture, biciclette e runners ad ogni ora del giorno e della notte. Tutto questo, purtroppo per l’Italia, quando gli unici voli in ritardo nell’aeroporto di El Prat sono quelli da e per Roma Fiumicino, complice l’incendio che ha coinvolto ancora una volta il Terminal 3.

La Catalogna è quindi un’area che Rajoy può essere tentato di sfruttare per una rimonta nei consensi trovando un accordo con le autorità locali della Generalitat come il presidente Artur Mas, ma non a basso prezzo. Inoltre le conseguenze potrebbero essere inversamente proporzionali nelle altre regioni, indipendentiste e non, che a catena proveranno a chiedere nuovi privilegi sul campo del federalismo o almeno in chiave strettamente economica, il tutto contro ogni dettame della Costituzione nazionale spagnola.

Re Felipe VI ha infatti espresso più volte forte preoccupazione in vista del 27S, soprattutto dopo l’attenta osservazione di un Partido Popular che galleggia incerto come un natante in mezzo all’oceano, in balia delle onde in vista di una stagione politica tutt’altro che delineata. Dagli anni 70 e dalla scomparsa di Francisco Franco la Spagna soffre le spinte autonomiste delle proprie regioni, delle quali la Catalogna rappresenta il caso più emblematico, meno violento dei Paesi Baschi e dell’ETA ma più forte culturalmente. Il fenomeno Podemos gode solo della stagione della crisi internazionale finanziaria e non è detto che questa spinta possa riconfermarsi nelle prossime elezioni legislative. Artur Mas intravede ora la grande occasione tanto attesa e percepisce un forte potere di ricatto nell’incoraggiare l’indipendentismo, storico tema di centro-destra, tentando e insediando un debole governo centrale. Il 27S lo si legge solo sui giornali, ma le bandiere indipendentiste della Catalogna sono ovunque e non solo durante le partite del Barça, a costo di ripetute multe della Uefa anche contro il club più forte del mondo per aver fischiato l’inno spagnolo. Quei simpatici e colorati vessilli giallorossi dalla bianca stella sono appesi ad ogni balcone della città e ad ogni finestra come mai in Italia il tricolore perfino durante le partite calcistiche degli azzurri. Neanche i distratti turisti della Rambla possono ignorarle. Ogni cittadino è cosciente della modernità di Barcellona all’interno del contesto geopolitico europeo, forte anche del suo modernismo artistico, ma nessun residente sottovaluta il 27S come la data della svolta, quella che molti laggiù amano sognare come una data di festa nazionale.

 

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L’esodo dei migranti. Periferia d’Europa e cuore dell’UE http://www.360giornaleluiss.it/lesodo-dei-migranti-periferia-deuropa-e-cuore-dellue/ Sat, 20 Jun 2015 20:12:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3936 Per alcuni è la luce della sopravvivenza, per altri la vocazione del proprio lavoro, per alcuni un gesto solidale, per altri un forte pretesto politico per ottenere consensi. L’esodo dei migranti ricorre come tema politico nel paradiso europeo del lavoro e del benessere, della libertà e della democrazia. Il bacino del mar Mediterraneo non è

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Per alcuni è la luce della sopravvivenza, per altri la vocazione del proprio lavoro, per alcuni un gesto solidale, per altri un forte pretesto politico per ottenere consensi. L’esodo dei migranti ricorre come tema politico nel paradiso europeo del lavoro e del benessere, della libertà e della democrazia. Il bacino del mar Mediterraneo non è nuovo agli incontri culturali, al commercio, allo scambio e all’accoglienza di diverse realtà e differenti culture. Oggi tutto sembra aver raggiunto un cortocircuito. La guerra in Siria, le estati calde delle primavere arabe, l’instabilità nordafricana, il terrorismo, le fragili politiche comunitarie europee, la crisi internazionale e le emergenze umanitarie hanno portato il flusso migratorio a una entità esponenziale e periodica, costante e proporzionale ai cambiamenti geopolitici in atto.

Le periferie del continente europeo sono soggette a una pressione umanitaria insostenibile, tanto da far vacillare il cuore delle politiche basilari dell’Unione Europea. Dopo secoli di conflitti dove erano stati abbattuti muri, le difficoltà attuali spingono a ricrearne. Nell’isola di Lesvos, nella greca Mytilene, sono entrati oltre 54 mila profughi in sei mesi. Soprattutto siriani, ma anche afghani e pakistani, tutti con il solo obiettivo di raggiungere l’Europa sebbene Ankara sia per quest’isola molto più vicina di Atene. Rispetto allo stesso periodo del 2014 il flusso è aumentato del 533%, ma questo non è l’unico fronte “molle” europeo. Mentre nella ligure Ventimiglia è giallo sulla annunciata riapertura del confine con la Francia, l’Italia sta vivendo un mese tutt’altro che agevole per un Paese già inondato di piccoli, grandi e vecchi problemi. L’11 giugno a Roma la polizia ha sgombrato dai migranti la stazione Tiburtina, sono state allestite tendopoli presso la capitale e anche a Milano nei pressi della stazione centrale. Profughi, clandestini e migranti dai documenti regolari, tutti cercano il nord Europa. Il 16 giugno si sono riuniti a Lussemburgo senza ottenere risultati concreti i ministri degli affari interni dell’Unione Europea. Nessuna linea guida sull’immigrazione, solo chiacchiere e scaramucce sulla divisione delle quote dei 40mila richiedenti asilo. Divergenze forti che vedono contrapposti Paesi come Italia e Grecia a quelli del baltico come Estonia, Lettonia e Lituania. A Tallin per esempio si rifiutano di accogliere, sempre secondo divisione quote, un totale di 700 migranti, un numero infimo se comparato alle 7mila di ogni mese per gli Stati del Mediterraneo. Così, gli altri membri dell’Unione rinfacciano le sanzioni alla Russia come un debito dei Paesi del Baltico che in questo modo non viene ripagato. Basti pensare che a Lesvos, come a Lampedusa, è “come se ogni giorno spuntasse un nuovo villaggio” dicono.
Se “i muri d’Europa non fermeranno noi disperati che fuggiamo dalla guerra e dalla miseria“, così affermano gli stessi migranti, di certo in Ungheria ne stanno costruendo uno tangibile che possa fermare il flusso proveniente dalla Serbia. “Scaveremo e lo oltrepasseremo lo stesso” replicano ancora i profughi. Tuttavia, mentre testate internazionali come l’Economist accusano aspramente “L’egoismo dell’Unione Europea” e le sue incapacità esecutive, differenti schieramenti politici plaudono o contestano il determinato interventismo del primo ministro australiano Tony Abbott, perché come le crisi finanziarie e il terrorismo, anche l’immigrazione è ormai un tema globale, e coinvolge ampiamente tutti i suddetti temi. La politica di Abbott è bloccare gli sbarchi ad ogni costo. Il flusso migratorio è conseguentemente diminuito ma ora la crisi diplomatica coinvolge Jakarta, l’Indonesia e anche la Thailandia e la Malesia. Il bello è che il caso australiano, che da sempre sembra una realtà appartenente, come lo è tutt’ora, all’altro emisfero del pianeta, la fa da padrone come modello negativo e positivo al tempo stesso. Il piano Schengen appare sempre più in bilico, inutile dire che questa era una delle politiche-pilastro del progetto di integrazione europeo. Da diversi giorni ci sono i 40mila richiedenti asilo, soprattutto eritrei e siriani, in Italia e Grecia in attesa di responso, ammassati nei centri di accoglienza, residenti nelle tendopoli. In altri casi estremi alcuni immigrati clandestini sono morti precipitando dalle stive di aerei diretti in Gran Bretagna dal Sud Africa nel vano tentativo di raggiungere vivi l’Europa.

Considerando senza dubbio questa condizione come non rispettosa dei diritti umani, naufragi e minacce di incendio a parte, basti guardare il caso del poliziotto di Catania arrestato per le frasi razziste shock sul web, il prossimo vertice comunitario europeo sarà il 25 giugno. Riuscirà l’UE a essere coesa in altri ambiti oltre l’austerity degli anni passati? O, come Ventimiglia insegna, l’unica via sarà pregare come i profughi sugli scogli del mare, chini in digiuno nel mese di Ramadan nella speranza di un futuro migliore?

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Ballottaggi, Immigrazione e Riforme in bilico, fine del ciclo renziano? http://www.360giornaleluiss.it/ballottaggi-immigrazione-e-riforme-in-bilico-fine-del-ciclo-renziano/ Wed, 17 Jun 2015 11:17:11 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3923 Il blackout del sito dedicato alle elezioni regionali siciliane rimane solo un aspetto emblematico, ma il passaggio a vuoto della politica renziana sta costruendo nuovi scenari politici in un orizzonte che si manifesta attraverso l’esito dei ballottaggi, in Sicilia come in tante altre città italiane. In perfetto parallelismo il Movimento Cinque Stelle conquista cinque ballottaggi,

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Il blackout del sito dedicato alle elezioni regionali siciliane rimane solo un aspetto emblematico, ma il passaggio a vuoto della politica renziana sta costruendo nuovi scenari politici in un orizzonte che si manifesta attraverso l’esito dei ballottaggi, in Sicilia come in tante altre città italiane. In perfetto parallelismo il Movimento Cinque Stelle conquista cinque ballottaggi, in particolare a Gela dove il candidato dei Grillini Domenico Messinese ha vinto con il 65% dei consensi. Un risultato importante proprio nel fortino del governatore regionale Rosario Crocetta per tutte quelle opposizioni giudicate negli ultimi anni fiacche e a fine ciclo, dal M5S alla minoranza del PD. Simbolico anche il successo di Maurizio Dipietro, ex PD fuoriuscito dal partito proprio a causa dei contrasti con la nuova dirigenza democratica, e vincitore su un candidato rilevante come Vladimiro Crisafulli, superato dal 51,9% del rivale.

Nuove ripercussioni nella politica nazionale quindi, dove Matteo Renzi non ha temuto finora il confronto e dove lamenta quasi spavaldamente sconfitte solo dove ha aperto al dialogo con le minoranze. Le altre correnti del Partito Democratico avverse al governo hanno ripreso a sfornare le critiche sulla sovrapposizione delle cariche Segretario-Premier, le opposizioni M5S e Forza Italia sono pronte a far vacillare l’iter delle riforme, a partire dalla legge elettorale. Il senatore berlusconiano Augusto Minzolini di Forza Italia e perfino il bersaniano Gotor auspicano una modifica dell’Italicum, mentre la Lega Nord di Matteo Salvini incalza sul nodo immigrazione.

Alle parole di Matteo Renzi “Sono tentato dallo sfidare Salvini e Grillo alle urne anche subito, ma la mia è una responsabilità verso il Paese e in questo momento devo governare per completare la mia missione” risponde secca e seccata Rosy Bindi, già protagonista dello “scherzetto” a De Luca con la commissione antimafia “Inutile dire che abbaiamo e mordiamo senza proporre alternative, i risultati elettorali e le sconfitte sul campo parlano chiaro ed è necessario cambiare metodo di governo”.

Roberto Fico esprime invece soddisfazione per i risultati del Movimento “già dato per morto” in Sicilia nel momento in cui il candidato Dem Matteo Bracciali, pupillo di Maria Elena Boschi, aveva già constatato la propria sconfitta ad Arezzo, città natale del ministro storica figura della Leopolda.

L’entusiasmo e la carica del Renzismo sono quindi finiti facendo vacillare la prospettiva di un governo del segretario-premier fino al 2018? Le tappe decisive non riguarderanno solo la politica locale, ma quella regionale in senso lato, in senso continentale. Il prossimo consiglio europeo è previsto per il 25 giugno e il Governo appare in seria difficoltà sui fronti dell’immigrazione. Mentre le opposizioni guidate da Salvini e il capogruppo alla Camera di FI Renato Brunetta attaccano per puro opportunismo politico le frontiere europee si chiudono a riccio a lasciano solo un intero Paese. A Bolzano migranti in possesso di un regolare biglietto di treno per l’Austria vengono respinti da diverse settimane, altri sono in stallo sugli scogli liguri presso la cittadina di Ventimiglia perché allontanati dai “doganieri” francesi. E’ strano parlare di doganieri nell’Europa di Schengen eppure risulta altresì evidente un processo di involuzione nel processo di integrazione del continente. Le richieste di asilo nell’ultimo anno per l’Europa sono state 658mila nei mesi in cui il solo piccolo Libano accoglieva più di un milione e mezzo di rifugiati. A questo punto spunta l’ipotesi di un lasciapassare a tempo per i profughi di tre mesi, ma è difficile sia sufficiente per chi è in viaggio da circa due anni, nel disperato tentativo di salvare la propria vita e raggiungere i familiari residenti nell’Europa continentale.

Se in un quadro così complesso si colloca la ciliegina di mafia capitale, dove la credibilità del sindaco di Roma Ignazio Marino vacilla, si intuisce che non proprio cimbri ma nembi sono quelli che si prospettano nel plumbeo cielo del governo Renzi. Ora il prefetto Franco Gabrielli ha ricevuto la documentazione sugli affari di Salvatore Buzzi e quasi sicuramente si occuperà del nodo romano del Giubileo. Un evento cui il Governo arriverà, se arriverà, con qualche patema d’animo e con l’obbligo di dare innovative risposte a nuove emergenze di vecchi problemi.

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