Russia – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it Sun, 18 Feb 2018 20:38:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.8.2 http://www.360giornaleluiss.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/cropped-300px-32x32.png Russia – 360°- il giornale con l'università intorno http://www.360giornaleluiss.it 32 32 97588499 L’America che entra in guerra http://www.360giornaleluiss.it/lamerica-entra-guerra/ Fri, 07 Apr 2017 16:37:39 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=8484 Trump ordina un’azione militare contro Assad   Venerdì 7 Aprile 2017, ore 2:30 italiane. Parte l’ordine per il lancio di 59 missili Tomahawk contro le basi munite di armamenti chimici del presidente siriano Bashar al-Assad. Bilancio ufficiale: 5 vittime tra cui 2 civili. Bilancio secondo l’agenzia di stampa Sana: 15 morti tra cui 4 bambini. Trump, dopo

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Trump ordina un’azione militare contro Assad

 

Venerdì 7 Aprile 2017, ore 2:30 italiane. Parte l’ordine per il lancio di 59 missili Tomahawk contro le basi munite di armamenti chimici del presidente siriano Bashar al-Assad. Bilancio ufficiale: 5 vittime tra cui 2 civili. Bilancio secondo l’agenzia di stampa Sana: 15 morti tra cui 4 bambini.

Trump, dopo la cena di stato con il presidente cinese Xi Jinping, ha annunciato che gli Stati Uniti d’America non rimarranno in silenzio davanti ai gravi attacchi contro la popolazione siriana, avvenuti lo scorso martedì 4 aprile, per mano del governo di Damasco.

“Assad ha stroncato le vite di uomini, donne, bambini senza speranza. È stata una morte lenta e brutale per molti di loro. Perfino neonati meravigliosi sono stati crudelmente assassinati in questo attacco barbarico. Nessun figlio di Dio dovrebbe mai patire un simile orrore”

Nel frattempo non si è fatta aspettare la risposta russa. Il Cremlino ha subito chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite poichè, secondo quanto dichiarato dal presidente del comitato di Difesa e sicurezza del Consiglio Federale, “questo può essere considerato come un atto di aggressione da parte degli Stati Uniti contro uno Stato dell’Onu”.

Le armi

Martedì 4, il governo siriano sgancia sulla popolazione dei barili contenenti armi chimiche. Si tratterebbe del Sarin, un gas nervino classificato dalle Nazioni Unite come arma chimica di distruzione di massa. E’ completamente inodore, lascia un fumo di colore giallo e basta respirarlo o entrarvici in contatto per rimanere completamente contaminati. I primi sintomi si presentano nella forma di difficoltà respiratorie, ma in pochi minuti il veleno intacca il sistema nervoso portando alla morte. I Caschi Bianchi e i Medici senza frontiere, trovandosi di fronte ad una situazione così grave e inaspettata, sciacquano i feriti con acqua ma subito si rendono conto che ormai c’è ben poco da fare. Un bambino, sopravvissuto all’attacco chimico, ha raccontato quei drammatici momenti così:

“Ero ad EL Hamra (un quartiere). Stavo guardando gli aerei. L’aereo ha sganciato un barile. Ho visto il fumo, era giallo.”

L’amministrazione Trump ha invece utilizzato i missili Tomahawk, ovvero missili da crociera con una gittata di circa 2500 km; questi possono contenere fino a 500 kg di esplosivo.

Le reazioni internazionali

L’Unione Europea ha dichiarato oggi di essere già da tempo a conoscenza del piano americano. Federica Mogherini, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha seguito gli sviluppi durante la notte con i membri della diplomazia di Bruxelles. Netanyahu, Primo Ministro israeliano, è stato il primo ad appoggiare l’iniziativa militare statunitense in quando “l’uso di armi chimiche non è e non sarà tollerato”. Erdogan ha immediatamente chiamato Putin e reso noto che i rapporti con gli alleati sono a un passo dalla completa chiusura.

 

 

 

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MOSCOW IS THE WAY http://www.360giornaleluiss.it/moscow-is-the-way/ Sat, 15 Oct 2016 10:16:10 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=7221 Mamma Roma vado, guardami partire, mando un bacio al Tevere ed a il suo ingiallire, due pacchi di rigatoni fra i maglioni nella borsa, lì per darmi forza che… …Mosca mi aspetta. Il 22 agosto inizia la mia avventura nel paese dei mangia-bambini, degli orsi e dove il rischio di rimpatrio è sempre dietro l’angolo.

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Mamma Roma vado, guardami partire, mando un bacio al Tevere ed a il suo ingiallire, due pacchi di rigatoni fra i maglioni nella borsa, lì per darmi forza che…

…Mosca mi aspetta.

Il 22 agosto inizia la mia avventura nel paese dei mangia-bambini, degli orsi e dove il rischio di rimpatrio è sempre dietro l’angolo. La partenza ha visto la mia testa piena di pensieri, inculcati dagli altri, e fortemente contrastanti. Nel momento in cui ho poi messo piede nel paese che sarebbe diventato la mia casa molto presto, ho deciso di annullare qualsiasi aspettativa e prendere tutto quello che questo mondo (nuovo) ha da offrirmi.

La mia partenza non è stata così sprovveduta: il mio livello di russo sembrava accettabile per la sopravvivenza, fino a quando ho dovuto affrontare la realtà delle cose e rendermi conto che quei tre semestri di russo non sono serviti a nulla. Ma non per questo mi sono tirata indietro, e armata di Yandex translate (perché qui Google ha i suoi problemini), sono andata a conquistare Mosca.

Come ogni scambio che si rispetti, lo shock culturale c’è stato (anche se nego a me stessa l’evidenza del fatto), che poi in realtà non è stato così sconvolgente. Esso ha previsto la prima visita al dormitorio e l’affrontare mille e uno problemi di burocrazia che, signori miei, l’Italia sembra la Germania a confronto. Il tutto rigorosamente in lingua russa, vista la mia grande fortuna con il Buddy, in teoria assegnatomi ed in pratica palesatosi solo per un caffè, quando ormai avevo già sistemato tutto.

Ma le prime settimane qui, sono state decisamente molto di più: ricche di curiosità, autenticità, perplessità e stupore. Uscire (ed entrare) dalla stazione della metro e trovare il mondo, dimenticarsi delle piccole e brevi distanze, tenere sempre gli occhi in su e non accontentarsi mai della bellezza che la città ha da offrire. Il tutto condito da un inaspettato bel tempo, che vi confesso, mi ha regalato albe da sogno e da una compagnia stravagante ma più che piacevole.

La città attira davvero persone da tutto il mondo, sfidando qualsiasi pregiudizio e smentendo molti preconcetti. Per questo infatti vorrei non fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono russi e russi: babushke che ti adotterebbero anche se non sanno pronunciare il tuo nome, cassiere e segretarie che impazziscono quando scoprono che sei italiana e ti urlano che sei bellissima, uomini seri e giganti che non sanno cosa vuol dire sorridere e poliziotti che hanno la tua età, o forse poco meno, e che navigano nelle loro divise.

Per chi ancora non ci credesse, sono qui anche per studiare. La Higher School of Economics, l’università che frequento, è considerata particolarmente di stampo liberale, in quanto privata e pertanto indipendente dal governo. Essa accoglie tantissime facoltà diverse, essendo suddivisa in vari palazzi sparsi per tutta la città. Oramai è un mese che i corsi sono iniziati; non sono una passeggiata, ma mi è capitato di affrontare argomenti per me non nuovi. Questi ultimi sono stati trattati sotto diversi punti di vista e la cosa è stata per un verso affascinante, per l’altro mi ha lasciata perplessa (povero Machiavelli!).  Ah, poi ci tenevo a sottolineare che qui i ragazzi, o almeno quelli del mio corso di Intellectual History, sono cresciuti a pane e Marx, quindi attenzione ad intavolare conversazioni di un certo tipo!

Ai miei compagni di avventura, qui a casa di zio Putin, ho confessato di sentirmi nel posto giusto e con le persone giuste. I motivi sono tanti ed inspiegabili, come le contraddizioni di questo posto. Mille volte mi hanno chiesto “come mai la Russia?”. Ed io mille volte ho cercato di giustificare questa mia scelta presentando le più razionali motivazioni. La verità è che qui non bisogna fare domande né cercare risposte ma viversi l’esperienza per come è, poiché certamente non può deludere.

 

До свиданья,

Арианна

di Arianna Manili

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Due anni di sanzioni per la Crimea, ma a farne le spese non è Putin http://www.360giornaleluiss.it/due-anni-di-sanzioni-per-la-crimea-ma-a-farne-le-spese-non-e-putin/ Wed, 23 Mar 2016 15:32:32 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=6174 “A due anni dall’annessione illegale della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli da parte della Federazione russa, l’Unione europea mantiene il suo fermo impegno a favore della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Sono le parole dell’Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza comune, Federica Mogherini, riportate da un comunicato stampa rilasciato

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“A due anni dall’annessione illegale della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli da parte della Federazione russa, l’Unione europea mantiene il suo fermo impegno a favore della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Sono le parole dell’Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza comune, Federica Mogherini, riportate da un comunicato stampa rilasciato venerdì 18 Marzo.

 

Bastano queste poche righe per capire subito la linea che l’Unione Europea è decisa a seguire contro la Russia, già colpita dalle sanzioni economiche previste dalla risoluzione 68/262 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e dai provvedimenti seguenti adottati dall’UE a partire dal Marzo del 2014. Sono quindi già due anni che continua il braccio di ferro tra Bruxelles e Mosca, durante i quali le tensioni nella regione si sono via via consolidate, tant’è che ormai l’attenzione internazionale si è spostata verso altri fronti.

 

Le ultime proroghe da parte del Consiglio sono arrivate questo mese: il 4 per l’appropriazione indebita di fondi statali ucraini, il 10 contro l’integrità territoriale dell’Ucraina. Quest’ultime, si legge sul sito del Consiglio, sono indirizzate verso “146 persone e 37 entità (…) soggette al congelamento dei beni e al divieto di viaggio in quanto responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina” e rimarranno in vigore fino al 15 settembre 2016.

 

Per quanto riguarda il fatto che la Russia abbia sottratto soldi a Kiev, c’è da rimanere perplessi: il Paese, fin da quando i movimenti europeisti sono scesi in piazza, riversava in condizioni finanziarie criticissime, che gestiva grazie agli aiuti che arrivavano proprio da Putin. Oggi è l’UE a colpire direttamente l’economia russa, dal momento che le sanzioni limitano l’accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell’UE da parte dei cinque maggiori enti finanziari russi di proprietà dello Stato e delle loro filiali controllate a maggioranza stabilite al di fuori dell’UE” si legge sempre sul sito del Consiglio.

 

Di fatto, il gigante euro-asiatico è stato estromesso dalla “sala dei bottoni” dell’economia mondiale, in quanto dal giugno 2014 non si riunisce più il G8, bensì il G7. Ma da tutto ciò non ne esce indebolita solo Mosca, che anzi grazie anche alla spinta militare di questi ultimi mesi in Siria ha trovato un notevole traino, ma anche diversi Stati dell’Unione: in primis l’Italia, che si è vista azzerare un mercato importantissimo per l’export, soprattutto per il settore agroalimentare: secondo la Coldiretti, la perdita è stata del 27,5% nel 2015 per effetto dell’embargo russo adottato in risposta alle sanzioni europee.

 

È vero che qualcosa si muove, con la recente visita del Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, in Russia per sondare il terreno in vista di nuovi accordi; ma gli interessi energetici rendono difficile un rasserenamento veloce delle relazioni: il prezzo stracciato del petrolio rende superfluo l’acquisto di gas e altre risorse da Mosca. Inoltre, le tensioni tra questa e Ankara, oggi più che mai partner strategico per l’UE nella questione dei rifugiati, isolano ulteriormente Putin nello scacchiere mondiale. Che, paradossalmente, vedono sue pedine nei punti più strategici, a partire dalla stessa Crimea.

 

La Storia ha insegnato che a farne le spese per le sanzioni è la popolazione, più che la classe dirigente: difficile però che, quantomeno oggi, possa esplodere un movimento di protesta così forte da capovolgere il governo moscovita. Più probabile sarà la necessità di ridisegnare alcuni confini una volta concluso il capitolo Siria e, in quel caso, un paragrafo importante Putin lo vorrà certamente dedicare a “casa sua”.

 

Timothy Dissegna

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Perché tutti (o quasi) amano Putin? http://www.360giornaleluiss.it/perche-tutti-quasi-amano-putin/ Mon, 21 Mar 2016 14:50:21 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5568 Dispotico, omofobo e violento: Vladimir Vladimirovič Putin è l’uomo politico del momento. Alla luce degli attentati di Parigi il leader russo è diventato mira di ammiratori, anche oltre i confini russi, e protagonista di un successo virale senza precedenti per una figura politica. Nato il 7 ottobre del 1952 a San Pietroburgo, Putin visse un’infanzia

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Dispotico, omofobo e violento: Vladimir Vladimirovič Putin è l’uomo politico del momento. Alla luce degli attentati di Parigi il leader russo è diventato mira di ammiratori, anche oltre i confini russi, e protagonista di un successo virale senza precedenti per una figura politica.

Nato il 7 ottobre del 1952 a San Pietroburgo, Putin visse un’infanzia povera: il nonno era cuoco di Lenin e Stalin, il padre sommergibilista nella marina sovietica. È stato membro del Partito comunista, colonnello del KGB, collaboratore per cinque anni della Stasi a Dresda. Nel 1997 Boris Elstin lo chiama a collaborare con lui, dal 2000 al 2008 diviene presidente della Federazione Russa, e il 7 maggio 2012 ottiene un nuovo mandato presidenziale.

Il leader russo ci ha abituati a prove di forza fisiche quanto psicologiche; da cavalcate a mani nude sugli orsi a vere e proprie sfide con i grandi imprenditori russi, fino alla tentata occupazione dell’Ucraina: di certo è ben lontano dal modello di politico occidentale e più vicino ad una figura di moderno duce, dal passato rosso e lo sguardo di ghiaccio.

Appena dopo gli attentati di Parigi e l’abbattimento dell’Airbus russo nel Sinai, le posizioni ferme e il suo fare deciso gli sono valsi un’ondata di ammirazione. I giorni immediatamente successivi agli attacchi terroristici sono stati caratterizzati da una psicosi generale, ogni zaino incustodito diventava un possibile ordigno esplosivo e ogni persona dai tratti mediorentiali un ipotetico attentatore. Ora le nostre vite sono rientrate nella nuvola ovattata della routine, ma qualcosa è cambiato. Gli attentati parigini anziché rappresentare un grande passo avanti nella guerra jihadista , hanno segnato una svolta nella politica internazionale , stravolgendo assetti di alleanze e opposizioni. Il grande protagonista di questi cambiamenti turbolenti è stato il primo ministro russo. Il mondo in questo momento storico è una partita di scacchi a più mani, dove i giocatori aspettano e si studiano, hanno paura di compiere la mossa sbagliata e quindi ritardano la mossa stessa. In questo clima di insicurezza tutti volgono lo sguardo a Putin, che sembra essere il giocatore non solo pericoloso, ma decisivo.

Questo appeal di risolutezza e intransigenza ha in particolar modo affascinato le destre xenofobe e populiste europee, che lo hanno eretto a nuovo idolo. Anni di battaglie e lotte in nome della democrazia e l’Occidente trova il suo “beniamino” in un de facto despota; il leader russo è un autocrate ,eppure è divenuto un simbolo di stabilità. In un periodo di precarietà e paura generale, il suo atteggiamento duro e sicuro è diventato un simbolo di forza e resistenza alla minaccia islamica. Il presidente russo è la scheggia impazzita d’Europa, una sottospecie di Übermensch nietzschiano che si ribella al sistema di alleanze occidentali, snobba le sanzioni e non abbassa la testa con nessun altro leader.

Come tutti i fenomeni nel mondo della politica, anche la nuova “fama” del presidente russo dovrebbe farci riflettere. Le preferenze in campo politico sono sempre lo specchio della situazione socio-economica di un paese, e allora dovremmo chiederci: perché tutti (o quasi) amano Putin?

L’emergenza isis e profughi hanno messo, e mettono tutt’ora, a dura propria non solo i governi nazionali ma anche il concetto stesso di UE: i leader europei si sono rivelati impreparati e l’unione europea incapace di trovare efficaci soluzioni comuni. Tutto ciò è sfociato in un sentimento di sfiducia nel sistema democratico e nella ricerca di un punto fermo; e chi meglio dell’antico e banale cliché dell’uomo virile e deciso?

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WADA: tsunami sull’atletica russa http://www.360giornaleluiss.it/wada-tsunami-sullatletica-russa/ Fri, 13 Nov 2015 07:52:20 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=5014 “A qualcuno conviene togliere di mezzo un concorrente diretto e ad altri conviene danneggiare l’immagine del paese”: queste le parole del ministro dello Sport russo Vitali Mutko in merito alla possibile esclusione della Russia dalle Olimpiadi di Rio 2016 a seguito delle pesanti accuse mosse dalla WADA in merito a presunti doping di Stato. Il

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“A qualcuno conviene togliere di mezzo un concorrente diretto e ad altri conviene danneggiare l’immagine del paese”: queste le parole del ministro dello Sport russo Vitali Mutko in merito alla possibile esclusione della Russia dalle Olimpiadi di Rio 2016 a seguito delle pesanti accuse mosse dalla WADA in merito a presunti doping di Stato.

Il cerino gettato dalla WADA, l’Agenzia Mondiale Antidoping, rischia di far scoppiare un incendio gigantesco e già qualcuno parla di clima da “guerra fredda sportiva”, dopo che gli USA tramite il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, si sono ufficialmente schierati al fianco della WADA, non ritenendo che ci siano “motivi per mettere in dubbio i risultati dell’indagine della Wada”.

Il Cremlino da parte sua si difende, definendo le accuse “infondate”  e lo stesso Putin si è affrettato ad organizzare un incontro con i capi delle federazioni sportive russe, per fare il punto sullo stato di preparazione in vista dei prossimi giochi olimpici. Insomma la Russia, e il suo presidente, non hanno alcuna intenzione di farsi mettere alla porta, subendo così uno smacco che lederebbe non poco la figura vincente di un paese e del suo leader in questo momento, più che mai nell’ultimo decennio, al centro dell’attenzione mondiale per le recenti iniziative anti-terrorismo in Siria.

Certo è che la fulminea caduta, figurativamente parlando, della testa di Grigory Rodchenkov, capo del laboratorio antidoping di Mosca,  prontamente sostituito – come apprendiamo nelle ultime ore – da  «uno specialista straniero» previa consultazione con la Wada, e l’immediata chiusura del laboratorio stesso, sembrano, se non un’ammissione di colpa, un tentativo di fare un po’ di pulizia in casa propria.

Il dimissionario Grigory Rodchenkov sarebbe infatti accusato di aver occultato il doping, di estorcere soldi agli atleti e di aver distrutto 1417 campioni sospetti tramite agenti dell’ex KGB, ora FSB. La commissione della Wada aveva chiesto per lui il bando a vita. Il report accusa il direttore del laboratorio di Mosca di aver distrutto i test per evitare che l’inchiesta potesse scoprire la truffa. L’ordine sarebbe partito direttamente da Vitaly Mutko, ministro dello Sport. Non solo: alla periferia di Mosca è stato creato un laboratorio-ombra, dove i test venivano controllati prima che approdassero all’Antidoping ufficiale russo, cui ovviamente poi arrivavano solo gli esami che non presentavano anomalie, mentre nel frattempo gli atleti sospetti o positivi venivano avvertiti della loro situazione. Inoltre, durante l’Olimpiade di Sochi, membri dei Servizi Segreti russi si sono infiltrati nelle strutture antidoping per manipolare i risultati dei test degli atleti loro connazionali. Per questa ragione la Wada chiede la sospensione di 2 anni della Federazione russa di atletica da tutti i consessi mondiali e quindi di tutti gli atleti da ogni manifestazione, Olimpiade di Rio compresa. Chiesta anche la radiazione a vita di cinque atleti, tra cui i nomi più noti sono quelli dell’olimpionica degli 800 a Londra, Marya Savinova, e della terza di quella gara, Ekaterina Poistogova.

Il terremoto però non dovrebbe fermarsi qui: infatti la WADA ha annunciato che entro un paio di mesi verrà pubblicato un altro rapporto che coinvolgerà questa volta l’Etiopia, patria di grandi maratoneti, Turchia e Kenya.

Sono aperte le scommesse su quanti paesi arriveranno a Rio 2016.

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Caccia russi in Siria: lotta al terrorismo o Guerra fredda? http://www.360giornaleluiss.it/caccia-russi-siria-lotta-al-terrorismo-guerra-fredda/ Sun, 27 Sep 2015 10:25:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=4376 “28 caccia oltre ad una certa quantità di droni dell’esercito russo sono arrivati in Siria per offrire sostegno all’esercito di Assad contro i ribelli e i jihadhisti”. Solo qualche giorno fa la CNN comunicava alla popolazione statunitense questa notizia. A diffondere l’annuncio, in realtà, secondo delle indiscrezioni, sarebbero stati due importanti funzionari del governo USA,

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“28 caccia oltre ad una certa quantità di droni dell’esercito russo sono arrivati in Siria per offrire sostegno all’esercito di Assad contro i ribelli e i jihadhisti”. Solo qualche giorno fa la CNN comunicava alla popolazione statunitense questa notizia. A diffondere l’annuncio, in realtà, secondo delle indiscrezioni, sarebbero stati due importanti funzionari del governo USA, coperti dall’anonimato.

Secondo delle indagini svolte dal Pentagono,inoltre, l’esercito russo avrebbe inviato anche una dozzina di autobus pieni di soldati e una decina per trasportare in Siria dei tecnici di strategie belliche. Tale notizia ha destato ,ovviamente, una forte preoccupazione alla Casa Bianca, tanto che il segretario di stato USA, John Kerry, ha dapprima  replicato che l’unica soluzione possibile alla guerra civile siriana è da un lato la deposizione di Assad e dall’altro il respingimento delle milizie jadhiste; subito dopo , poi, ha telefonato al suo collega russo, Serghiei Lavrov, per chiedere rassicurazioni in merito alla natura di tale operazione militare e,dunque, al suo fine.

Sembra,quindi, che quest’ultimo abbia addotto come unica motivazione dell’intervento russo a sostegno di Assad la necessità di respingere unitariamente le truppe dell’Isis. Ma questa motivazione non avrà di certo convinto l’amministrazione USA, che intuisce come le reali motivazioni siano ben altre. Peraltro il governo statunitense non è statol’unico al quale la Russia ha dovuto dare delle spiegazioni in merito all’operazione militare a sostegno di Assad: ad essere rimasto molto preoccupato dall’intervento russo,infatti, è stato anche il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.

Quest’ultimo ,appena appresa la notizia, ha richiesto un vertice urgente con il Presidente russo Vladimir Putin, timoroso del fatto che i caccia russi potessero,anche per sbaglio, scontrarsi con quelli israeliani, già attivi al confine con la Siria. Israele ,infatti, da sempre rivale del regime siriano nel controllo del Medioriente, temeva che la sua sicurezza potesse essere messa a repentaglio da un rafforzamento delle truppe siriane, grazie all’intervento russo.

Tuttavia il Presidente russo, pare abbia offerto a Netanyahu non solo ampie rassicurazioni sulla natura strettamente anti-terroristica del suo intervento, ma che abbia anche stabilito con quest’ultimo una sorta di collaborazione militare nella lotta al terrorismo islamico. Putin,infatti, non avrebbe alcun interesse a farsi un nemico militarmente ben equipaggiato come Israele nel Medioriente , perché costituirebbe solo un inutile ostacolo alle sue mire espansionistiche in quella zona. Dietro l’operazione militare russa non c’è solo,infatti, la volontà di fermare l’avanzata dei terroristi in Siria, ma anche quella di evitare che il regime di Assad cada.

La Siria, per l’appunto, costituisce un importantissimo sbocco sul Mediterraneo per la Russia strategicamente utile sia per costruire rotte commerciali nel “Mare Nostrum” , sia un avamposto militarmente importante per una futura estensione della sua influenza in Medioriente. Ora, Putin ,non essendo per il momento capace di costruire un’alternativa ad Assad, considera il regime dittatoriale di quest’ultimo come l’ultimo baluardo contro una definitiva presa di potere da parte dello Stato Islamico nel Paese.

Inoltre mantenere il dittatore al potere garantisce un duplice vantaggio per la Russia. In primo luogo, Assad da anni accetta ben volentieri la protezione di un potente alleato come il Cremlino a livello internazionale, permettendogli in cambio di controllare una buona parte dell’economia del paese. In secondo luogo, ciò garantisce di non lasciare il controllo del paese in mano agli Stati Uniti, che da tempo finanziano gli oppositori del regime sperando che esso cada.

La strategia della Casa Bianca consiste, inoltre, nel cercare di ricostruire la stabilità della Siria affidandone il controllo a una classe dirigente filo-statunitense.Infatti l’unico alleato sicuro sul quale gli USA possono fare affidamento, perchè legati da interessi soprattutto economici , nel medioriente è Israele. La Siria ,dunque, sembra essere al centro delle mire espansionistiche statunitensi per due motivi. In prima analisi, perchè potrebbe divenire un alleato strategicamente importante e un partner economico di grande valore , date le ingenti risorse petrolifere che ne caratterizzano il territorio. Secondariamente poi, perchè il controllo della Siria al momento è nelle mani della Russia, che lo perpetra attraverso Assad.

Un altro potenziale alleato degli USA sarebbe potuto diventare anche perfino l’Iran; ma nonostante l’accordo sul nucleare recentemente sottoscritto, con la Repubblica Islamica, quest’ultima non sembra molto propensa ad intessere rapporti con gli Stati Uniti. Al contrario, dunque, l’Iran , fin dagli anni ’80 alleato della Russia, è stato uno di quei paesi che ha “aperto i propri cieli agli aerei da guerra del Cremlino”: per arrivare in Siria,infatti, i caccia russi dovevano sorvolare per forza altri stati o, o del Medioriente o dei Balcani. Essendosi visto negato il permesso di sorvolare sia la Grecia che la Bulgaria, la Russia ha optato per la prima opzione: così, dopo aver attraversato in volo la Cina, l’Iran e l’Iraq, i ventotto caccia russi sono arrivati nella parte della Siria ancora controllata da Assad.

Dunque gli Stati Uniti non si faranno di certo sfuggire così facilmente la possibilità di sottrarre uno stato satellite in Medioriente alla Russia e , al tempo stesso di crearsi un avamposto strategico nella zona. Insomma, “Questa è un’escalation del ruolo della Russia in Siria. La speranza è che tanto Mosca, quanto Washington, siano abbastanza prudenti nelle loro mosse per evitare scontri, perché l’unica soluzione a questa crisi resta politica e diplomatica” ha affermato in un’intervista del 10 settembre alla Stampa Jack Devine, grande esperto della Guerra Fredda, inviato speciale della CIA prima in Italia, poi anche in Cile e, Colombia, il quale sostiene che lo scenario che si sta ripresentando in Siria è quello tipico da Guerra Fredda, in cui cioè i due giganti non arrivano allo scontro diretto , ma si fronteggiano utilizzando gli alleati che hanno sul luogo.

Ma , dunque, o che si parli di Ucraina o di Siria (perchè lo scenario si ripete) ,  finché guerre civili che mietono decine di migliaia di vittime e che costringono alla fuga altrettante migliaia di persone, saranno gestite secondo logiche coloniali ,sarà mai possibile arrivare ad una loro risoluzione e magari evitare che ne scoppino di nuove?

 

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Questo Grexit non s’ha da fare! http://www.360giornaleluiss.it/questo-grexit-non-sha-da-fare/ Tue, 14 Jul 2015 15:18:44 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=3987 La notte tra il 12 e il 13 Luglio è stata senz’altro una delle notti più lunghe per l’Europa. Si è svolto, infatti,  il vertice europeo per trovare un accordo tra le istituzioni UE e quelle greche al fine di evitare il fantomatico Grexit, che è stato più volte invocato e temuto dall’opinione pubblica occidentale.

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La notte tra il 12 e il 13 Luglio è stata senz’altro una delle notti più lunghe per l’Europa. Si è svolto, infatti,  il vertice europeo per trovare un accordo tra le istituzioni UE e quelle greche al fine di evitare il fantomatico Grexit, che è stato più volte invocato e temuto dall’opinione pubblica occidentale. Tale incontro sembra aver portato risultati soddisfacenti: alla sua fine, dopo 17 ore di trattative, è stato festeggiato dai mercati e da buona parte dei partecipanti.

Quello riportato è il tweet del premier belga Charles Michel, alla fine delle trattative. Questi era uno dei cosiddetti “falchi”, ossia coloro che avrebbero, senza troppi problemi, auspicato il Grexit. La soddisfazione per l’accordo però è del tutto spiegabile, così come la rottura con l’ex ministro delle finanze greco Varoufakis, che si è detto deluso dalla gestione delle ore post-referendarie da parte di Tsipras fino alla conclusione dell’accordo con l’Eurogruppo che, va comunque ricordato, dovrà essere ratificato con un lungo procedimento dal parlamento greco e da quello di alcuni paesi europei, nonchè nuovamente dallo stesso Eurogruppo.

Per poter analizzare quale sia il motivo della rottura tra Alexis e il suo ex ministro, come anche la soddisfazione dei “falchi” come Michel, è bene però osservare il contenuto del testo dell’accordo preso in esame.

Il piano concordato dalle parti può essere così riassunto:

  • Revisione del regime dell’IVA per aumentare il gettito fiscale
  • Riforma del sistema pensionistico per garantirne la sostenibilità nel lungo periodo e compensare i danni al bilancio, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale greca del 2012
  • Indipendenza dell’ELSTAT (versione italiana dell’ISTAT), dell’HFSF (Fondo ellenico di stabilità finanziaria) e degli uffici amministrativi dal potere politico
  • Istituzione di un consiglio di bilancio che introduca tagli automatici alla spesa pubblica, in caso di deviazioni dagli obiettivi di bilancio
  • Approvazione di un codice di procedura civile per accelerare i processi civili e ridurne i costi
  • Ricezione direttiva BRRD (direttiva 2014/59/UE) sul risanamento e sulla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento europee
  • Liberalizzazioni del mercato dei prodotti in vari settori
  • Privatizzazione del gestore delle reti di trasmissione dell’energia elettrica o misure equivalenti sul piano concorrenziale
  • Riforma del mercato del lavoro volta ad una maggiore flessibilità
  • Creazione di un fondo di garanzia del debito in cui verranno trasferite proprietà pubbliche che verranno privatizzate (i proventi, stimati intorno ai 50 miliardi, serviranno per le ricapitalizzazioni delle banche, riduzioni del debito pubblico e investimenti)
  • Normalizzare i rapporti con la ex-Troika
  • Modifica retroattiva della legislazione in contrasto con l’accordo del 20 Febbraio

Questi sono i requisiti minimi che la Grecia deve soddisfare per accedere al piano di aiuti che prevederà, qualora siano rispettati, l’istituzione, a carico del MES, di un fondo di almeno 10 miliardi di euro per la gestione di eventuali future crisi del sistema bancario, 35 miliardi di euro dalla Commissione Europea per incentivare l’attività imprenditoriale greca e rilanciare l’occupazione, e altri finanziamenti per un totale di circa 82-86 miliardi, di cui 12 anticipati “sulla fiducia” prima dell’eventuale approvazione definitiva.

La soddisfazione dei “falchi” è quindi comprensibile. Di fatto, Tsipras, sebbene abbia ottenuto finanziamenti a pioggia, ha ceduto su tutta la linea nelle trattative. Varoufakis ha dichiarato in un’intervista a “New Statesman” che avrebbe voluto agire diversamente, in aperto contrasto con l’Eurogruppo, emettendo dei buoni di credito chiamati IOU, tagliando il rimborso dei bond greci detenuti dalla BCE e riprendendo il controllo della Banca di Grecia. Ciò avrebbe portato la Grecia in una situazione in cui il Grexit sarebbe stato quasi inevitabile e avrebbe indotto le controparti ad accettare condizioni più favorevoli alla Grecia. Non scordiamo, infatti, che Varoufakis è un noto esperto di teoria dei giochi e, inquadrando la situazione da quel punto di vista, possiamo vedere come questa si riconduca al “gioco del pollo”. Per chi non lo conoscesse, questo gioco prevede due agenti che guidano due macchine l’uno contro l’altro. E’ inevitabile che, se nessuno dei due sterza, prima o poi si scontreranno. Nessuno dei due agenti però vuole essere il primo a sterzare. A prescindere dal mero aspetto accademico, che non è rilevante in questa sede, possiamo intuire che un modo per far sterzare per primo l’avversario è mostrargli lo sterzo della propria macchina bloccato prima di cominciare la sfida. Ovviamente, questi, che non è un folle suicida, anche se accetterà comunque di correre, sarà il primo a sterzare, sapendo per certo che l’altro è materialmente impossibilitato a farlo.

Tuttavia questo discorso, perchè abbia un senso logico, necessita di un presupposto implicito non trascurabile: l’Unione Europea NON può permettersi che la Grecia esca per nessun motivo. Presupposto facilmente dimostrabile, considerando anche gli agenti esterni all’UE come USA e Russia: Tsipras, infatti, ha più volte incontrato Putin, di persona o tramite propri ambasciatori, e Putin ha più volte dimostrato l’interesse ad aiutare la Grecia contro i partner europei. D’altro canto, la Russia, riuscendo ad estendere la propria influenza su Atene, otterrebbe uno sbocco strategico sul Mediterraneo. E questo è un fattore che, per l’attuale situazione geopolitica, non è assolutamente marginale. Tutto ciò è noto a Washington, pertanto non stupisce sapere che dagli uffici della Casa Bianca siano partite chiamate ai leader europei, probabilmente per fare pressioni al fine di scongiurare il Grexit.

Ciò che stupisce, invece, è che Tsipras abbia ceduto nelle trattative facendo spaccare il suo stesso partito, nonostante avesse potuto immaginare questa situazione, come sicuramente avrà fatto il suo ex ministro Varoufakis. La motivazione di ciò può sussistere nella minaccia di un governo di unità nazionale a guida moderata.

Per adesso è certo solo che Tsipras si troverà ad affrontare l’opposizione dell’ala meno “migliorista” di Syriza e le mobilitazioni popolari che stanno avvenendo in queste ore, al fine di fare approvare dal parlamento l’accordo. Sarà sicuramente difficile conciliare le posizioni interne al partito, in sede di votazioni, e probabilmente il premier avrà bisogno dei voti delle opposizioni.

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Dadaev ritratta la confessione generando il caos degli 007 russi http://www.360giornaleluiss.it/dadaev-ritratta-la-confessione-generando-il-caos-degli-007-russi/ Sat, 14 Mar 2015 11:40:43 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2496 La Russia è un paese famoso per i romanzi, negli ultimi tempi anche per i gialli e i polizieschi. Per il caso Boris Nemtsov non basta leggere i quotidiani, non bastano le versioni ufficiali e forse neanche quelle dei servizi segreti, russi o ceceni che siano. A quasi dieci giorni dalla morte del dissidente russo,

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La Russia è un paese famoso per i romanzi, negli ultimi tempi anche per i gialli e i polizieschi. Per il caso Boris Nemtsov non basta leggere i quotidiani, non bastano le versioni ufficiali e forse neanche quelle dei servizi segreti, russi o ceceni che siano. A quasi dieci giorni dalla morte del dissidente russo, le dichiarazioni sono state molteplici e le versioni sul fatto migliaia. Dal 5 marzo Vladimir Putin non si fa vedere pubblicamente e l’unico arbitro del caso sarà nuovamente il leader del Cremlino. 

La sicurezza degli 007 dell’FSB, quella che gli ex KGB avevano mostrato nei primi giorni di indagini, ora vacilla e le parole di Zaur Dadaev, che ha scelto di ritrattare la propria confessione, pesano come macigni. “Mi avevano promesso che avrebbero liberato un mio amico qualora avessi confessato. Ad ogni modo mi hanno costretto, non avevo scelta, perfino sperando che dopo l’arresto mi avessero spedito a scontare la pena in Cecenia”. Andrej Babushkin, membro del Consiglio per i diritti umani che fa capo al Cremlino, non ha dubbi. “Ci sono elementi ragionevoli per ritenere che i sospettati ceceni siano stati vittime di abusi e torture.” Tutto questo dopo la visita a Dadaev e agli altri due ceceni fermati nei giorni scorsi, i fratelli Anzor e Shagid Gubashev. 

La bomba ha scelto di lanciarla il bisettimanale russo Novaja Gazeta, noto oppositore al governo Putin della stampa, ex testata della giornalista Politkovskaja, uccisa nel 2006 in un attacco rimasto altrettanto misterioso. Gli imbarazzi del governo di Mosca non sono pochi, poi incentivati anche dalla pubblicazione di una presunta lista nera degli obiettivi sensibili, casualmente, solo casualmente, tutti nemici di Vladimir Putin. Da Khodorkovskij che trova sulla porta d’ingresso di casa una corona funebre, a Ksenja Sobcjak, la Paris Hilton russa figlia del sindaco gorbacioviano della San Pietroburgo degli anni 80, a cui viene detto da uno sconosciuto che sarà senza dubbio il prossimo obiettivo dei servizi segreti. 

Un altro dei principali indiziati alla luce delle ultime svolte è così certamente il leader ceceno Ramzan Kadyrov, stretto collaboratore del presidente russo che gode in Cecenia della piena agibilità politica per sopprimere qualsiasi movimento di protesta. La pista cecena, o addirittura islamica, risulta così alquanto improbabile e anche gli stessi servizi segreti russi iniziano a incolparsi a vicenda scaricando il barile delle responsabilità. 

Soprattutto se il principale motivo dell’assassinio di Boris Nemtsov era all’inizio qualche dichiarazione a sostegno dei vignettisti di Charlie Hebdo dal momento che la macchina del dissidente era sotto il monitoraggio delle telecamere governative già da molti mesi.   

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Mosca: assassinato Nemtsov, leader dell’opposizione a Putin http://www.360giornaleluiss.it/mosca-assassinato-nemtsov-leader-dellopposizione-putin/ Sun, 01 Mar 2015 12:55:21 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=2246 l clima di tensione stagnante che ha caratterizzato la Russia negli ultimi mesi, si aggiunge un altro episodio agghiacciante. Nella notte tra il 27 e il 28 febbraio, quattro colpi di pistola hanno segnato la fine per Boris Nemtsov, leader di Solidarnost, movimento di opposizione a Putin. Passeggiava con un’amica sul ponte Zamoskvoretsk a pochi

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Al clima di tensione stagnante che ha caratterizzato la Russia negli ultimi mesi, si aggiunge un altro episodio agghiacciante. Nella notte tra il 27 e il 28 febbraio, quattro colpi di pistola hanno segnato la fine per Boris Nemtsov, leader di Solidarnost, movimento di opposizione a Putin.

Passeggiava con un’amica sul ponte Zamoskvoretsk a pochi passi dal Cremlino, nel cuore di Mosca, quando con rapida precisione i killer l’hanno colpito alle spalle, lasciando la donna illesa.

Sono state aperte le indagini per identificare gli attentatori, sotto la direzione stessa del Cremlino. E’ già chiara la valenza simbolica dell’atto: un avvertimento; Ma chi e da chi sono domande ancora oggetto di dibattito. Certamente non è un caso che l’attentato si sia verificato poco prima della “Marcia di Primavera”, manifestazione per la gestione della crisi economica russa provocata dalle sanzioni occidentali e per la caduta del prezzo del petrolio, programmata da Solidarnost per oggi, domenica 1 marzo. In seguito al tragico episodio però, le autorità hanno autorizzato l’opposizione ad organizzare una marcia in memoria del loro leader.

Due settimane fa, Nemtsov aveva confessato in un’intervista al settimanale Sobesednik, di temere per la propria vita. Oltre al suo ruolo di fervente oppositore al governo di Putin, che gli era costato diversi arresti in passato, negli ultimi tempi aveva focalizzato la sua critica sulla corruzione ai Giochi Olimpici di Soci (febbraio 2014) e sull’ annessione della Crimea (marzo 2014), a suo avviso illegittima. Secondo alcune personalità dell’opposizione, al momento si stava occupando di un dossier sulla presenza delle forze russe in Ucraina, che già di per sé ritenuto un movente per la sua morte. Gli oppositori di Putin gridano all’ omicidio politico e già lo elevano a simbolo di protesta contro il suo regime autoritario.
Diversa è la posizione del Cremlino, che lo definisce un tentativo di rendere ancora più precaria l’instabilità politica in cui si trova la Russia. Non si esclude l’ipotesi di un gesto delle frange radicali di opposizione al governo, con l’obiettivo di creare una nuova figura di martire.

Qualunque sia il movente, l’assassinio ha ottenuto il suo obiettivo primario: l’incisività. Ha infatti attirato l’attenzione dei media di tutto il mondo. I leader di diversi paesi, da Poroshenko ad Obama, hanno commentato l’accaduto con messaggi di cordoglio per una persona che, a prescindere dalla sua morte prematura, sarebbe stata ricordata come una figura di rilievo.

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Kiev si solleva all’ombra di Putin, Merkel tesse i ricami della diplomazia http://www.360giornaleluiss.it/kiev-si-solleva-allombra-di-putin-merkel-tesse-ricami-della-diplomazia/ Wed, 11 Feb 2015 19:58:26 +0000 http://www.360giornaleluiss.it/?p=1963 giorni di crisi politica e sociale, 24 anni di crisi economica, déjà vu per un conflitto che rispolvera tensioni di quasi 50 anni di guerra fredda. Se nulla cambia tutto invece è ora diverso per un’Ucraina che vive una primavera di inarrestabili gelate invernali. Gli eroi della rivoluzione come Arseniy Yatsenyuk, coloro che hanno combattuto

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500 giorni di crisi politica e sociale, 24 anni di crisi economica, déjà vu per un conflitto che rispolvera tensioni di quasi 50 anni di guerra fredda. Se nulla cambia tutto invece è ora diverso per un’Ucraina che vive una primavera di inarrestabili gelate invernali. Gli eroi della rivoluzione come Arseniy Yatsenyuk, coloro che hanno combattuto e vinto il potere di Victor Yanukovich, sono ora minacciati dai nuovi ribelli che il loro stesso successo elettorale e politico ha prodotto. Le province di Donetsk e Luhansk situate nel profondo est del territorio ucraino sono sulla scacchiera del Cremlino, l’ultimo baluardo che salvi il presidente russo Vladimir Putin dall’adesione di Kiev alla Nato, quella stessa città che quasi con gioia aveva accolto i golpe interni allo stesso governo di Yulia Tymoshenko, il premier dai celati bisbigli con la CIA, la leader dalle irrefrenabili bramosie occidentali, colei che può ora godere della protezione di uno degli avvocati più solidi e in voga del momento, Amal Alamuddin, meglio conosciuta nella cronaca rosa come Mrs Clooney.

Un “big mess” direbbero gli stessi statunitensi per il quale si trova in prima fila il presidente ucraino Petro Poroshenko in una miscela politica ben più complicata di quella latte e cacao che lo ha reso celebre nel mondo della cioccolata. Ora che al rovesciamento di Yanukovich è sopraggiunto l’addio della Crimea e la vittoria schiacciante di tutte le forze politiche, perfino pseudo fasciste, che vedono nella Mosca di oggi resuscitare gli spiriti dei totalitarismi del passato, inevitabile risulta lo spirito di abnegazione del leader separatista Pushilin e dei suoi sostenitori armati.

(null)

Irina Naumeti e Nadya Kalachova lavorano, studiano e collaborano con diverse testate cattoliche locali e come esponenti di Leopoli, città europeista e liberale, occidentale e religiosa, hanno poco da perdonare a Vladimir Putin. “Non è un caso che perfino il mondo ortodosso abbia rotto con la chiesa di San Pietroburgo e che Papa Francesco sia stato più volte costretto a mediare. Con democrazia o estremismo, eccessi o moderazione, Kiev merita la propria libertà, quella espressa dai trattati internazionali attraverso il principio di autodeterminazione dei popoli. L’economia a volte può contare poco di fronte al prezzo della libertà”.

(null)

Evidentemente tali interessi sono ben diversi dai calcoli dell’Occidente. Dalla stessa Italia “filorussa” che, ufficiosamente, pur di non perdere contatti e contratti, a detta, questa volta ufficiale, di Lady Pesc Federica Mogherini e del ministro degli affari esteri Paolo Gentiloni non invierà armi a Kiev, estrema soluzione già valutata ampiamente dall’intelligence Usa. Se l’Ucraina mantiene il punto al costo di migliaia di morti e del costante fratricidio degli ultimi mesi, uno tra i tanti l’ultimo attacco alla stazione degli autobus a Donetsk, la Russia dell’ultimo ventennio continua con ogni mezzo a preservare i propri confini e gli Stati Uniti cercano un modo per minare questa nuova cortina di ferro. Naturalmente il Congresso repubblicano con la quale si confronta il presidente democratico Barack Obama è disposto a concedere molto poco ai rivali russi, sebbene la luce della speranza di Minsk sia una benedizione nella disgrazia. A dispetto di ogni stallo UE, le sue principali potenze, Germania e Francia, si sono mobilitate con misura e tempismo per una soluzione diplomatica. Su tutti nella capitale bielorussa e poi volando fino a Washington nell’arco di tre giorni, Angela Merkel, il cancelliere tedesco che, dopo dieci anni di governo nella completa solidità politica del proprio Paese, vuole ora tessere i bandoli delle principali matasse della politica internazionale. Germania e Francia hanno infatti preparato nell’ultimo summit di 13 ore con Russia e Ucraina un documento in dodici punti che dovrà essere sottoposto a Putin e Poroshenko. Se così Obama è occupato dal Medio Oriente dell’Isis, Putin visita il Cairo con grande sfarzo e benvenuto del generale Al Sisi, e i leader europei fanno i conti con le lacune del debito greco del quale non avranno più i mai promessi ritorni da Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis, l’unica luce sul palcoscenico riflette il carisma della Merkel, di colei che l’austerity la fa funzionare, di colei che non ha problemi in casa e di colei che, quasi con cieca ambizione, tenta di sciacquare in trasferta gli unti e opachi panni sporchi degli altri.

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